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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I forestieri a San Salvo

di Fernando Sparvieri

Un po' di storia locale raccontando personaggi







Capitolo XXXVII


La fabbreche de le tavelàlle
(La fabbrica degli imballaggi)

Il miracolo si era compiuto.

Dopo l'inaugurazione della SIV da parte del Presidente del Consiglio On. Aldo Moro, San Salvo si accingeva a diventare una piccola Milano del sud.

Molti suoi figli che erano emigrati nel nord Italia, proprio a Milano, decisero di tornare.

Fra questi ricordo con affetto il mio amico Tonino Longhi, che nel '54, all'età di soli 17 anni, era emigrato a Milano insieme a tanti suoi coetanei. Nonostante fosse il mio miglior amico, era restio a raccontarmi la sua storia di emigrante, che mi raccontò una sola volta di sfuggita, per caso, mentre discorrevamo in auto. Partito falegname, dopo un periodo in cui si mise a fare il venditore ambulante, girando mezza Europa, fece ritorno a Milano, aprendo in società, con un'amica, un laboratorio con una ventina di dipendenti, che produceva scarpine da ballerina (le rock and roll) ed altri oggetti con materiali tessili moderni. Nel '67 abbandonò tutto e fece ritorno a San Salvo, andandosene a lavorare alla SIV.

Era quello il periodo in cui la SIV assumeva quotidianamente centinaia di operai ed impiegati. Vi trovarono lavoro molti giovani del comprensorio che avevano conseguito il diploma a Vasto. L'arrivo della SIV j cascave a fasciole (cadeva loro a fagiolo). Appena diplomati vennero assunti immediatamente, un'opportunità inimmaginabile quando iniziarono gli studi.

Ma non tutti avevano studiato.

L'analfabetismo, e non solo a San Salvo, era ancora molto diffuso. Una vera piaga sociale. Lo sapeva anche lo Stato. Per questo motivo il Ministero della Pubblica Istruzione, aveva incaricato la RAI, di mandare in onda, con cadenza giornaliera, "Non è mai troppo tardi", un corso televisivo di istruzione popolare per il recupero scolastico, condotto dal maestro e pedagogo Alberto Manzi, che ne era stato anche l'ideatore. Lo scopo era quello di di insegnare a leggere e a scrivere agli italiani analfabeti, che avevano superato l'età scolare.

Sopratutto alcuni operai, non più giovanissimi, assunti in quel periodo, erano alfabbéte (analfabeti), o meglio "inalfabeti", così li definiva qualcuno che invece sapeva fare appena la O con il bicchiere. Erano per lo più persone che la politica aveva "ficcato" nell'industria, nell'ambito di assunzioni clientelari che sono sempre esistite, da che mondo è mondo.

La SIV, per istruirli, imitò la RAI. Chiamò il maestro elementare Filippo Mariotti, originario di Torino di Sangro, sposato con la sansalvese Maria Labrozzi, e gli diede il compito di istruire, tramite corsi organizzati, quella parte di operai che non sapeva né leggere e né scrivere, in modo che imparassero almeno a leggere cartelli ed insegne, come vietato l'ingresso, segnali di pericolo, o semplici etichette come fragile, non capovolgere, che venivano apposti sugli imballaggi.

Sì perchè il vetro prodotto, doveva essere imballato, per poi essere spedito in treno, che arrivava sin dentro gli stabilimenti, alle case automobilistiche che avevano sottoscritto i contratti di acquisto dei parabrezza, lunotti, cristalli laterali.

Il treno della SIV.


Il tracciato ferroviario, oggi in disuso,  che collegava la SIV con la vecchia stazione ferroviaria di San Salvo per il trasporto dei materiali e quant'altro produceva ed occorreva allo stabilimento vetrario, prima dell'avvento del trasporto su gomma.


La SIV che non produceva imballaggi, li acquistava a la fabbriche de le tavelàlle (la fabbrica delle tavolette), così la chiamavano i sansalvesi, che fu la prima piccola industria satellite all'ombra delle ciminiere.

La vera ragione sociale dell' azienda era Bergia Legnami di Aldo Bergia, una ditta del cuneese, che iniziò la produzione degli imballaggi nel maggio '65, quando la SIV, dopo l'accensione del primo forno a febbraio, iniziò a produrre vetro a scala industriale. Le tavolette, invece, altro non erano che i pezzetti di scarto del legname che inevitabilmente si creavano durante la lavorazione.

