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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I forestieri a San Salvo

di Fernando Sparvieri


Un po' di storia locale raccontando personaggi










Capitolo 4

Lu camie de Masciulle



Ed a proposito di procaccia postale e di pustale (autocorriere), così scrive il maestro Evaristo Sparvieri, in uno dei suoi articoli per il giornalino locale 'La voce': "Il primo servizio automobilistico nella zona del vastese fu quello che, negli anni venti, collegava quotidianamente Palmoli con la stazione Ferroviaria di San Salvo. Il servizio era effettuato dalla Società Automobilistica denominata la “Palmolese” con sede sociale a Palmoli".

Palmoli, paese di San Valentino e di autisti.

Anche se il San Valentino palmolese, da quel che dicono, pare non sia affatto quello dell'amore, che la società dei consumi ci propina ininterrottamente dall'avvento della televisione commerciale, sicuramente fu l'amore a portare a San Salvo un autista di Palmoli, che passando con il camion su C.so Umberto I, che all'epoca si chiamava ancora S.da Provinciale Trignina, fece colpo su una bella ragazza del luogo, la quale udendo il rombo di un motore, cosa rarissima a quei tempi, si affacciò alla finestra, restando folgorata dal bel scioffer (autista: deriv. dal francese chauffer).

L'autista in questione si chiamava Michele Masciulli (1905-1981), e la dolce fanciulla Aurelia Cilli (1902-1992), figlia di Angelo (Zi' Angiliccie) e Giuseppina Coccia, famiglia sansalvese che abitava in una casa all'angolo tra C.so Umberto I e 1° Vico Umberto, dirimpetto all'orte de lu capitane (orto del capitano - attuale Piazza Papa Giovanni XXIII), che era il soprannome di Giuseppe Di Iorio.



E siccome, come nelle più belle favole d'amore, qualche anno dopo i due giovani si sposarono, andando ad abitare proprio in quella casa, non essendovi nelle vicinanze un po' di spazio per parcheggiare il suo automezzo, dove andava a posare il suo camion Michele?

Lì vicino, in piazza San Vitale, che prima che demolissero l'Arco della Terra e alcune case vecchie negli anni '60, un bel largo proprio non era, ma sicuramente vi era un po' di spazio per parcheggiare un camion.

A dire il vero più che un camion vero e proprio, si trattava di un camioncino. Non mi è dato di sapere di quale marca fosse, ma il suo colore era nu vusciacchie (grigio cenere), andava a gasogeno (combustione a legna) ed aveva i pneumatici pieni.

In realtà Michele ne era solo autista in quanto la proprietà era de lu cavalìre, del Cavalier Don Nicola Preta, di origine napoletana ma residente in Palmoli, gran possidente terriero e titolare della ditta edile che prima della guerra realizzò a San Salvo il palazzo scolastico a fianco alla Chiesa di San Giuseppe (1933) ed anche la vecchia caserma dei carabinieri in C.so Garibaldi (1947-49).



E lì, in piazza San Vitale, che all'epoca si chiamava Piazza del Municipio, essendovi una casa dove un tempo vi erano stati il Comune e la scuola elementare (che una notte venne distrutta da un incendio e sulle cui rovine poi ricostruirono il nuovo palazzo scolastico), successe un fatto che restò sempre un mistero, che mandò in bestia decine di casalinghe, con gli autori del misfatto rimasti per loro fortuna anonimi, i cui nomi mi accingo a svelare dopo settant'anni circa, non essendovi più pericolo di ritorsioni nei loro confronti.

Era quella l'epoca in cui le famiglie contadine spannàvene (stendevano per terra), per far asciugare al sole, all'aperto, il grano, i ceci, i fagioli, il mais (le grandénie) e naturalmente faciàvene la cunzérve (producevano salsa di pomodoro da conservare), che spalmavano sopra tavoli e sprenatìure (spianatoi), lasciati dinanzi le case durante il giorno.



