www.sansalvoantica.it


Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I forestieri a San Salvo

di Fernando Sparvieri

Un po' di storia locale raccontando personaggi





Capitolo XVIII 

La crisi degli artigiani
ed il proliferare delle prime società

Calzolai: da sin. Vitale Ciavatta (lu mástre), e lu lavurènte Enrico Torricella e Levino Fabrizio.


Ma com’era San Salvo, negli  anni ‘50, prima che arrivassero l'ingegnere, la famiglia Ricca e la SIV, quando la gran parte dei suoi abitanti erano quelli nati, cresciuti e pasciuti in paese?

San Salvo a quei tempi era un paese piccolo, immerso nei caldi tepori  primaverili, nelle assolate giornate estive della mietitura del grano, nei profumi autunnali della vendemmia  e nei  freddi inverni in cui dalle ciminiere uscivano i  fumi  dai camini. 

Gli orologi si contavano ancora in qualche taschino dei gilè di alcuni anziani benestanti  ed i primi orologi da polso dell'Omega e Tissot, che vendeva l'orefice Vitale Piscicelli, il Sindaco, iniziavano a fare sfoggio nei polsi di qualche giovanotto, ma solo la domenica, canda z'arcagnavéne (quando indossavano l'abito della festa), perchè negli altri giorni lavorativi si sarebbe potuto rovinare. Spesso questi orologi  erano i regali del compare che li aveva cresimati.

I ritmi di vita erano dettati dal sole e dalle stagioni.

Quando il tempo era buono il paese di giorno si spopolava. La gente andava in campagna. Restavano in paese  i bambini che andavano a scuola, quei pochi maestri elementari, qualche anziano, il prete, i medici, il farmacista, i carabinieri,  la guardia municipale, lu daziaróle (il daziere), i postini, gli impiegati delle poste e del Comune, e sopratutto gli artigiani.

Gli artigiani  se ne contavano a bizzeffe. Ne erano davvero tanti. Erano loro, sopratutto fabbri e falegnami, con i rumori provocati dagli attrezzi di lavoro, a rompere il silenzio in un paese immerso in una quiete perenne. Vi erano poi i sarti, i barbieri, i calzolai, che svolgevano mestieri tradizionali, spesso trasmessi da padri in figli.

Il vento del progresso e della tecnologia però iniziava ad aleggiare nell'aria e mestieri  che sembravano intramontabili, iniziarono ad essere messi in crisi dall’avvento di un primo mercato industriale manifatturiero.

I primi ad accorgersene furono i calzolai, che se ne contavano in paese circa una settantina. Le scarpe confezionate iniziavano a prendere il sopravvento su quelle fatte a mano  e molti di loro iniziarono ad aprire i primi negozietti di scarpe, conservando però "lu bancarille" (il banchetto) per effettuare le riparazioni, come rimettere le mizze sole (le mezze suole), dotarle di cintràlle (grossi chiodi forgiati appuntati sotto le suole per non farle consumare).

Vi era una strofa di una canzone popolare, in auge a quei tempi, che trattava dei vari mestieri, che meglio di ogni altra frase può farci capire com'era la condizione economica dei calzolai. La strofa è la seguente: "Lu scarpáre fa tic e ticche, è sempre povere è mai ricche, z'ha 'mpegnate la sibbule e la sóle, va canténne la cicirignole"  (il calzolaio fa tic e  tic, è sempre povero e mai ricco, si è impegnata la lesina e la suola, va cantando la cicirignola, intesa come fame).

Si salvarono, per qualche anno, i sarti, i quali, nonostante qualche capo d'abbigliamento confezionato si iniziasse a vendere nella vicina Vasto, continuarono a cucire giacche, pantaloni e qualche volta a 'rgere' cacche paletto' (rigirare e rendere visibile la stoffa interna di un cappotto per nasconderne l'usura).

L'industria degli abiti confezionati, non riscosse immediatamente il consenso della gente.

Il motivo del loro iniziale insucceso, a parte il costo ritenuto proibitivo per le tasche di molti, era che non calzavano a pennello, sopratutto a fisici tarchiati, e sovente bisognava farli ritoccare. Per questi motivi, la gente si recava ancora dai sarti, continuando ad acquistare  stoffe e pezzéle (scampoli)) a le puteche (ai negozi) di  Tumassine Russe, Ntunine Artese, Ntonie De Narde, Misciaune (a Ninetta, la moglie di Giovanni Miscione) e Leone Balduzzi, il quale, dopo aver chiuso lo storico bar Balduzzi in C.so Umberto I, aveva aperto, negli stessi locali, un negozio di tessuti ed un altro di alimentari, comunicanti tra di loro, iniziando a vendere, qualche abito confezionato della Monti e della Lebole.