Capannoni della Legnami Bergia di Aldo Bergia


I sansalvesi chiamavano la ditta Bergia di Aldo Bergia la fabbreche de le tavelàlle perchè durante la lavorazione vi erano molti scarti di legname di piccole dimensione, che determinavano le tavelàlle (piccole tavole).


"Addo' fateje?" (Dove lavori?) era la domanda.

"A la fabbreche de le tavelàlle." Era la risposta.

La sua prima sede fu la vecchia distilleria a due passi dal passaggio a livello, per poi spostarsi, dopo un breve periodo, in affitto, ad un capannone de la fabbreche de le matunélle (della fabbrica delle mattonelle), di proprietà di Don Gilde (Ermenegildo) Aganippe, da Pollutri, un bravo omone, dall'aspetto distinto, che fece parte di quella prima schiera di pionieri industriali che giunsero a San Salvo dopo la venuta della SIV.

Infatti fu quello il periodo dell'insediamento delle prime fabbriche cosiddette satelliti, di supporto alla SIV, anche se non tutte lo erano.

Oltre alla ditta Legnami Bergia di Aldo Bergia, subito dopo vennero autorizzati da lu nuclee 'ndustriale (dal Nucleo Industriale), che era un consorzio tra i Comuni di Vasto, San Salvo e Cupello, costituito a Vasto nel '62 e di cui era Presidente l'Avv. Antonio Marcovecchio di Cupello, altri piccoli opifici di supporto al colosso vetrario, come la FALC (forse Fabbrica Accomandita Legnami Cupellese), i cui proprietari erano cupellesi, che produceva anch'essa imballaggi per il vetro oltre a cassette per la frutta e roba simile, la fabbreche de lu jàsse (la Gessi San Salvo), che come si intuisce dal nome stesso, produceva principalmente gessi per edilizia e la I.CO.MI S.p.a., che lavorava minerali necessari alla produzione del vetro, nella cui palazzina custode abitava Umberto Ranalli, ex carabiniere in servizio a Cupello, persona distinta ormai in pensione, padre di Rita e Michele, ex geometra comunale, in quegli anni terzino impenetrabile della neonata U.S. San Salvo.

Queste prime industrie vennero ubicate a fianco della SIV, lato mare, in quanto l'area industriale, all'origine, era limitata solo a quella zona.

Tornando a la fabbreche de le tavelàlle, quella di Aldo Bergia, restò in affitto da Aganippe per un breve periodo, sino a quando non chiamarono dapprima mastre Nicole (Mastro Nicola), un muratore di Vasto, che costruì i primi due capannoni, e poi lu rumuane, Giorgio La Rocca, il costruttore di Ostia, che realizzò il terzo capannone e la pazzina uffici. La fabbrica era ubicata lungo la strada per la stazione, a monte della vecchia distilleria, a pochi passi dalla chiesetta della Madonna di Fatima, dietro la quale si scorgeva maestosa la sagoma dell' HOTEL CRISTALLO (ora RSA San Vitale), struttura alberghiera di prim'ordine, che la SIV, si diceva, aveva costruito per ospitare i dirigenti, tecnici ed operai, in missione a San Salvo.

A dirigere "La Bergia Legnami di Aldo Bergia", oggi "Bergia Legnami di Livio Bergia", arrivò sin da subito Massimo Conte (1941), anch'egli cuneese, un giovane di belle speranze, che fungeva da dirigente, coordinatore, un po' tuttofare.

Giovanissimo venne colpito dalla bellezza di una ragazza del luogo, Antonietta Marcello, che nel '67 condusse all'altare. Prima di farlo, però, pare dovette fare i "conti" dapprima con la mentalità paesana, sospettosa a dare le proprie figlie in sposa a nu frastìre de fore (ad un forestiero di fuori, che veniva da lontano) e poi con Don Cirillo Piovesan, il prete, che non si sa come venne a conoscenza del colpo di fulmine tra i due ragazzi ed indispettito lo chiamò facendogli intendere che qui da noi con le ragazze era un po' diverso dal nord Italia, da cui anch'egli proveniva, essendo veneto di Mussolente (VI). Anche questo facevano a quei tempi i preti.