Era un rituale annuale estivo in cui tutto il paese ad agosto si colorava di rosso.

E naturalmente anche la piazza.

Decine e decine di tavoli e sprenatiure, con la salsa spalmata sopra, venivano guardate a vista dalle casalinghe. Quelle che abitavano in piazza potevano considerarsi donne fortunate: potevano spánne la cunzerve lasciando i tavoli al sole dal mattino a sera, senza molto preoccuparsi dell'ombra che si determinava durante la giornata, con il girare del sole. L'unico guaio erano le mosche e qualche ape che attratte dal sapore dolciastro dei pomodori, vi z'appusávene (si posavano) sopra, affondando le zampine nella salsa, restandovi a volte imprigionate. Peggio ancora era canda feréve lu harbéne (quando spirava il vento di libeccio o garbino), che sollevava nuvole di polvere dalle strade in terra battuta, che ricadevano a folate sulla salsa, come pepe nero su una fetta di pane e marmellata di ciliege, facendo battere in ritirata le casalinghe, costrette a rientrare i tavoli.

Ebbene, lì', in una bella giornata di sole, con la piazza piena di tavoli di cunzérve, successe un fatto che a ripensarci oggi, come si dice a San Salvo, è 'na rése e nu chiande (fa ridere e piangere).

Michele, che come già detto era solito parcheggiare il suo automezzo nei pressi dell'Arco della Terra, in modo tale che al mattino, nelle giornate invernali, quando la batteria faceva le bizze, potesse avviarlo a folle, a motore spento, sfruttando la lieve pendenza verso la chiesa, mai avrebbe potuto immaginare che un bel o brutto giorno (dipende da come si vuole intendere la giornata), a mezzogiorno, mentre tutti erano nelle loro case a pranzare, tre bambini del luogo, che abitavano in piazza, e precisamente Mimì de Napulitane (Domenico Napolitano), Antonine Ciaralle (Antonino Fabrizio) e Pasqualino Cilli, salissero sul camioncino per gioco e iniziassero a mastreje' , cioè a toccare le varie leve dell'automezzo.

E qui successe che...il camioncino pian pianino cominciò a muoversi, in discesa, iniziando una folle corsa verso la chiesa, travolgendo decine di tavoli pieni di salsa, che rovinarono al suolo.

I bambini zumparéne gne grélle (saltarono fuori come grilli) dall'abitacolo e compiuto lu dammaje (il danno), se la diedero a gambe.

Nessuno li vide.

Vi lascio immaginare cosa successe subito dopo, quando le casalinghe, si accorsero del disastro: urla isteriche, imprecazioni, mani nei capelli.

Non si seppe mai chi furono i veri autori de lu ssuádatte (del misfatto).

I bambini impauriti, non raccontarono mai a nessuno la loro disavventura, temendo che a casa li avrebbero struppujte de mazzate (resi storpi per le botte ricevute).

A raccontarmi questo episodio fu mio zio Mimì Napolitano, settant'anni dopo il fattaccio, al quale scappavano ancora le lacrime per le risate, e mi venne confermato da Pasqualino Cilli, che tra il serio ed il faceto, quasi quasi a voler dimenticare l'increscioso episodio, mi raccontò di non averlo mai detto a nessuno, neppure da adulto ai suoi genitori, perchè tra i tavoli travolti vi erano anche quelli dei suoi.

Non mi è dato di sapere quale fu la reazione di Michele, quando lo mandarono a chiamare.

Una cosa è certa: il piccolo incidente non gli rovinò affatto la carriera di scioffer.

I sansalvesi, qualche anno più tardi, lo videro di nuovo alla guida di un camion: un ex automezzo militare, un GMC tre assi, con cabina senza sportelli, al cui posto vi erano due corde per non far cadere durante la marcia l'autista e il passeggero.

Anche questo camion non era suo. Era di proprietà della ditta MAGRELLI di Roma, che nel '48 realizzò le prime fognature e pavimentazione a San Salvo. Con questo camion, Michele, spesso e volentieri, la domenica, caricava sul cassone donne e bambini del vicinato e li portava al mare.

