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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I forestieri a San Salvo

di Fernando Sparvieri

Un po' di storia locale raccontando personaggi







Capitolo XLIII

SCANDALO AL SOLE
(Una pagina di storia politica ed amministrativa del nostro mare)



Eravamo in un caldissimo ed afoso mese di luglio del 1972 e mentre giù al mare, al DANCIG BAR VALENTINO, si ballava, tutto d'un tratto iniziarono a ballare, o meglio a trabballare a San Salvo le poltrone da Sindaco.

Traballarono, fino a cadere, prima quella del Sindaco Evaristo Sparvieri, che nella precedente amministrazione era stato assessore all’Urbanistica, e quindi aveva approvato anche quei primi palazzoni all’epoca esistenti alla marina e subito dopo, a distanza di qualche anno, anche quella di Renaldo Altieri, suo successore.

Fu un’amministrazione alquanto ballerina e sfortunata quella. Interamente democristiana, produsse nel quinquennio di vita amministrativa, ben tre sindaci: nell’ordine Evaristo Sparvieri, Renaldo Altieri e Renato Artese.

Le cause?

Vennero determinate probabilmente proprio dalla nascente San Salvo Marina.

Dico probabilmente, riferendomi solo al Sindaco Sparvieri, che era mio padre, perchè il motivo che lo spinse a dimettersi in quel lontanissimo luglio del 1972, non venne da lui mai chiarito, o meglio non lo fece, nonostante l’opinione pubblica e la minoranza lo chiedessero a gran voce, per un motivo molto semplice: non lo conosceva neanche lui.

Fu il tempo a chiarirne molti aspetti ed a gettare ombre sulla inspiegabile motivazione.

Di quel periodo mi raccontava, che una sera, recatosi ad un normale preconsiglio di maggioranza, che si teneva di routine prima del Consiglio Comunale nella sede della sezione della locale Democrazia Cristiana (nell’attuale Piazza On. Vitale Artese), si trovò inaspettamente sottopposto ad un improvviso fuoco incrociato "amico" da parte del direttivo democristiano, che lo accusava un po' di tutto, di incapacità amministrativa e di immobilismo.

Mi raccontò, che ignaro di quanto gli stesse capitando come un fulmine a ciel sereno, si sentì come Cristo tra i farisei, non riuscendo a comprendere i motivi che stessero inducendo i suoi amici di partito a sparlare contro di lui, dicendogliene di tutti i colori. Salutò tutti in questo modo: “Io non vivo di politica. Da domani tornerò a tempo pieno a fare il maestro di scuola” (in realtà non aveva mai smesso).

Sbattè la porta e non vi rientrò mai più.

Quando si mangiò la mela, nel senso che rimurginandoci sopra cercò di capire quali fossero i reali motivi ad aver indotto i suoi amici del direttivo democristiano ad essere così duri nei suoi riguardi, si ricordò che una settimana prima delle sue dimissioni, gli era stato presentato in Comune dall'ex sindaco Vitale Artese, senza il consenso del quale non si muoveva foglia, un noto proprietario terriero della marina, un forestiero, il quale, dopo che Artese si era allontanato, gli aveva sottoposto in esame in via informale un progetto mascroscopico sul'arenile.

Egli, con la sua esperienza ultraquinquennale come Assessore all’Urbanistica nella precedente amministrazione, esaminò con un colpo d’occhio quei disegni e gli rispose : “‘'Nzi po fa!” (non è approvabile).

Quel progetto erano LE NEREIDI.

Bisogna premettere, ad onor di cronaca, che intorno al '64, Il Consiglio Comunale, aveva approvato su quell’area ancora deserta, dove poi sorsero LE NEREIDI, un progetto che prevedeva un villaggio turistico o qualcosa di molto simile, con costruzioni molto basse, senza alcun impatto ambientale, che però non era stato realizzato, e che era tutt'altra cosa rispetto a quel macroscopico centro residenziale che ora gli era stato proposto.

Tornando alle sue dimissioni, il dubbio che quella sfuriata in sezione potesse essere conseguenza di quell'incontro, lo sfiorò più di una volta, ma riservato e schivo com’era, non poteva esporlo ai quattro venti, in quanto era solo un' ipotesi. In fondo quella sera glie ne avevano detto di tutti i colori, ma nessuno aveva fatto menzione a quel progetto, anche perchè nessuno, all’infuori di lui e di Artese, erano a conoscenza di quell’incontro.

