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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I forestieri a San Salvo

di Fernando Sparvieri

Un po' di storia locale raccontando personaggi











Capitolo XX

Nicola Di Virgilio
(La léma sàrde)



Un antico trattore Landini


E fu in quel periodo, sulla scia dei fratelli casolani, che alcuni artigiani locali, intuendo che i loro mestieri stavano tramontando, decisero di emularli.

In molti pensarono di acquistare un trattore.

Emblematica in tal senso è la storia di Nicola Di Virgilio (1912), calzolaio.

Nicola, detto la léme sàrde (lima sorda), per via del fatto che era affetto da lieve sordità, che spesso egli stesso volutamente accentuava per fare orecchio da mercante, aveva 9 figli da sfamare. Tirare avanti la famiglia ere tóste (era dura, difficoltosa) nghe la sibbule e nghe l’aghe (con la lesina e l'ago) e così un bel giorno fece vula' lu bancarille (buttò al vento il banchetto da calzolaio), e passò al trattore.

Come fecero i casolani, che nel dopoguerra tentarono di arare i terreni modificando un autoblindo militare inglese, anche Nicola, insieme ad alcuni amici, ci provò allo stesso modo, con un altro però a benzina. Stessa sorte dell'autoblindo anglo casolano: beveva troppo. Fine.

Non trascorse tempo che, acquistò un trattore vero e proprio. Naturalmente vi abbinò anche una trebbia.

Il suo primo trattore fu un Bubba 45 Cv di seconda mano, simile a quello dei casolani. Lo sostituì tempo dopo con un Landini 45 semicingolato, sempre a testa calda, monocilindrica, con ruote in ferro, dalle quali fuoriuscivano, in quelle posteriori, una specie di spuntoni, per farlo aggramba' (abbrancare) meglio al terreno.

Non era semplice arare i terreni in quegli anni, neppure per un trattore. Sino ad allora erano stati gli aratri, spesso in legno, trainati dai asini, cavalli, muli e buoi, ad ararli, e la terra era tóste (dura), toste gne' na prete (dura come una pietra).

Ne sapevano qualcosa quelli che javene a zappa' a jurnate. Tornavano a casa, a sera, sfiniti. Ma ci avevene fitte l'osse (si erano abituati) e quando li chiamavano erano addirittura felici: avrebbero riportato a casa qualche lira.

Ne sapeva qualcosa anche Zi' Jseppe Rasannelle (Giuseppe Argentieri).

Si racconta che un mattino, mentre andava a zappare le terre di Don Oreste Artese, gli chiesero: "Zi' Jse'! Addo' vi a zappa' uje? " (Zio Giuseppe dove vai a zappare oggi);

"Vaje a zappa' a Do' Ureste!" (vado a zappare a Don Oreste), rispose soddisfatto, sfregandosi le mani.
Alla sera al ritorno, gli chiesero: "Zi' Jse'! Addo' si jùte a zappa' uje?" (Zio Giuseppe dove sei stato a zappare oggi?).

" A ...reste!", rispose con un fil di voce.

"A chi?", gli chiesero di nuovo.

"Addummuanne a quesse che ve' 'ppresse!"  (Chiedi a chi sta venendo dietro di me).

Era talmente stanco, povero Zi' Jseppe, che non riusciva più neanche a pronunciare il nome del suo benefattore.

E ne sapevano qualcosa anche tutti i contadini, a soccie e no a soccie (a mezzadria e non) che da sempre, come i loro padri, avevano zappato le terre con il sudore della fronte.

Perciò alla sera facevano la fila dinanzi a casa di Nicola.

Nicola, nelle sua nuove veste, si dimostrò da subito uomo geniale: paràve ca ci'ave' nate (pareva esserci nato).

Era gran organizzatore. Nel periodo della trebbiatura, ad esempio, tutti volevano trescà per primi, ci voleva molta mano d'opera e non era facile programmare.

A dargli una grossa mano furono Zi' Jseppe Burrelle (Giuseppe Del Borrello), una specie di luogotenente, che non lo abbandonava mai, con il quale sin dall'inizio aveva costituito una specie di tacita società, ed i suoi due fratelli minori Ntunuine e Petruccie (Antonino e Pietro), che come capitava nelle migliori famiglie, collaboravano per il bene comune familiare.

Soci veri, invece, divennero qualche anno dopo Nicole e Vite Mirtalàtte (Evangelista), contadini.

Insieme acquistarono un moderno Fowler, un trattore di marca inglese, ritenuto a quei tempi una specie di fuoriserie ed un nuovo Landini. La manutenzione era affidata ad un meccanico dell'alta Italia che veniva due volte all'anno.

Lu capaddózie, cioè colui che sotto sotto comandava, era però sempre lui: Nicola.

Fu un periodo proficuo. Erano attrezzati in tutto. Mancava solo la faggiatréce (la falciatrice), ma non c'era problema.

Glie la prestava all'occorrenza Zi' Lunarde (Leonardo) Torricella, che pur non possedendo un trattore se l'era comprata. Quando succedeva faciavene a mezze a pe di' (dividevano il guadagno metà ciascuno), Erano tempi grami ed i soldi non sempre giravano. Per questo motivo, il più delle volte scumbattàvene a grane (il servizio veniva barattato con il grano).