Camionista nato, Michele concluse la sua carriera di autista a tarda età, con due camion finalmente di proprietà: il primo fu un Super Taurus della OM, il suo orgoglio, adibito al trasporto per conto proprio di materiali edili, ferro, cemento, paglia e foraggi, avendo aperto un negozio, gestito insieme al suo secondogenito Mario (il primo era Nicola, il fabbro) di articoli per l'edilizia e non solo in C.so Garibaldi, ed il secondo un 642 FIAT, il camion più famoso negli anni '60, prodotto dalla fabbrica automobilistica torinese.

Sicuramente Michele Masciulli da Palmoli, uomo pacifico, silenzioso e gran lavoratore, è da considerarsi il primo autista per antonomasia di camion a San Salvo, quello rimasto per lungo tempo nella memoria collettiva degli anziani del paese.

Era di Palmoli, ma sansalvese in toto d'adozione. Continuò a vivere per molti anni in quella casa in C.so Umberto I, dove passando in gioventù con il suo camion, fece colpo su quella bella ragazza sansalvese, che udendo il rombo di un motore, si affacciò alla finestra, restando folgorata dal bel autista palmolese.

Da camionista esperto che era, continuò a parcheggiare i suoi camion vicino casa.

Il GMC militare, riconvertito a mezzo da trasporto dalla ditta Magrelli di Roma, lo parcheggiava nello spiazzetto dirimpetto al palazzo de Vito, mentre il Supertaurus, della OM, lo lasciava vicino alla bottega del sarto mastre Lueggie Firpe (mastro Luigi Di Iorio), dove oggi vi è il "mosaico", che a quei tempi nessuno immaginava fosse lì sepolto.

Entrambi i parcheggi erano in lieve discesa.

Un po' lontani dalla piazza, però.




NOTE:

  • L’attuale piazza Papa Giovanni XXIII, venne realizzata sul finire degli ’50, subito dopo la costruzione del Municipio. Per questo motivo, la sua denominazione originaria era Piazza Municipio. Prima, al suo posto vi era un orto, chiamato dai sansalvesi l’orte de lu capetáne (orto del capitano), soprannome di Giuseppe Fabrizio, che abitava in una casa a fianco al municipio, separata dal palazzo municipale dall'attuale Via Martiri d’Ungheria, chiamata anticamente dai sansalvesi Via del Ghiaccio, in quanto, nelle freddde giornate invernali, vi spirava un vento gelido che si incanalava da li’ Mburze, attuale via Orientale, all’epoca periferia del paese.
  • Negli anni '30, C.so Umberto I e C.so Garibaldi, pur essendo tra le strade cittadine più importanti del paese, erano parti integranti della S.P. Trignina, che iniziava al passaggio a livello, giù alla stazione, e passando per il centro, proseguiva verso i paesi dell'alto vastese. Al bivio de lu Vurriccie (zona rotonda di Via Montenero), la S.P. Trignina confluiva nella nazionale (S.S.16), risalendo sino alla curva a gomito tra Via Roma e C.so Umberto I. Da lì, proseguiva per un tratto in C.so Umberto I, per svoltare, all'altezza dell' l'Arco della Terra su C.so Garibaldi, inerpicandosi tra le colline, attraversando Montalfano, i bivi di Lentella, di Fresagrandinaria e Palmoli, per poi proseguire per Carunchio ecc. Per questo motivo era chiamata dai sansalvesi la ve' de Palmule (la Via di Palmoli ex S. P. Trignina).
  • Nel percorso della S.P. Trignina, esattamente nell'attuale Piazza Papa Giovanni XXIII, vi era nu termine (una segnaletica realizzato co un blocco di pietra) sul quale era scolpita la scritta 5 Km, che era la distanza esatta da San Salvo al passaggio a livello. L'altro blocco di pietra, indicante il Km. 6, era invece ubicato alla fine di C.so Garibaldi, quasi dirimpetto all'attuale via F.P. Tosti. Quest'ultimo "termine" diede il nome a quella zona di C.so Garibaldi, all'epoca quasi del tutto disabitata, che era chiamata per l'appunto "Lu Termene", in quanto, oltre a ad esservi ubicato quel segnale stradale, vi terminava a vi termina tuttora, a poche centinaia di metri, l'esiguo territorio di San Salvo, confinante con quelli dei Comuni di Vasto e di Cupello.