Ci aveva azzeccato in pieno, ma ci voleva in quei giorni proprio la zànghere p'azzeccárele (la zingara per indovinarlo).

Che questo fu il motivo principale che causò le dimissioni del Sindaco Sparvieri, me lo confermò lo stesso Vitale Artese, quando, cinque sei anni più tardi, rieletto Sindaco nel 1977, mi chiese, di far da tramite per riallacciare i rapporti con mio padre, deterioratissimi, il quale naturalmente rispose NO. Alle mie insistenze di appurarne i motivi, Artese, dopo molte titubanze, messo alle strette, alla fine ammise: “Sì è vero! Tuo padre era troppo rigido e quindi non avremmo avuto lo sviluppo che vi è stato a San Salvo Marina”.

A nulla valsero, qualche anno dopo, le scuse di molti suoi ex amici di partito, compreso Felice de Bionde (figlio di Biondo Tomeo), all’epoca giovane segretario emergente della D.C., che insieme all'amico comune Fernando Cucciàtte (Malatesta), venne a casa ammettendo di essersi comportato male quella sera nei suoi riguardi: mio padre lo perdonò, ma non dimenticò mai quell'azione, che lo segnò profondamente per tutta la vita, sopratutto per il modo in cui era avvenuta, non rimettendo mai più piede dentro la sezione della D.C.

"Casa Savoia conosce la via dell'esilio, ma non quella del disonore", soleva ripetermi, egli, che sin dalla gioventù, era stato assiduo attivista D.C., insieme ai suoi coetanei dell'Azione Cattolica, sotto la guida di Don Cirillo Piovesan.

Ciò che più lo amareggiava era il fatto che non era mai stata sua intenzione fare il Sindaco e che era stato lo stesso Artese a convincerlo a farlo, dicendogli: " Ma chi meglio di te può farlo, avendo come maestro elementare", almeno a quei tempi, "tutto il pomeriggio libero?".

E mo!!!

A destra Vitale Artese stringe la mano al Sindaco Sparvieri prima che fra di loro scendesse il grande gelo. Al centro è ritratto Felice Tomeo, Segretario politico D.C. succeduto nella carica a Don Peppino de Vito a sinistra


Ma cosa stava accadendo di così grave a tal punto che il Sindaco Sparvieri nel 1972 aveva subito detto NO a quel macroscopico progetto?

Era successo che nel 1967 era stata emanata la cosiddetta “legge ponte”, che sostituiva una vecchissima legge del 1942, fatta da Mussolini, che era stata la prima in materia edilizia in Italia.

Questa nuova legge era stata emanata perchè con il boom economico degli anni '60 si stava registrando in Italia una crescita urbanistica disordinata, sopratutto nelle grandi città e lungo le coste. Lo stato, al fine di arginare questo fenomeno crescente di confusione urbanistica e porre dei paletti alle costruzioni selvagge, aveva emanato questa benedetta “legge ponte”, così chiamata perchè doveva fungere proprio da ponte tra la vecchia legge di Mussolini ed una nuova era di sviluppo urbanistico. Per questo motivo aveva imposto a molti Comuni italiani, sprovvisti di strumento urbanistico, tra cui anche San Salvo, di dotarsi di uno strumento attuativo, in pratica di un Piano Regolatore Generale o in alternativa di un Programma di Fabbricazione.

Sempre questa benedetta legge ponte, aveva dato un anno di tempo e di transizione ai Comuni italiani per adeguarsi alle nuove direttive, sortendo di fatto un effetto opposto a ciò che la medesima norma si prefiggeva. Infatti molti costruttori, per timore che le cose si mettessero male e restassero buggerati dalle nuove norme, si erano dati un gran da fare in quell'anno in Italia per farsi approvare in fretta i progetti, tant’è che la stessa San Salvo Marina, agli albori dello sviluppo urbanistico, non ne era stata esente, con la costruzione dei primi palazzoni al di là del lungomare.

Dopo la sua entrata in vigore, in attesa che l’ing. Mario Pasquini, docente ortonese che insegnava al neonato Istituto Professionale, incaricato dal Comune, redigesse per la prima volta uno strumento urbanistico, vi era stato in municipio nu ccidáje (una moria - dinieghi) di progetti e persino revoche di licenze edilizie, decadute per mancato inizio lavori in tempi utili e quindi non prorogabili.