Fu allora, in quel periodo, in un tessuto sociale come quello appena sopradescritto, con i primi sentori di progresso che si avvertivano nell'aria, che alcuni giovani, sopratutto artigiani, intuirono che era giunto il tempo di cambiare mestiere, per adeguarsi ai nuovi tempi che bussavano alle porte.

I soldi però scarseggiavano. Come fare?

L'unica soluzione era unire le forze e mettersi in società.

Fu quello un periodo in cui si assistette ad un proliferare di piccole società. 

Non tutte però andarono a buon fine. Nella gran parte dei casi, erano gli scarsi mezzi economici a decretarne la fine già prima del nascere.

I sansalvesi guardavano il sorgere di queste società con occhio attento, ma anche con un pizzico d'invidia ed ironia.

E quando le società erano costituite da persone sfasciulìte e 'mbruvvusìte (senza soldi, che improvvisavano) che già in partenza avevano scarse possibilità di successo, coniarono il detto: ”Pettele’ngule e compagne”, a significare che non sarebbero andate molto lontano.

Nelle pagine seguenti parleremo di alcune piccole società locali, rimaste alla storia della nostra San Salvo, cogliendo l'occasione per ricordare altri antichi nostri concittadini e frastire d'adozione, che scrissero pagine indelebili della storia locale, dando ognuno un piccolo, ma grande contributo, per lo sviluppo economico e sociale della nostra cittadina.

Prima di addentrarci in questo argomento, è necessario però fare un piccolo salto all'indietro, in contrada Colle Pagano, dove, sin dagli inizi del 900 si era insediata una famiglia di casolani, i primi  forestieri per antonomasia a San Salvo, che saranno i pionieri e precursori di una nuova era.

pag.18

dietro/avanti


Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO

LI SALVANESE

I forestieri a San Salvo

INDICE


Capitolo I
Introduzione
I maestri di scuola



Capitolo II
I carabinieri
e Nonsaccie




Capitolo III
da Gerardo D'Aloisio
a Luegge Capaùne




Capitolo IV
Lu camie de Masciulle
(Il camion di Masciulli)




Capitolo V
Giovanni Bassi
e Valentini Bassi Venturini




Capitolo VI
Vincenzo Larcinese




Capitolo VII
Ninuccie
lu panattire




Capitolo VIII
Lu macillare
de Lentelle




Capitolo IX
Nine
lu napuletane




Capitolo X
Franche lu 'nfurmire




Capitolo XI
Quei matrimoni d'altri tempi -
La bella farmacista ed Erpinio Labrozzi




Capitolo XII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIV
Erpinio Labrozzi e Maria Iole Di Nardo




Capitolo XV
(Fine prima Parte)


Capitolo XVI
Lu 'ngiugnìre
Tommaso Papi



Capitolo XVII
La famiglia Ricca




Capitolo XVIII
la crisi degli artigiani




Capitolo XIX
Lu motore
de le casuléne




Capitolo XX
Di Virgilio Nicola
la léma sàrde




Capitolo XXI
Lu camie
de Tinarìlle




Capitolo XXII
Angelo Di Biase
(Biascille)


Capitolo XXIII
Li carrettire
diventano camionis




Capitolo XXIV
Lu Jumme
ed il pastificio de mastre Camélle e Marchàtte




Capitolo XXV
Adelme, Gelarde e Micchéle Cillène




Capitolo XXVI
Li trajene
e la nazionale





Capitolo XXVII
La nazionale
ed il dialetto




Capitolo XXVIII
Li frastire
ed i venditori ambulanti




Capitolo XXIX
Quando la gente
parlava con gli animali




Capitolo XXX
Lu sciopere
de lu bosche
e le cantine sociali




Capitolo XXXI
La scoperta
del metano




Capitolo XXXII
La Brede (la SIV)





Capitolo XXXIII
La nascita
della Villa Comunale




Capitolo XXXIV
LA SIV
L'accensione
del 1° forno




Capitolo XXXV
Giorgio la Rocca
(lu rumuane)




Capitolo XXXVI
L'on. Aldo Moro
a San Salvo




Capitolo XXXVII
La fabbreche de le tavelàlle




Capitolo XXXVIII
Il profumo
del progresso




Capitolo XXXIX
La sirena
e le frasterézze




Capitolo XL
Il trofeo
San Rocco




Capitolo XLI
Pasquale Spinelli



Capitolo XLII
Umberto Agnelli
a SanSalvo




Capitolo XLIII
Scandalo al sole




Capitolo XLIV
Ma chi sarebbero
li salvanése