Capitolo XL
Il trofeo San Rocco
(18 Settembre 1967)
Tra
salvanése, frastìre e frastirézze, per fortuna
quest'ultimi un'esigua minoranza, San Salvo continuava il suo
viaggo verso il futuro.
Elemento di comunione fra di loro, oltre che il lavoro, fu
sicuramente lo sport, più propriamente il calcio.
L'amministrazione comunale, dopo aver
arbelate (fatto
riempire, seppellito) il vallone
de lu Calevarie (del
Calvario) e realizzata la villa comunale, dove vi era stato
l'ultimo campo sportivo sansalvese prima di piantarvi gli
alberelli, aveva fatto finalmente costruire, da una ditta di
Pescara, lo stadio.
Era un gioiello.
Tutto recintato con lastre di cemento prefabbricate,
nonostante nella prima fase non avesse ancora la tribuna ed il
terreno di gioco era un po'
a lémmete e fusse
(disconesso) e senza erbetta, era sicuramente lo stadio più
bello della zona. Quella sua struttura, gli conferiva un
aspetto di un moderno impianto sportivo, che tutti gli altri
paesi del circondario, ad eccezione di Vasto che aveva il
classico Stadio Aragona, si sognavano.
Unico incoveniente era la sua ubicazione. Era situato ad un
chilometro circa dal paese, in aperta campagna, in territorio
di Vasto, e per arrivarvi bisognava percorrere un angusto
viottolo di campagna, stretto e tortuoso, in cui ci
capàve
(entrava) a malapena
nu trajene (un carretto). Vi
si arrivava partendo da una stradina in terra battuta (attuale
Via dei Tigli), all'epoca estrema periferia del paese, ed
arrivati all'incrocio
de la ve' de la Miramele (attuale
Via Liquirizia -Via Melvin Jones), si girava a destra (attuale
Via Silventi), e dopo altri 500 metri, tra rovi e sterpi (
frattelìune),
si arrivava
a lu campe (la parola stadio non era
ancora in uso a San Salvo).
Fortuna volle che dopo un po' di tempo venne appositamente
realizzata Via dello Stadio, un vialone dritto e largo, sempre
in aperta campagna, che per la sua larghezza, prima che
venisse asfaltata e vi facessero i marciapiedi, ci pareva
ancor più ampia, come un fiume in piena, bianco e brecciato.
La realizzazione dello stadio, bellissimo, ridestò nei
giovani, la voglia di pallone.
Com'era scontato, frotte di ragazzini, quasi tutti con le
scarpe normali o da tennis ai piedi, indossando chi la maglia
dell'Inter, chi quella del Milan o della Juve, incominciarono
ad affollare il terreno da gioco. Era dura per i ragazzini
averne il monopolio. Ogni tanto arrivavano i grandi, i
giovanotti, e dovevano
sbuchele' (svicolare, andare
via). Ricordo che c'era un ragazzino, appartenente
a
chelle de Sammuéle (Samuele), che sin bambino, era stato
colpito ad un arto dalla poliomelite, malattia frequentissima
tra i neonati negli anni '50, che era un portento, un
motorino, dotato di una tecnica sopraffina e di un tiro
efficace. Senza quel problema, chissà dove sarebbe arrivato.
Non trascorse tempo che nacquero due squadrette di ragazzini,
rivali: la Velox, il cui capitano era Pasquale D'Alberto, che
aveva le maglie rossonere del Milan, che annoverava tra le sue
file Gianni Mariotti, Erminio Cardarella,
Necole
Mariavincenze (Nicola De Filippis - Mariavincenza era il
nome della madre), ed altri coetanei, e
la squadre de
Osvalde (la squadra di Osvaldo Menna), nella quale
giocavo anch'io, con le maglie nerazzure dell'Inter, che
nonostante annoverasse tra le sue fila
Jair (Elio De
Francesco) e
Snellingher, il biondissimo Minuccio
Magnacca, perdeva sempre.
Sembrava di stare a San Siro, tanto ci pareva maestoso quello
stadio, per noi che eravamo abituati a giocare
pe le
ruelle u a le piazzàtte (per i vicoli o per le
piazzette).
Soffrimmo un po' quando fecero i lavori di drenaggio, a stadio
già ultimato. Il terreno di gioco venne totalmente rivoltato e
realizzate decine di canali laterali,
a screme de pàscie (a
lisca di pesce), che confluivano in un altro più grande
centrale, per la raccolta dell'acqua piovana. I lavori
parevano non finire mai e durò quasi tutta l'estate.
