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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I forestieri a San Salvo

di Fernando Sparvieri

Un po' di storia locale raccontando personaggi







Capitolo XXXIII

LA NASCITA DELLA VILLA COMUNALE
e la posa della fontana 

Il geom. Orsaletti della ditta Antonio Guidi di Bologna, incaricata di eseguire i primi lavori di sbancamento del terreno della SIV, era disperato: non sapeva dove andare a scaricare tutto quel terreno di risulta.

Mimì Napolitano, che con i suoi camion partecipava ai lavori di sbancamento, ne parlò per puro caso con Virgilio Cilli, il quale, solito ad idee geniali, subito trovò una soluzione: con quel terreno si poteva riempire il vallone che partiva da lu Calevarie (dal Calvario) ed arrivava a le cenghe cerche (cinque quercie secolari) che erano ubicate a valle, zona in cui oggi sorge il teatro comunale, dove sempre su idea di Virgilio, dopo lavori di una cava per prendere breccioline, vi era stato realizzato qualche anno prima " La Fossa dei Leoni", così chiamato dai sansalvese, un campo sportivo interrato, con spalti naturali in terra scoscesa, che aveva il terrreno di gioco ad un dislivello di 5 - 6 metri di profondità.

Ma perchè riempire quel vallone, rinunciando a quel campo sportivo, da poco realizzato, l'unico esistente in quel periodo, dopo che i giovani sansalvesi avevano potuto riassaporare, dopo anni, il gioco del calcio, essendo stato il penultimo terreno di gioco, in C.so Garibaldi, spaccato in due dal passaggio di Via Montegrappa, ancora brecciata?

L'idea che balenò istantaneamente nella mente di Virgilio fu quella che il campo sportivo lo si poteva rifare, e questa volta bene, in un altro luogo. Lì invece, a ridosso del Calvario, a due passi dal centro, ci si poteva realizzare, una volta colmato il dislivello, una villa comunale.

A dire il vero, non è che mancasse il verde a San Salvo. Il paese era immerso nella campagna, e qualche bel giardino privato vi era pure, ma una villa comunale vera e propria mancava.

C'era il giardinetto del Monumento ai Caduti, tra l'altro chiuso al pubblico e recintato con una lunga inferriata con lance appuntite, che lo stesso Virgilio aveva contribuito a realizzare, a mano, quando ancora ragazzino, andava a lu mastre (ad apprendere un mestiere) da Mastr'Angelo De Felice, noto fabbro sansalvese. Poi c'erano il giardino privato di Don Gaetano de Vito in C.so Umberto, dietro al quale solo qualche anno prima, stave le ménnele de Don Caddane (i mandorli di Don Gaetano) ed iniziava la campagna; quello più piccolo di Do' Ureste (Don Oreste Artese, farmacista ed ex Podestà) in C.so Garibaldi; quello della famiglia Granata dopo la vecchia caserma dei carabinieri, dove terminava l'agglomerato urbano e qualche altro spazio privato adibito ad orto da qualche altro benestante, ma un giardino pubblico, aperto a tutti, come nella vicina Vasto, mancava.



Virgilio, che quando si ficcava qualcosa in testa, era difficile togliergliela, non perse tempo e tramite Mimì Napolitano, all'insaputa di tutti, si mise in contatto con il geom. Orsaletti, fissando con lui un appuntamento.

Si incontrarono al Calvario.

Virgilio gli mostrò il vallone, dicendogli: "Lo possiamo riempire tutto".

Il geom. Orsaletti, rimase sbigottito. Occorrevano centinaia di viaggi di camion per riempirlo interamente. Nonostante fosse con il terreno alla ”gola”, disse a Virgilio che quel luogo faceva al caso suo, ma che vi sarebbe stato un aggravio di costi per il trasporto del terreno, originariamente non preventivati, chiedendogli 500 mila lire per contribuire alle spese.

Per nulla avvilito dall'inaspettata richiesta di denaro, Virgilio gli rispose:"Va bene. Prima però devo parlarne con il Sindaco", che all'epoca era Do' Lelle, Vitale Artese.

Ma vede la ve’ ca’ da fa ! Tu si màtte!" (Ma vedi che strada devi prendere! Tu sei matto), gli rispose Do' Lelle, ritenendo l'impresa impossibile. "E poi come giustificheremo in Consiglio Comunale la spesa a carico nostro per il trasporto del terreno?", concluse.

"Do Le'!", gli disse Virgilio, "Tu nde ne 'ncareca'! Démme ca zi po fa! Li so' li faciame ascie'!"(Tu dimmi che posso procedere. I soldi li faremo uscire).

L’idea di Virgilio, nonostante le iniziali titubanze di Artese, andò in porto.

Decine di camion cominciarono a transitare per giorni e giorni in Via Roma ed ogni giorno che passava, come ricorda Virgilio, "a èlle z'argnéve, z'argnéve" (il fosso si riempiva).