Mi raccontava sorridendo mio padre che l'ing. Pasquini, fece tre quattro bozze di disegni di un Piano di Fabbricazione, che sottoposte ad una specie di commissione, ogni volta trovava il solito qualcuno che j pejeve nu ppéccie (prendeva un pretesto, nel senso che non andava bene). Ed un giorno Pasquini, in dialetto ortonese, sbottò: "Ma zi po' sape' gna' cazze l'aja fa stu Piane! Tire la cuperte de qua e ze smánte le pite de don Pasqualine, le tire de là e ze smánte li cosse a donna Rusine!" (Ma si può sapere come devo redarre questo cacchio di Piano! Tiro la copertà da un lato e restano scoperti i piedi (i terreni) di Don Pasqualino, la tiro di là e restano fuori le gambe di Donna Rosina), naturalmente i nomi adoperati sono fittizi omettendo per la privacy di citare i nomi reali.

Interessi personali a parte, che esistono da che mondo e mondo ed in ogni latitudine, in attesa che Pasquini trovasse la quadra che andasse bene per tutta la squadra, vi erano comunque da fare i conti con questa nuova legge urbanistica, che nei primi anni era stata come una fisarmonica, nel senso che il mantice si tirava e si stringeva a seconda delle pieghe che le norme consentivano, ma ora bisognava stare con gli occhi ben aperti e non commettere errori per non incorrere nelle maglie della magistratura.

Fu così che il Sindaco Sparvieri, dopo l'adozione del piano di Pasquini, che di fatto non venne mai approvato dalla Regione, ed in attesa dei conseguenziali piani esecutivi, specie alla marina (il piano successivamente venne ritirato dallo stesso Comune e quindi mai vigente), per timore di commettere illeciti ammnistrativi, aveva serrato il mantice e rilasciava licenze con il contagocce.

Questo fatto, in una San Salvo in crescente sviluppo demografico, mandò su tutte le furie Artese, che faceva la spola tra San Salvo e Chieti, essendo divenuto onnipotente e onnipresente dirigente del partito, il quale aveva una visione diversa dello sviluppo urbanistico sopratutto della marina, tutto il contrario di Sparvieri, che come mi disse tempo addietro Virgilio Cilli, molto vicino ad Artese, avrebbe preferito un’edificazione meno invasiva, con fabbricati con altezze minori, a scalare verso il mare.

Aveva ragione l’uno o l’altro.

Oggi, con il senno di poi, si potrebbero obiettare tante cose sia sull'operato dell'uno che su quello dell'altro, ma bisogna considerare, per un giudizio completo, anche altri fattori che influirono su quelle scelte politiche.

Probabilmente Sparvieri, che si considerava solo un amministratore, non sbagliava a desiderare un'edificazione più bassa, ma non sbagliava neppure Artese, che invece era un politico navigato, sopratutto in considerazione dei tempi che correvano.

Il riferimento, un po’ per tutti in quel periodo era Pescara, che era diventata sempre più una città moderna ed all’avanguardia, con palazzoni che crescevano come funghi. Il suo lungomare era una fila di palazzi condominiali quasi a ridosso del mare. Se aggiungiamo che proprio in quel periodo Francavilla al Mare, in provincia di Chieti, con l’espansione edilizia lungo la costa, si stava congiungendo a Pescara, ecco che il ragionamento di Artese, quadrava alla perfezione.

In fondo a quell'epoca quei palazzoni si usavano, piacevano, erano costruiti con materiali mai visti prima, stava nascendo la vita di condominio, le prime assemblee condominiali, la cui partecipazione per molti era sinonimo di proprietà e di ostentazione di benessere, e sopratutto quegli appartamenti la gente li acquistava.

La marina di San Salvo invece non esisteva, erano ancora quasi due chilometri di arenile selvaggio ed era giunto il momento di dare un impulso vero alla sua crescita.