Nonostante lo stadio finalmente fosse stato terminato, nessuno
pensava tuttavia di costituire una società sportiva. La
cultura societaria calcistica del paese era pressochè
inesistente, ma qualcosa iniziò a muoversi.
Inizialmente furono i reduci della Tenax, una squadra locale
degli anni '50, che fecero un primo tentativo. Antonio
Pacchioli, che era stato storico capitano e centravanti della
Tenax , insieme ad altri suoi ex compagni di squadra, Nicolino
Fabrizio, Felice Tomeo e Alberico Chinni, presero l'iniziativa
e scrissero una specie di lettera aperta ad un gruppo di
persone. La lettera venne ciclostilata alla sezione del PCI,
che aveva il ciclostile e di cui era segretario giovanile
Alberico Chinni, e dopo averne fatte un centinaio di copie,
infilate dentro le buste in quella della DC, di cui era
segretario politico giovanile Felice Tomeo, vennero imbucate a
mano, sotto le porte dei destinatari, risparmiando così anche
i francobolli.
Fu un primo tentativo che non sortì effetto immediato, ma fu
come un primo seme piantato.
Nel frattempo era arrivato per lavoro a San Salvo un giovane
siracusano. Il suo nome era Luigi Costanzo, che si diceva
fosse un arbitro di Serie C. Appassionatissimo di calcio,
nelle ore libere, se ne andava quasi tutti i giorni al campo
sportivo, dove fece amicizia con i ragazzi del luogo, che
quasi ogni giorno davano vita a partite estemporanee, tra
squadre improvvisate.
Il sig. Costanzo da Siracusa, rimase meravigliato dal fatto
che a San Salvo non esistesse alcuna società calcistica e si
fece promotore, insieme a
Gine Pelè (Gino Bracciale),
giovane fotografo in erba, ed altri ragazzi che giocavano a
calcio, di organizzare, in quel bellissimo stadio, almeno un
torneo di calcio.
Cadde a fagiolo la festa di San Rocco del 17 e 18 Settembre
1967, che all'epoca si festeggiava quasi alla pari con San
Vitale, il protettore.
Lo chiamarono "Trofeo San Rocco" , invitando squadre dei paesi
limitrofi.
La squadra locale annoverava tra le sue fila il funambolico
Michele Molino, sicuramente il più estroso calciatore
sansalvese dell'epoca, Nicolino Fabrizio, Alberico Chinni, il
portiere Erminio Del Casale, tutti e quattro reduci della
Tenax. Poi vi era Luigi Franceschini, che si divideva da
sempre tra Montenero di Bisaccia, suo paese natio e San Salvo,
dove vivevano i nonni; Gaudio Costantino, che era il figlio
del maresciallo dei carabinieri; Aldo D'Ascenzo, che era
tornato per le vacanze da Modena, dove studiava e viveva con
la famiglia. C'era anche Angelo Longhi, che era come il
prezzemolo e stava ovunque: suonava la batteria e si dilettava
a tirare calci al pallone.
Per rendere la squadra più competitiva vi fecero degli innesti
nghe le frastire.
Invitarono Umberto Stella, detto Pecos da Fresagrandinaria,
dipendente SIV; un ragazzo di Casoli che di cognone faceva
Forlani, che spesso veniva a trovare a San Salvo suo cognato
Natalino Giarrocco, che lavorava alla Bonacci Sud; Michele
Ranalli, di Scerni, che si era trasferito in famiglia a San
Salvo, passando per Cupello, dopo che suo padre Umberto,
carabiniere in pensione, era stato assunto custode alla
I.CO.MI ed infine un attempato calciatore, di cui non ricordo
il nome, temporaneamente a San Salvo per lavoro, che dicevano
fosse un ex calciatore di serie D.
Il trofeo venne vinto dalla rappresentiva del San Salvo che
sconfisse il Palmoli 2 a 1.
A premiare la squadra fu il Cav. Virgilio Cilli.
Fu la scintilla che fece scoppiare il tifo.
Dieci giorni dopo venne costituita la Società Sportiva "U.S.
San Salvo", affiliata alla F.I.G.C. il 14 ottobre 1967, con il
numero di matricola 47000.