Via Roma era diventata una "polveriera", nel senso di polvere e di rabbia da parte degli abitanti de lu quart'abballe.

"Ma che va truvuenne stu dusgrazijete!" (Ma cosa va cercando questo disgraziato), iniziarono a protestare le donne. "A écche 'nze po' spánne chiù le pènne!" (Qua è diventato difficoltoso anche stendere il bucato al sole), fu la reazione di molte casalinghe inviperite contro Virgilio, che come suo solito fungeva anche da direttore dei lavori.

Alla fine il fosso si riempì.

Cosi scrive in merito mio padre, Evaristo Sparvieri, in uno dei suoi rari articoli scritti per un giornalino locale, quando non esistevano i social e tutto lo si apprendeva per tramite la carta stampata: "Imitando lo stile dei versi iniziali de “La quercia caduta” del Poeta Giovanni Pascoli, osiamo dire: “Dov’ era il fosso, or sè la Villa spande altera".

Tornando alla nostra storia, per un breve periodo, dopo il riempimento del vallone, su quel terreno venne realizzato un nuovo campo sportivo, in leggera pendenza, con una porta in direzione della scuola media e l’altra verso S.da Istonia.

Ricordo un episodio in quel campo sportivo. Era la festa di San Vitale e si disputò una specie di partita inaugurale tra i reduci della vecchia Tenax, squadra locale, e la squadra del Cupello. I bordi del campo, delimitati con il gesso, erano ricolmi di tifosi locali. Ad assistere alla partita vi era tutta San Salvo, donne escluse.  Io, ancora bambino, ero lì con mio padre ed insieme a lui vi era il Sindaco pro-tempore Vitale Piscicelli. All'epoca non era come si usa oggi in cui il Sindaco indossa la fascia tricolore anche quando a momenti va al bagno. All'epoca la si indossava, non a tracolla ma alla cinta, solo quando il primo cittadino rivestiva la carica di Ufficiale di Governo (es. un raro matrimonio civile) o in qualche altra funzione istituzionale importante e quindi, il Sindaco, mischiato tra il pubblico, aveva semplicemente sembianze umane.

Orbene, anche se sarebbe meglio dire "ormale", inizia la partita. Una partita infuocata. Il Cupello, che era una squadra forte, annoverava tra le sue fila un centrocampista di nome Bellano Antonio, degno di palcoscenici migliori. Noi contrapponevamo il nostro funambolico Michele Molino, un fuoriclasse dell'epoca, una specie di antesignano CR7 locale e 'Ndonie De Narde (Antonio Di Nardo), un roccioso ed ormai attempato terzino della prima Tenax, che conobbi quel giorno in quanto era appena tornato dall'Australia, dove era temporaneamente emigrato (era il padre di Rosanna del Risto-bar La Sfinge, di Vincenzo e Franco, quest'ultimi figli d'arte in campo calcistico). In porta c'era Erminie (Erminio Del Casale), l'ex vigile urbano, un acrobatico e spettacolare portiere, che zumpave gne' nu grélle (capace di compiere salti acrobatici come un grillo).

"Ue' Uaj'! Ne ve prehuccupate" (Ehi ragazzi non vi preoccupate), aveva detto al mattino Tonino Pacchioli, centravanti e capitano della vecchia Tenax, mentre disegnavano gli stessi ragazzi il campo con il gesso. "A Bellane le faciàme marca' da 'Ntonie De Narde. Addo' vo je'!" (A Bellano lo faremo marcare da Antonio Di Nardo. Riusciremo a bloccarlo).

Fatto sta, che nonostante Molino e 'Ndonie De Narde, i reduci della vecchia Tenax, con qualche innesto di nuove leve, non riuscivano a prendere il pallino del gioco.

Bisogna premettere che nel '63 eravamo agli inizi dell'epoca beat e molti ragazzi iniziavano a portare i capelli lunghi, che al Sindaco Piscicelli, non erano affatto graditi. Erano per lui quasi un'ossessione.

Ricordo che vi era un'ala del Cupello, con i capelli lunghissimi, velocissimo: una vera spina nel fianco della difesa locale: volava su e giù per la fascia sinistra del campo con i capelli svolazzanti. Non si riusciva proprio a fermarlo.

Il tifo era salito alle stelle: incoraggiamenti, sfottò contro gli avversari.

Il Sindaco Piscicelli, una persona mite ed educata, ne rimase anch'egli contagiato da quel clima calcistico rovente. Ad ogni passaggio del capellone lo apostrofava ad alta voce: "Vatte a táje 'sse capélle ca' fi schéfe" (Vai tagliarti i capelli che fai schifo).