Fatto sta, ca' pe' lu core de Sante Vetecchie annécchivvue (modo di dire quando qualcuno perdeva la pazienza), il Sindaco Sparvieri non voleva proprio arradè' (gradire), e quindi non andava più bene a Lilline Scapeccete (così era chiamato in gioventu Vitale Artese, forse per il suo modo di portare i capelli a spazzola) ed a tutta la DC che era Artese, e dopo quella serataccia, in cui ci rimase molto male, lu maiastre Averiste (il maestro Evaristo) se ne tornò per sempre a fare il maestro elementare, con l'unica soddisfazione, da uomo di scuola che era, di aver fatto in tempo a portare, con non poche difficoltà per diversi punti di vista dello stesso Artese, il primo istituto superiore a San Salvo, la Scuola Commerciale, che secondo lui avrebbe consentito a molte ragazze sansalvesi di diplomarsi in loco, essendo molti genitori dell'epoca ancora restii a mandare le figlie femmine a studiare a Vasto.

Al centro il Sindaco Sparvieri. Alla sua destra l'Assessore Renaldo Altieri e alla sua sinistra il segretario comunale Pietro Di Clemente. Si intravede, fotografato da dietro Ennio Di Pierro, componente di quell'amministrazione.


Gli succese come Sindaco Renaldo Altieri, assessore, appartenente a chelle de li scirnése (originari di Scerni), suo amico nonché collega (era stato proprio mio padre a volerlo in lista alle elezioni), che fu l’unico ad adoperarsi in qualche modo per tentare di ricucire lo strappo. Ricordo che in quei giorni d’estate venne a casa a parlare con mio padre chiedendogli di ritirare le dimissioni, ma quest'ultimo fu irremovibile, intuendo dal comportamento di tutta la giunta municipale e dei consiglieri di maggioranza, fatta eccezione naturalmente di Altieri che si era esposto in prima persona, che mai e poi mai gli altri si sarebbero messi contro ad Artese, che era lu capaddózie (il leader maximo) e che quindi il suo destino di Sindaco era segnato.

Toccò proprio a Renaldo cercare di soddisfare le esigenze di una crescente popolazione che in quel periodo era abbisognevole sopratutto di case.

Renaldo, si trovò a fare il Sindaco in una situazione urbanistica, come gia descritta, molto, ma molto complessa e particolare. Era arrivata anche la Magneti Marelli e San Salvo, da piccolo paese rurale, si trovava nel pieno di quel processo di trasformazione che lo condurrà sino ai nostri giorni. Vi era una necessità assoluta di abitazioni, sopratutto per gli operai che affluivano in massa a lavorare nelle industrie ed in un paese, qual'era ancora all'epoca San Salvo, ancora privo di un Piano Regolatore (il primo Programma di Fabbricazione valido sarà del 1975, seguito poi dal Piano Regolatore Generale del 1980), era davvero difficile dimenarsi tra confuse legislazioni urbanistiche e norme di salvaguardia introdotte proprio dalla legge ponte, che un giorno sembravano consentire l'approvazione di interi quartieri ed il giorno appresso, per effetto di vuoti legislativi, bloccavano un lineare svolgimento dell'attività edilizia.

Dal carattere altruista ed aperto con tutti, Renaldo si prese la croce (anche perché in gioventù aveva studiato dai frati) e tentò di fare del proprio meglio per soddisfare questa nuova esigenza che i tempi imponevano, adoperandosi in ogni modo per far fronte all' emergenza, cercando di dare a tutti una mano, com'era nella sua logica cristiana, in egual misura a poveri e potenti.

Qualcosa però andò storto, ed in particolare alla marina.

Sull’ onda lunga delle indagini della magistratura a Francavilla al mare, che inaugurò la stagione degli scandali edilizi in Abruzzo, dopo un po' l’alta marea invase anche il nostro arenile, che nel frattempo era diventato quasi tutto di proprietà privata, avendone i possessori affrancato i terreni, che intorno agli '30 erano stati concessi in enfiteusi dal Comune ai contadini di San Salvo, che si erano rivenduti il possesso per due soldi.

Successe un maremoto.

Vennero inquisiti il Sindaco, l’intera amministrazione comunale (bianchi e rossi), il tecnico comunale e la commissione edilizia.

"Ma che ne saccie jeje", disse Fioravante D'Acciaro, compagno consigliere comunista al giudice quando questi lo interrogò. "Je vaje 'ncampagne (io vado in campagna). Ti puzze spiegà gna z'arcaccie la barbabiatele" (posso spiegarti come si coltiva la terra a barbabietole, che prima dell'avvento dei pescheti fu per un periodo la grande risorsa agricola dell'intera zona), aggiungendo "je' de sse mmasciate ne 'nsaccie niente" (io di queste cose non sono al corrente). E poi concluse: "'Nghe ma' vulàte arcapa' 'ssi reccie!!!" (con me volete risolvere questa faccenda spinosa - deriv. da riccio).