Presidente della societa Sportiva venne mominato il Cav.
Virgilio Cilli, segretario Felice Tomeo, consiglieri Amedeo
Artese, Donato Corrado, Ennio Di Pierro, Antonio Di Rito e
Gennaro Raspa. Presidente onorario Vitale Artese, già Sindaco
di San Salvo ed esponente di spicco della D.C. provinciale.
Medico sociale Dr. Vitaliano Ciocco, massaggiatore Franco
Lestingi, infermiere.
La squadra venne iscritta al campionato di III categoria.
Trofeo San Rocco- 18 Settembre
1967
Da sin. in piedi: l'arbitro Luigi Costanzo da Siracusa,
Leone Balduzzi, Vito Di Gregorio, Virgilio Cilli, con in
mano la coppa, Rocco Tomeo, Amedeo Artese, Michele Molino,
Angelo Longhi, Umberto Stella, detto Pecos, Donato
Corrado, l'ex calciatore di serie D di cui sfugge il nome,
Gennaro Raspa, Alberico Chinni, Michelino Ciavatta,
Nicolino Fabrizio, capitano, Ennnio Di Pierro, Pietro
Marzocchetti e l'infermiere Francesco Lestingi.
Accosciati, da sin. Antonio Pacchioli, Erminio Del Casale,
portiere, Gaudio Costantino, Franco Forlani da Casoli,
Michele Ranalli, Aldo D'Ascenzo, seminascosto Luigi
Franceschini, Gino Bracciale.
UN PO' DI STORIA CALCISTICA
SANSALVESE PRIMA DELLA SIV
San Salvo, prima della realizzazione dello stadio
comunale, aveva avuto diversi campi sportivi nelle periferie
del paese, su terreni di proprietà di privati, che alla
prima occasione, se ne rimpossessavano. Nel periodo del
fascio, vi era stato uno spiazzo adibito a spazio sportivo,
andando, sulla destra, verso il camposanto (attuale Via del
Cimitero), nel quale vi svolgevano esercizi ginnici i
giovani balilla. Durante il periodo dell' AMGOT, organismo
militare creato dalle truppe alleate per il governo dei
territori da esse occupate, gli inglesi spianarono con i
caterpillar un terreno vicino a lu trappéte de Ciuvuàtte
(ora sede della Banca di Credito Cooperativo), così chiamato
perchè vi era un frantoio di proprietà di un signore di
Vasto soprannominato "civetta", dove vi realizzarono un
campo sportivo. Nel dopoguerra, con il campo sportivo
realizzato dagli inglesi che tornò ad essere terreno
seminativo, i ragazzi per qualche anno andarono a giocare arrete
a lu campesante (ad uno spiazzo incolto dietro al
cimitero). Negli anni '50 vi fu il famoso "campo del pero",
così chiamato perchè al centro del terreno di gioco, vi era
un albero di pero. Chi vi giocava era la squadre de le
studinte (la squadra degli studenti), per lo più
giovani che studiavano fuori e che tornavano in estate per
le vacanze estive. Si racconta che il pero, al centro del
campo sportivo era sempre spoglio a causa delle pallonate
che riceveva, e che una notte Sandruccie
(Alessandro) Cilli, che giocava con gli studenti, fregò lu
trajene (il carretto) al padre ed insieme ad altri
amici lo recisero, portando la legna all'indomani al
proprietario Do' Marie Artese, che nonostante fosse
loro amico, si infuriò minacciando denunce.
Dopo il campo del pero venne realizzato un altro campo
sportivo alla fine di C.so Garibaldi, cento metri dopo la
caserma dei carabinieri, da molti confuso con il campo del
pero originale in quanto nelle adiacenze del terreno di
gioco vi erano altre piante di pero, sotto l'ombra delle
quali i ragazzi si spogliavano per indossare i panni da
calciatore.
Gli ultimi due campi sportivi furono quelli agli inizi degli
anni '60 a lu Calevarie, realizzati prima che
riempissero l'adiacente vallone con il terreno di
sbancamento della SIV per realizzare la villa comunale. Il
primo, interrato e con il terreno di gioco livellato alla
base del vallone, venne chiamato dai ragazzi "La fossa dei
leoni", mentre il secondo venne realizzato allo stesso
punto, dopo il riempimento, in lieve pendenza e con una
porta rivolta verso la Scuola Media e l'altra verso S.da
Istonia. Questi due ultimi campi sportivi durarono
pochissimo tempo.Subito dopo venne realizzato lo stadio
nell'omonima via , su agro di Vasto, all'epoca ancora aperta
campagna.