E come si dice a San Salvo e na vo'... e diue... e trà (e una volta e due e tre), il calciatore cupellese sbottò. Si fermò' un istante  e rivolgendosi al Sindaco esclamò in dialetto cupellese: "Mavaffangule cami'!" (Ma vattene all'altro paese cammina!), lasciando di stucco il povero Piscicelli, che divenne un po' rosso per l'inaspettato invito.

Fu un vaffa ben assestato, come spesso sarebbe stato opportuno dire anche a qualche altro Sindaco successivo e che invece z'è tenìute 'ncúrpe (è mancato il coraggio di dirglielo ad alta voce, tenendoselo dentro).

Tornando alla partita il risultato finale fu San Salvo 3 Cupello 2, con vittoria dei locali in rimonta.

Tornando alla villa comunale, il campo sportivo cessò di esistere quando piantarono gli alberelli. Ricordo il giorno che iniziarono a piantarli. Avevo all'incirca dieci, undici anni. Chiesi a mio padre: “Quanto tempo ci vorrà prima che crescano:” Lui mi rispose:”Qualche decina d’anni”. Compresi che sarei diventato maggiorenne prima di vederli rigogliosi.

Dal riempimento del vallone ne trassero vantaggio, qualche anno dopo, anche gli studenti della Scuola Media, che per andare a scuola, invece di andare a fare il giro in IV Vico Cavour, che era l'unico ed originario ingresso dal recinto, iniziarono ad accedervi anche dalla Via Istonia, percorrendo una strada inizialmente brecciata sino al palazzo scolastico.

Da sinistra i compianti Miccheline de Remmecchéle (Michele De Francesco) e Umberto Di Biase, insieme a Felice C'est bon (Felice Tomeo), miei compagni di scuola, ritratti nella strada ancora brecciata della neonata villa comunale,  prima di entrare in classe nella Scuola Media  - Foto di Umberto Di Biase.




LA POSA DELLA FONTANA

Ma una nuova e piacevolissima sorpesa era in arrivo.

Un bel giorno un gruppo di operai di una ditta specializzata del nord Italia iniziò a lavorare nella neonata villa, a due passi dal Calvario. Attorniati da adulti e bambini curiosi, iniziarono a realizzare un qualcosa che giorno dopo giorno assumeva sempre più l'aspetto di grande una fontana, di forma esadecagonale.

Sino ad allora di fontane conoscevamo solo quella ornamentale, con unico zampillo, giorni si e giorni no, del giardinetto al Monumento ai Caduti e le fontanelle potabili, sparse in punti precisi del paese, installate qualche decennio prima, dopo la realizzazione del primo acquedotto che avevano portato l'acqua sin dentro le case.

Vi erano poi le fonti per abbeverare gli animali: la "fànta vicchie" (la vecchia fontana) in Via Fontana; quella a la ve' de Sandrocche, attuale Via Fontana Nuova, alla periferia del paese; qualche altra in campagna in C.da Sant'Antonio ed un'altra sotto la Chiesetta di San Rocco, che erano poco più di abbeveratoi per animali.

Una fontana moderna, per altro luminosa, non solo nessuno se la sognava, ma era anche inimmaginabile per i tempi che erano.

La curiosità intorno agli operai diveniva sempre più costante, man mano che l'opera d'arte prendeva forma.

Ed una sera d'estate la strabiliante sorpresa. I tecnici attesero il buio per mostrare a pochi astanti ed agli amministratori comunali, la fontana ultimata.

C'ero anch'io, naturalmente sempre insieme a mio padre.

Sembrava di vedere un disco volante, atterrato da chissà dove.

All'improvviso centinaia di zampilli, luminosi e colorati, iniziarono a spruzzare in alto, squarciando il buio della notte, mentre lo scroscio dell'acqua, che ricadeva nella fontana, creava come un mormorio di cascata, dando voce ad un silenzio serale interrotto sino ad allora solo dal canto dei grilli, a cui eravamo abituati.

La fontana era costituita da due condotte circolari e da un' altra centrale. Dalle due circolari fuoriuscivano, nella prima, verso l'interno della vasca, zampilli a forma di cupola, mentre dalla seconda, verso l'esterno, disegnavano come un vassoio, o meglio una ciotola d'argento, che offriva i suoi zampilli ai meravigliati astanti. Dalla condotta centrale partiva maestoso un soffio d'acqua gigante, alto all'incirca tre metri, il tutto cangiante di rosso, di giallo, bianco e azzurro.

Quella fontana, di cui una quasi simile venne installata qualche tempo dopo sul lungomare di Pescara, visibile da Piazza Salotto, rese tutti felici.

Tutti a farsi fotografare con la fontana zampillante alle spalle.

Divenne la gioia dei bambini ed adulti.

Un orgoglio per il paese.

Divenne il simbolo di una nuova era, di una nuova pagina di storia, che era ormai alle porte.