A queste prime industrie satelliti sono legati molti ricordi di giovani sansalvese.

Lì, a la fabbreche de le tavelàlle, così come alla Centrale del gas di Montalfano, d'estate, quando si chiudevano le scuole, si "giocavano" le vacanze molti studenti locali, che invece di andare al mare, sotto un caldo afoso, si recavano in bicicletta o in motoretta, per chi l'aveva, per buscarsi qualche lira, che significava tanto.

Ricordo quando da ragazzo, d'estate, ci passavo dinanzi in bicicletta, per andare al mare.

Era come in un film.

Pedalando tra le margherite sbocciate lungo il ciglio della strada, in poche centinaia di metri, si udiva alla SIV un sibilo perpetuo, simile ad un aereo pronto al decollo, si passava poi in un paesaggio lunare causato dalle polveri della ICOMI, ci si immergeva subito dopo in un prato innevato de la fabbreche de lu jàsse, e giunti a la fabbrecehe de le tavelàlle (alla Bergia Legnami) adduráve di segatiure (profumava di segatura).

Nessuno ci faceva caso.

Erano nuovi paesaggi ed il profumo del progresso.

Era come in un film.

Pasqua 1967 - Foto di gruppo alla Bergia Legnami di Aldo Bergia. A sinistra i coniugi Aldo e Ritina Bergia, con i dipendenti.



pag. 37
dietro/avanti


Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO

LI SALVANESE

I forestieri a San Salvo

INDICE


Capitolo I
Introduzione
I maestri di scuola



Capitolo II
I carabinieri
e Nonsaccie




Capitolo III
da Gerardo D'Aloisio
a Luegge Capaùne




Capitolo IV
Lu camie de Masciulle
(Il camion di Masciulli)




Capitolo V
Giovanni Bassi
e Valentini Bassi Venturini




Capitolo VI
Vincenzo Larcinese




Capitolo VII
Ninuccie
lu panattire




Capitolo VIII
Lu macillare
de Lentelle




Capitolo IX
Nine
lu napuletane




Capitolo X
Franche lu 'nfurmire




Capitolo XI
Quei matrimoni d'altri tempi -
La bella farmacista ed Erpinio Labrozzi




Capitolo XII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIV
Erpinio Labrozzi e Maria Iole Di Nardo




Capitolo XV
(Fine prima Parte)


Capitolo XVI
Lu 'ngiugnìre
Tommaso Papi



Capitolo XVII
La famiglia Ricca




Capitolo XVIII
la crisi degli artigiani




Capitolo XIX
Lu motore
de le casuléne




Capitolo XX
Di Virgilio Nicola
la léma sàrde




Capitolo XXI
Lu camie
de Tinarìlle




Capitolo XXII
Angelo Di Biase
(Biascille)


Capitolo XXIII
Li carrettire
diventano camionis




Capitolo XXIV
Lu Jumme
ed il pastificio de mastre Camélle e Marchàtte




Capitolo XXV
Adelme, Gelarde e Micchéle Cillène




Capitolo XXVI
Li trajene
e la nazionale





Capitolo XXVII
La nazionale
ed il dialetto




Capitolo XXVIII
Li frastire
ed i venditori ambulanti




Capitolo XXIX
Quando la gente
parlava con gli animali




Capitolo XXX
Lu sciopere
de lu bosche
e le cantine sociali




Capitolo XXXI
La scoperta
del metano




Capitolo XXXII
La Brede (la SIV)





Capitolo XXXIII
La nascita
della Villa Comunale




Capitolo XXXIV
LA SIV
L'accensione
del 1° forno




Capitolo XXXV
Giorgio la Rocca
(lu rumuane)




Capitolo XXXVI
L'on. Aldo Moro
a San Salvo




Capitolo XXXVII
La fabbreche de le tavelàlle




Capitolo XXXVIII
Il profumo
del progresso




Capitolo XXXIX
La sirena
e le frasterézze




Capitolo XL
Il trofeo
San Rocco




Capitolo XLI
Pasquale Spinelli



Capitolo XLII
Umberto Agnelli
a SanSalvo




Capitolo XLIII
Scandalo al sole




Capitolo XLIV
Ma chi sarebbero
li salvanése