Per ironia della sorte venne inquisito anche l'ex Sindaco Sparvieri che si era dimesso da primo cittadino dimenticandosi però di farlo come consigliere comunale, pur non avendo mai più partecipato a nessuna seduta del consiglio. Si affrettò ad andare dal giudice per chiarire la sua posizione, venendo subito escluso dall'inchiesta, suscitando le ira di un avvocato difensore del Comune, che gli disse di aver fatto molto male a prendere autonomamente quell'iniziativa.

Fatto sta che la poltrona di Sindaco di Altieri, sotto i colpi della magistratura, traballò a tal punto che preferì autosospendersi dalla carica. Gli successe per un anno Renato Artese, assessore anziano, un'ottima persona, che inforcando gli occhiali un giorno mi disse: "Ecchilaui' che!!!" (Vedi questi occhiali!), "Aecche a ma sta' 'nghi l'ucchie scacchijte " (in Comune bisogna stare con gli occhi ben aperti).

Ciò che successe dopo è cronaca giudiziaria e giornalistica.

Decine di palazzi al mare vennero messi sotto inchiesta dalla Magistratura di Vasto e come se non bastasse, la Regione Abruzzo, annullò una marea di licenze edilizie già rilasciate, facendone le spese principalmente le società che facevano capo a Don Camillo Mammarella di Chieti, che aveva acquistato i terreni ad una società agricola della famiglia Scio', che si vide bloccati i lavori oltreché annullate le licenze dei complessi residenziali quali lo Shangrillà, lo Zodiaco e l’Aretusa.

Stessa sorte ebbero altre licenze già rilasciate ad altre imprese, tutte di fuori, come accadde per i quattro palazzi al mare in Via Caboto costruiti da Giuseppe Martino di Campobasso, per un'altro palazzo in Via A. Doria realizzato dai fratelli Scio' (edificio tutt’oggi noto come palazzo di Forza 3 da cui prese il nome in quanto vi fu un negozio di abbigliamento aperto negli anni '70 che aveva questo nome), per altri due eseguiti dall'impresa Cravero e Dolente in Via Vespucci, dove al primo vi era il vecchio ufficio postale della marina ed al secondo il Bar Metro 2, e poi per il palazzo dei F.lli Prezioso a fianco alla chiesa. Vennero annullate persino le villette a schiera sul lungomare dirimpetto alla Caravella, che erano state costruite sempre in quel periodo dai F.lli Prezioso, oltre ad altri palazzi tra cui quelli realizzati dalla Soc. A.T.I., che faceva capo all'impresa Molino di Vasto.



Alcuni palazzi dell'Impresa Mammarella di Chieti, rimasti bloccati durante il processo.


Sempre per ironia della sorte si salvaroro LE NEREIDI, che una volta ultimati vinsero addirittura l'ambito premio europeo IL MERCURIO D'ORO, la cui immensa grandiosità aveva probabilmente scatenato le indagini della magistratura.

Il motivo?

Si salvarono proprio perché, come già detto, intorno nel '64 su quell’area era già stato approvato quel progetto originario di un villaggio turistico, e quindi le nuove licenze rilasciate, seppure con molti piani in più, altro non erano che varianti ad autorizzazioni già rilasciate in precedenza e di conseguenza non sottoposte alle nuove stringenti norme edilizie.


Le Nereidi.


Per fortuna si salvò anche Rinaldo, a cui i frati gli avevano insegnato lo spirito di sopportazione, insieme a tutti gli amministratori comunali, ai componenti della Commissione Edilizia ed al tecnico del Comune, i quali, dopo aver subito lunghissimi processi, poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo.

La loro assoluzione, però, non sanò di conseguenza quei palazzi, le cui licenze rimasero per sempre annullate dalla Regione.

Iniziò a questo punto la stagione che definirei dello SCANDALO AL SOLE.

Moltissimi palazzi, non potendo essere ultimati, rimasero per molte estati al grezzo, con i pilastri e ferri in vista, sotto un sole cocente, mentre d'inverno dormivano sonni profondi, come l'intera neonata San Salvo Marina, definita un ghetto dai suoi stessi abitanti, con palazzi senza fogne e servizi primari (pezzevene gne' nu morbe - d'estate vi era un fetore insopportabile di pozzi neri), abbondonata, secondo loro, da Dio e dalla politica.