Altro terreno di gioco famoso, in contemporanea con il campo
del pero fu a La fantene, vicino al fiume Trigno.
Era uno spiazzo nella radura del bosco Motticce,
acquitrinoso d'inverno e asciutto d'estate, dove andavano a
giocare, quasi tutti scalzi, i ragazzi della squadre de
la Fanténe, costituita per lo più da giovani manovali
e forti contadini. Il terreno di gioco era pieno di streppìune
(radici ed altre erbe selvatiche), nonostante gli stessi
ragazzi gli diedero una bonificata prima di giocarci.
Le squadre di calcio in quegli anni erano improvvisate.
Disputavano partite a Sande Vetale e a Sandrocche
(alle feste di San Vitale e San Rocco) ed alcune domeniche
estive, incontrando squadrette di paesi vicini. Questi
ragazzi, sovente, si recavano anche in trasferta,
raggiungendo i paese vicini a piedi e con una sola
bicicletta, con la quale il proprietario faceva la spola
avanti ed indietro, per tutto il tragitto, per trasportare soprattelare
(sulla canna del telaio) gli amici calciatori.
La prima squadra di cui si ha menzione nella storia del
calcio sansalvece risale agli trenta, in piena era fascista.
Vi giocavano Bionde (Biondo Tomeo), Mastre Pèppe
lu barbire (Giuseppe Bruno, barbiere, padre di
Giovanni), ed altri ghiovani dell'epoca. Il capitano era
Berardo Granata, figlio di Vincenzo.
Famose restano le partite di calcio a lu trappete de
Ciuvuàtte tra gli inglesi ed i bersaglieri, rimasti
bloccati a San Salvo dopo l'armistizio, in attesa che si
spostasse il fronte di guerra sul fiume Sangro. La squadra
dei bersaglieri, tra i quali giocavano calciatori di serie
A, tra cui Arcari III (Sante Pietro Arcuri) che era stato
campione del mondo ai mondiali del '34, era sostenuta nel
tifo dai sansalvesi, che ne fecero i loro paladini. Siccome
gli inglesi perdevano sempre, fecero intervenire la loro
nazionale militare che arrivò in aereo nel loro aeroporto
militare sull'arenile, giù a Pantanella, in una sorta di
sfida Italia-Inghilterra. Nella squadra inglese giocava il
famoso calciatore Stanlej Matthews, insignito anni dopo, per
meriti sportivi, con il titolo di Sir dalla regina
d'Inghilterra. I bersaglieri, che giocavano con i gambali
militari, rimediarono nella prima partita una sonora
sconfitta, per poi pareggiare 1 a 1 in un'altra successiva.
Vi furono anche partite tra bersaglieri e la Vastese, con i
militari sempre vincitori. I bersaglieri caricavano sui
cassoni dei camion i ragazzi sansalvesi, loro tifosi, e li
portavano a Vasto, riportandoli al ritorno.
Nell'immediato dopoguerra restano famosi gli incontri di
calcio tra la squadre de li studinte, più tecnici,
ed i ragazzi de la Fanténe, più forti fisicamente.
Scommettevano piccole somme di denaro che andavano alla
squadra vinvitrice.
Negli anni '50, un gruppo di ragazzini, capitanati da Tonino
Longhi, costituì la Tenax. Sconfissero la squadra degli
studenti e divennero loro la prema squadre (prima
squadra), così era chiamata quella più forte e
rappresentativa del paese. Furono i primi ad indossare una
divisa completa, con maglie giallorosse, acquistate da
Alfiere Evangelista a Vasto, dove si recava quotidianamente
a scuola, con i soldi racimolati tra i ragazzi della
squadra. La Tenax durò circa un decennio, con un continuo
ricambio generazionale. Era l'epoca dell' emigrazione di
massa. L'ultima sua formazione è riconducile alla fine degli
anni '50, primi anni '60, quando venne capitanata da Antonio
Pacchioli. Alcuni ragazzi di quest'ultima formazione, dopo
lunghi periodi che non disputarono partite per la mancanza
in paese di campi sportivi, parteciparono nel '67 al Trofeo
San Rocco, che fu la partita preludio alla nascita della
U.S. San Salvo.
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