NOTE:

  • Nel giardinetto del Monumento ai Caduti, durante la guerra, negli ultimi mesi del '43 vennero sepolti i corpi di alcuni soldati tedeschi, deceduti a San Salvo. Vi restarono sino a quando, nei primi anni del dopoguerra, vennero a riprenderli i familiari per riportarli in Germania (fonte Tonino Longhi).

  • Lu quart'abballe era tutta la zona andando in giù dall'attuale Piazza Papa Giovanni XXIII, per l'esattezza da Via Fermi, sino al Calvario, mentre lu quart'ammànte quella che ripartendo sempre da Piazza Giovanni XXIII arrivava sino a lu Termine, cioè alla fine di C.so Garibaldi. C'erano anche altre zone come la Fànte (Via Fontana), lu Trafore  (Il traforo che raccoglieva acqua piovana proveniente da C.so Garibaldi), con il suo imponente muraglione alto una decina di metri, oggi arbelate  (ricoperto di terra) in via Savoia, Le'Mburze (la zona di Via Orientale, verso Via Trignina), Lu térmene (il  termine), così denominata perche c'era un segnale stradale, e c'è ancora, della vecchia S.P. Trignina, la vecchia via di Palmoli, un blocco di di pietra che segnava Km. 6 dal passaggio a livello (un altro blocco della S.P. Trignina era proprio dinanzi alla farmacia Di Croce che indicava Km.5). Vi erano poi altre zone e quartieri, a volte denominati con i cognomi dei suoi abitanti, come ad esempio a Recciárde (famiglia Ricciardi) che coincideva con la zona del  termine,   a la Jnnarille (2° vico Umberto I), a lu puànte de le casuluéne (zona di Padre Pio abitata dai casolani), a le casuluene (zone in cui vi erano altri insediamenti dei casolani)  e tante altre contrade che potrete appronfondire meglio cliccando qui.
Si ringrazia il dr. Peppino Romondio per le splendide foto cartoline mostrate nel racconto.


pag. 33
dietro/avanti


Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO

LI SALVANESE

I forestieri a San Salvo

INDICE


Capitolo I
Introduzione
I maestri di scuola



Capitolo II
I carabinieri
e Nonsaccie




Capitolo III
da Gerardo D'Aloisio
a Luegge Capaùne




Capitolo IV
Lu camie de Masciulle
(Il camion di Masciulli)




Capitolo V
Giovanni Bassi
e Valentini Bassi Venturini




Capitolo VI
Vincenzo Larcinese




Capitolo VII
Ninuccie
lu panattire




Capitolo VIII
Lu macillare
de Lentelle




Capitolo IX
Nine
lu napuletane




Capitolo X
Franche lu 'nfurmire




Capitolo XI
Quei matrimoni d'altri tempi -
La bella farmacista ed Erpinio Labrozzi




Capitolo XII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIV
Erpinio Labrozzi e Maria Iole Di Nardo




Capitolo XV
(Fine prima Parte)


Capitolo XVI
Lu 'ngiugnìre
Tommaso Papi



Capitolo XVII
La famiglia Ricca




Capitolo XVIII
la crisi degli artigiani




Capitolo XIX
Lu motore
de le casuléne




Capitolo XX
Di Virgilio Nicola
la léma sàrde




Capitolo XXI
Lu camie
de Tinarìlle




Capitolo XXII
Angelo Di Biase
(Biascille)


Capitolo XXIII
Li carrettire
diventano camionis




Capitolo XXIV
Lu Jumme
ed il pastificio de mastre Camélle e Marchàtte




Capitolo XXV
Adelme, Gelarde e Micchéle Cillène




Capitolo XXVI
Li trajene
e la nazionale





Capitolo XXVII
La nazionale
ed il dialetto




Capitolo XXVIII
Li frastire
ed i venditori ambulanti




Capitolo XXIX
Quando la gente
parlava con gli animali




Capitolo XXX
Lu sciopere
de lu bosche
e le cantine sociali




Capitolo XXXI
La scoperta
del metano




Capitolo XXXII
La Brede (la SIV)





Capitolo XXXIII
La nascita
della Villa Comunale




Capitolo XXXIV
LA SIV
L'accensione
del 1° forno




Capitolo XXXV
Giorgio la Rocca
(lu rumuane)




Capitolo XXXVI
L'on. Aldo Moro
a San Salvo




Capitolo XXXVII
La fabbreche de le tavelàlle




Capitolo XXXVIII
Il profumo
del progresso




Capitolo XXXIX
La sirena
e le frasterézze




Capitolo XL
Il trofeo
San Rocco




Capitolo XLI
Pasquale Spinelli



Capitolo XLII
Umberto Agnelli
a SanSalvo




Capitolo XLIII
Scandalo al sole




Capitolo XLIV
Ma chi sarebbero
li salvanése