Furono norme del P.R.G. intorno al 1981, quando divenne Sindaco Armando Tomeo, a consentire il completamento di quei fabbricati rimasti al grezzo, che in lontananza sembravano loculi cimiteriali a due passi dal mare. Altri palazzi invece, quelli già ultimati, vennero sanati dai proprietari degli appartamenti con il primo condono edilizio nell’anno 1985.

 Agosto 1976 - Foto della prima comunione di una bambina. Alle sue spalle, dal piazzale centrale del lungomare, si intravede il complesso residenziale Shangrilla, rimasto sino ai primi anni '80 allo stato grezzo. In fondo Le Nereidi, già costruite.


La domanda a questo punto, come diceva Antonio Lubrano su Rai 3 in "Mi manda Lubrano", sorge spontanea.

Avrà fatto bene o male la D.C. di Artese a volere a tutti i costi quel tipo di edilizia alla marina?

Tutto dipende dai punti di vista.

Quando vi è di mezzo la politica, ognuno, un po’ per tifo ed un po’ altre ragioni, tira sempre l’acqua al proprio partito.

Dal mio modesto punto di vista, con il senno di poi, oggi dico che probabilmente fece male.

E non lo dico solo io.

Sempre con il senno di poi, mi disse tempo addietro Virgilio Cilli, amico di Artese: "Abbiamo sbagliato a far venire la SIV a San Salvo"." E' perché?" gli chiesi, non aspettandomi da lui, che ne era stato tra i promotori, una siffatta affermazione. Mi rispose: " Perché se non veniva la SIV oggi saremmo un "paesottino" di sei settemila abitanti come Casalbordino e con tutto questo bel mare che abbiamo, tirandoci un po' più indietro con il lungomare, avremmo potuto campare di turismo". Poi aggiunse che Artese gli aveva confidato che anche la FIAT di Termoli doveva venire a San Salvo e che lui gli disse: "Ma ti si stupitete!" (ma sei impazzito), aggiungendo: " 'Nci vede ca' zi séme argnìuse de cumuneste?" (non vedi che l'industrializzazione ha portato molti lavoratori di sinistra, tra cui il futuro Sindaco Arnaldo Mariotti, e che per la D.C. è controproducente?).

Non so dirvi se la FIAT andò a Termoli per questo motivo, ma qualcosa l'affermazione di Virgilio sortì nella mente di Artese, che spessissimo ascoltava i suoi suggerimenti.

Tornando al senno di poi ed al nostro mare, oggi è tutto opinabile. Anche il lungomare poteva essere realizzato almento duecento metri più dietro, ma a parte il fatto che fu la invalicabile ed all'epoca inestricabile pineta della forestale a determinarne la sua ubicazione (oggi ci sono rimasti quattro pini), erano i tempi delle rotonde sul mare e tutti, almeno chi se lo poteva permettere, desideravano comprarsi l'appartamento con vista mare, possibilmente a due passi dalla riva.

E per concludere, tornando alla vicenda delle dimissioni del Sindaco Sparvieri, che era mio padre, dopo trent'anni e passa fece pace con Artese.

Si incontrarorono all’Agenzia Immobiliare in Via Roma, che Alfredo Bucciantonio, altro maestro elementare, ultimo sindaco democristiano sino al 29 dicembre 1993, aveva aperto dopo essere andato in pensione.

Si abbracciarono.

Quando me lo riferì gli chiesi come mai aveva avuto questo gesto di affetto nei confronti di una persona con la quale non aveva voluto più avere a che fare quasi da una vita, nonostante Artese avesse tentato in ogni modo di ricucire con lui un vecchissimo rapporto di amicizia iniziato sin dalla gioventù.

Mi rispose: “Siamo oramai vecchi, e la farsa è finita".

Dopo la morte di Artese, fu proprio lui, mio padre a promuovere il comitato "Gli amici di Artese" e fu sempre lui a scrivere quelle parole che sono incise sulla lapide commemorativa nella casa natale in C.so Garibaldi dell’onorevole Artese. Gli ha sempre riconosciuto, anche quando con lui era subentrato il grande freddo, il ruolo di costruttore della San Salvo moderna.