Sciolta la società con i fratelli Evangelista pace pe lu muànne (pace per il mondo), nel senso che si separarono senza problemi, Nicola dopo qualche tempo comprò la sua prima mietitrebbia, un Arbos 75 della Bubba, che da quel che dicono pare fosse la prima in assoluto ad essere venduta in Abruzzo.

Pur essendo un mezzo agricolo straordinario, che sembrava un ragno che si muoveva in un campo di grano, non venne accolto subito con particolare entusiasmo dai contadini.

"Sce'! La mietitrebbie è bbone, ma jette lu grane!" (la mietitrebbia è ottima, ma butta a terra le spighe grano), divenne un modo di dire dei contadini locali.

Il primo anno, infatti, lavorò pochissimo, a causa di voci artatamente messe in giro dai proprietari delle trebbie, che naturalmente non vedevano di buon occhio, l'arrivo di una mietitrebbia che riusciva a svolgere in poche ore il lavoro che la trebbia impiegava in più giornate.

I contadini dell'epoca erano molti diffidenti. Temevano sempre che li fregassero. Stessa cosa succedeva quando andavano ad esempio a lu trappéte (al frantoio), dove tenevano sempre sott'occhio le olive ed il frantoiano.

Ma Nicola e la sua mietitrebbia non impiegarono molto a dissuaderli. Non trascorse tempo che i fratelli Di Virgilio, che nel frattempo avevano costituito, come nelle migliori famiglie, una specie di tacita società a conduzione familiare, acquistarono altre due mietitrebbie, nonostante un brutto incidente ne distrusse una in agro di Fresagrandinaria, per fortuna senza conseguenze per il guidatore, che era Franche lu 'nfurmire, che ne uscì illeso.

Con il trascorrere degli anni, come spesso accade nelle migliori società a conduzione familiare, anche i fratelli di Virgilio si separarono, pur restando in ottimi rapporti. Ognuno proseguì l'attività per proprio conto, con una mietitrebbia a testa.

Il tempo, che passa inesorabile, ha cancellato tracce dell'attività di Nicola, anche se resta un avviatissimo negozio di trattori gestito dagli eredi di Petruccio, suo fratello minore.

Se chiedete però ad un anziano del paese, chi fu il primo sansalvese a 'ccattà nu motore, vi risponderà sicuramente:

"La lema sàrde! Nicole".



Nella foto, il primo a sinistra e Nicola Di Virgilio, seguono ? , Michele Di Iorio, i fratelli Rocco e Vitale Tascone, Umberto de Filippis, Giuseppe Bruno e Mastro Luigi Di Iorio, detto Firpi.



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dietro/avanti


Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO

LI SALVANESE

I forestieri a San Salvo

INDICE


Capitolo I
Introduzione
I maestri di scuola



Capitolo II
I carabinieri
e Nonsaccie




Capitolo III
da Gerardo D'Aloisio
a Luegge Capaùne




Capitolo IV
Lu camie de Masciulle
(Il camion di Masciulli)




Capitolo V
Giovanni Bassi
e Valentini Bassi Venturini




Capitolo VI
Vincenzo Larcinese




Capitolo VII
Ninuccie
lu panattire




Capitolo VIII
Lu macillare
de Lentelle




Capitolo IX
Nine
lu napuletane




Capitolo X
Franche lu 'nfurmire




Capitolo XI
Quei matrimoni d'altri tempi -
La bella farmacista ed Erpinio Labrozzi




Capitolo XII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIV
Erpinio Labrozzi e Maria Iole Di Nardo




Capitolo XV
(Fine prima Parte)


Capitolo XVI
Lu 'ngiugnìre
Tommaso Papi



Capitolo XVII
La famiglia Ricca




Capitolo XVIII
la crisi degli artigiani




Capitolo XIX
Lu motore
de le casuléne




Capitolo XX
Di Virgilio Nicola
la léma sàrde




Capitolo XXI
Lu camie
de Tinarìlle




Capitolo XXII
Angelo Di Biase
(Biascille)


Capitolo XXIII
Li carrettire
diventano camionis




Capitolo XXIV
Lu Jumme
ed il pastificio de mastre Camélle e Marchàtte




Capitolo XXV
Adelme, Gelarde e Micchéle Cillène




Capitolo XXVI
Li trajene
e la nazionale





Capitolo XXVII
La nazionale
ed il dialetto




Capitolo XXVIII
Li frastire
ed i venditori ambulanti




Capitolo XXIX
Quando la gente
parlava con gli animali




Capitolo XXX
Lu sciopere
de lu bosche
e le cantine sociali




Capitolo XXXI
La scoperta
del metano




Capitolo XXXII
La Brede (la SIV)





Capitolo XXXIII
La nascita
della Villa Comunale




Capitolo XXXIV
LA SIV
L'accensione
del 1° forno




Capitolo XXXV
Giorgio la Rocca
(lu rumuane)




Capitolo XXXVI
L'on. Aldo Moro
a San Salvo




Capitolo XXXVII
La fabbreche de le tavelàlle




Capitolo XXXVIII
Il profumo
del progresso




Capitolo XXXIX
La sirena
e le frasterézze




Capitolo XL
Il trofeo
San Rocco




Capitolo XLI
Pasquale Spinelli



Capitolo XLII
Umberto Agnelli
a SanSalvo




Capitolo XLIII
Scandalo al sole




Capitolo XLIV
Ma chi sarebbero
li salvanése