    pag.4

    dietro/avanti


    Un libro sul web

    MA CHI SAREBBERO

    LI SALVANESE

    I forestieri a San Salvo

    INDICE


    Capitolo I
    Introduzione
    I maestri di scuola



    Capitolo II
    I carabinieri
    e Nonsaccie




    Capitolo III
    da Gerardo D'Aloisio
    a Luegge Capaùne




    Capitolo IV
    Lu camie de Masciulle
    (Il camion di Masciulli)




    Capitolo V
    Giovanni Bassi
    e Valentini Bassi Venturini




    Capitolo VI
    Vincenzo Larcinese




    Capitolo VII
    Ninuccie
    lu panattire




    Capitolo VIII
    Lu macillare
    de Lentelle




    Capitolo IX
    Nine
    lu napuletane




    Capitolo X
    Franche lu 'nfurmire




    Capitolo XI
    Quei matrimoni d'altri tempi -
    La bella farmacista ed Erpinio Labrozzi




    Capitolo XII
    Quei matrimoni d'altri tempi -
    Il fidanzamento
    e a la spose




    Capitolo XIII
    Quei matrimoni d'altri tempi -
    Il fidanzamento
    e a la spose




    Capitolo XIV
    Erpinio Labrozzi e Maria Iole Di Nardo




    Capitolo XV
    (Fine prima Parte)


    Capitolo XVI
    Lu 'ngiugnìre
    Tommaso Papi



    Capitolo XVII
    La famiglia Ricca




    Capitolo XVIII
    la crisi degli artigiani




    Capitolo XIX
    Lu motore
    de le casuléne




    Capitolo XX
    Di Virgilio Nicola
    la léma sàrde




    Capitolo XXI
    Lu camie
    de Tinarìlle




    Capitolo XXII
    Angelo Di Biase
    (Biascille)


    Capitolo XXIII
    Li carrettire
    diventano camionis




    Capitolo XXIV
    Lu Jumme
    ed il pastificio de mastre Camélle e Marchàtte




    Capitolo XXV
    Adelme, Gelarde e Micchéle Cillène




    Capitolo XXVI
    Li trajene
    e la nazionale





    Capitolo XXVII
    La nazionale
    ed il dialetto




    Capitolo XXVIII
    Li frastire
    ed i venditori ambulanti




    Capitolo XXIX
    Quando la gente
    parlava con gli animali




    Capitolo XXX
    Lu sciopere
    de lu bosche
    e le cantine sociali




    Capitolo XXXI
    La scoperta
    del metano




    Capitolo XXXII
    La Brede (la SIV)





    Capitolo XXXIII
    La nascita
    della Villa Comunale




    Capitolo XXXIV
    LA SIV
    L'accensione
    del 1° forno




    Capitolo XXXV
    Giorgio la Rocca
    (lu rumuane)




    Capitolo XXXVI
    L'on. Aldo Moro
    a San Salvo




    Capitolo XXXVII
    La fabbreche de le tavelàlle




    Capitolo XXXVIII
    Il profumo
    del progresso




    Capitolo XXXIX
    La sirena
    e le frasterézze




    Capitolo XL
    Il trofeo
    San Rocco




    Capitolo XLI
    Pasquale Spinelli



    Capitolo XLII
    Umberto Agnelli
    a SanSalvo




    Capitolo XLIII
    Scandalo al sole




    Capitolo XLIV
    Ma chi sarebbero
    li salvanése