Dopo qualche anno è andato via anche lui.

Di mio padre, lu majastre Averiste (il maestro Evaristo), ho un ricordo giù al mare che mi racconta della sua storia di Sindaco-amministratore, che preferiva al verbo comandare quello di amministrare.

Sono quei pilastri con ferri arruginiti a fianco al lungomare (dove oggi si mettono le giostre), che mi confermano, ogni qualvolta che ci passo, la sua ostinazione nel perseguire ciò che era, secondo lui, il rispetto della legge, senza se e senza ma.

Li lascerei lì, per sempre quei pilastri.

Come un monumento anonimo, senza parole.

A memoria di un ultimo baluardo prima della stagione dello SCANDALO AL SOLE.



E concludendo con l'On. Artese, così disse un giorno ad Alfredo Bucciantonio, ultimo sindaco democristiano, dopo aver incrociato durante la sua carriera politica ben tre maestri elementari e precisamente Sparvieri, Altieri e lo stesso Alfredo:" Mai più... a cummuátte nghe le majestre de scole" (Mai più ad avere a che fare con i maestri elementari)".

Detto da un maestro della politica come Lui, vi è da credere.


NOTA:

Con sentenza del 05.12.88 della Corte di Cassazione, l'area a ridosso del lungomare, su cui insistono in gran parte tutt'ora quei pilastri, insieme ad una fascia che costeggia tutto il lungomare, su cui insistono molti edifici, sono state riconosciute appartenenti al demanio e non più di proprietà privata.
25 Agosto 2016



pag. 43
dietro/avanti


Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO

LI SALVANESE

I forestieri a San Salvo

INDICE


Capitolo I
Introduzione
I maestri di scuola



Capitolo II
I carabinieri
e Nonsaccie




Capitolo III
da Gerardo D'Aloisio
a Luegge Capaùne




Capitolo IV
Lu camie de Masciulle
(Il camion di Masciulli)




Capitolo V
Giovanni Bassi
e Valentini Bassi Venturini




Capitolo VI
Vincenzo Larcinese




Capitolo VII
Ninuccie
lu panattire




Capitolo VIII
Lu macillare
de Lentelle




Capitolo IX
Nine
lu napuletane




Capitolo X
Franche lu 'nfurmire




Capitolo XI
Quei matrimoni d'altri tempi -
La bella farmacista ed Erpinio Labrozzi




Capitolo XII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIV
Erpinio Labrozzi e Maria Iole Di Nardo




Capitolo XV
(Fine prima Parte)


Capitolo XVI
Lu 'ngiugnìre
Tommaso Papi



Capitolo XVII
La famiglia Ricca




Capitolo XVIII
la crisi degli artigiani




Capitolo XIX
Lu motore
de le casuléne




Capitolo XX
Di Virgilio Nicola
la léma sàrde




Capitolo XXI
Lu camie
de Tinarìlle




Capitolo XXII
Angelo Di Biase
(Biascille)


Capitolo XXIII
Li carrettire
diventano camionis




Capitolo XXIV
Lu Jumme
ed il pastificio de mastre Camélle e Marchàtte




Capitolo XXV
Adelme, Gelarde e Micchéle Cillène




Capitolo XXVI
Li trajene
e la nazionale





Capitolo XXVII
La nazionale
ed il dialetto




Capitolo XXVIII
Li frastire
ed i venditori ambulanti




Capitolo XXIX
Quando la gente
parlava con gli animali




Capitolo XXX
Lu sciopere
de lu bosche
e le cantine sociali




Capitolo XXXI
La scoperta
del metano




Capitolo XXXII
La Brede (la SIV)





Capitolo XXXIII
La nascita
della Villa Comunale




Capitolo XXXIV
LA SIV
L'accensione
del 1° forno




Capitolo XXXV
Giorgio la Rocca
(lu rumuane)




Capitolo XXXVI
L'on. Aldo Moro
a San Salvo




Capitolo XXXVII
La fabbreche de le tavelàlle




Capitolo XXXVIII
Il profumo
del progresso




Capitolo XXXIX
La sirena
e le frasterézze




Capitolo XL
Il trofeo
San Rocco




Capitolo XLI
Pasquale Spinelli



Capitolo XLII
Umberto Agnelli
a SanSalvo




Capitolo XLIII
Scandalo al sole




Capitolo XLIV
Ma chi sarebbero
li salvanése