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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I forestieri a San Salvo

di Fernando Sparvieri

Un po' di storia locale raccontando personaggi









Capitolo XXI

Le prime società camionistiche

(Lu cámie de Tinarìlle)



Ma l'odore della benzina e dei carburanti in genere, non arrivò in quegli anni solo al naso di chi comprò nu motore agricolo per lavorarci conto terzi.

Singolare è la storia della prima società camionistica sansalvese, sorta appena dopo la guerra. La costituirono Zi’ Luégge Ciardéne (Luigi Di Stefano) e Uréste (Oreste) Cilli. Riaggiustarono anch'essi un camion bellico americano, un Dodge T110L, con un muso lungo, abbandonato durante la guerra nelle campagne dagli inglesi e si improvvisarono camionisti. Fu un'avventura. Questo camion beveva benzina più di un carro armato ed a San Salvo non vi era nessun distributore di carburante.


Camion bellico americano, un Dodge T110L


La volontà era tanta, ma l’economia locale era ancora da terzo mondo. Tanto per rendere l’idea si racconta che Ureste ritingesse i numeri della targa con la calce, non avendo a disposizione nemmeno un barattolino di smalto. Alla prima pioggia era tutto da rifare. Questa società si sciolse subito, come targa ridipinta con calce sotto l’acqua piovana.

Subito dopo, fu la volta di otto nostri antichi concittadini ad unirsi in società. Acquistarono un camion rosso, nu 22 (un FIAT 622), un evento eccezionale per quei tempi, che sbalordì letteralmente i sansalvesi.

I nomi dei soci erano verniciati tutti a stampatello sugli sportelli del camion.

La società era composta da Luigi Di Rito (Luegge Tinarìlle), commerciante di cereali e derrate alimentari, Virgilio Cilli (Virgilie Jnnarille), ex fabbro che dopo essere tornato dalla guerra, in cui era stato autista e carrista, si era messo a fare il gommista in un buchetto di casa in Via Roma, dove passava la S.S.16; Angelo Di Biase, detto Biascille, calzolaio; Nicola Artese, fratello di Don Secondo Artese, quest'ultimo proprietario e gestore di una centrale elettricità sul Trigno che serviva i Comuni di Fresagrandinaria, Lentella e San Salvo, nonché padre del futuro onorevole Vitale Artese; Vitale Tascone, calzolaio e suo fratello Rocco, contadino; Uarduccie de Remmechele (Edoardo De Francesco) macellaio, appartenente alla più famosa famiglia di beccai sansalvesi, e Vicoli Costantino, commerciante di gesso e calce.

L'idea di acquistare il camion era venuta in mente all'intraprendente Virgilio Cilli, il quale voleva creare una società di trasporti, tipo Forese. Per acquistarlo misero 200 mila lire a testa, fatta eccezione per Virgilio e Angelo di Biase, che parteciparono con 100 mila lire, essendo gli unici patentati e quindi avrebbero scumbattìte (pareggiato i conti), facendo li scioffer (gli autisti).

L'avventura cominciò, ma le cose non andarono come Virgilio pensava.

Le strade erano ancora in gran parte bianche e brecciate, e non era agevole guidare un camion che, come tutti gli altri, a quei tempi non era dotato di servosterzo. Virgilio, stanco di percorrere il tragitto San Salvo - Colle d’Anchise (CB), dove all’andata trasportava il grano ed al ritorno le patate, dopo qualche mese si defilò, ritornandosene nel suo negozietto di gommista in Via Roma, che aveva affidato temporaneamente, per precauzione, al fratello Rodolfo.

1947 - I locali in Via Roma di Virgilio Cilli ove, svolse l'attività di gommista prima di aprire una stazione di rifornimento carburanti.


Rimase come unico autista Angelo Di Biase, ma anch'egli non resistette a lungo. Già magro di natura, iniziò a dimagrire ogni giorno a vista d’occhio per il super lavoro a cui era sottoposto, e dopo qualche tempo abbondonò anch'egli la società, avendo altre idee per la testa.

Rimasti senza autisti, i rimanenti soci, ad uno ad uno, iniziarono a defilarsi.

Il camion, alla fine, venne rilevato solo da Lueggie Tinarìlle (Luigi Di Rito), ed è questo il motivo per cui viene ricordato nella memoria collettiva popolare come lu cámie de Tinarìlle.

Ma chi era questo Luigi Di Rito?

Luigi Di Rito, dette Tinarìlle per via del fatto che un suo antenato costruiva tini per la vendemmia, era uomo di ampie vedute e capacità imprenditoriali per l'epoca fuori dal comune. Commerciava principalmente prodotti agricoli ed era proprietario di nu trappéte (un frantoio) per la molitura delle olive in Via Gioberti. Non gli mancavano le idee.

Con il camion intraprese un'ampia attività di importazioni ed esportazioni per uso proprio e conto terzi, spingendosi sino a Roma, dove trasportava carni d'agnello, e a Milano, dove portava uva ed altri prodotti agricoli locali.

Nel corso della sua attività, assunse diversi autisti.

Il primo ad assumere fu Tumassine (Tommaso) Longhi, nativo di Fresagrandinaria, il quale, nonostante fosse analfabeta e quindi non sapesse né leggere e né scrivere, giungeva puntualmente alle destinazioni stabilite. Le sue mete principali erano Caserta e Napoli, dove all’andata trasportava cereali ed al ritorno prodotti agricoli della zona in cui era stato.

Dopo Tumassine, assunse sempre come autisti, in periodi diversi, i fratelli Michele Romondio e Nicola Romandia, originari di Pollutri, i quali sposarono rispettavamente le sansalvesi Cristinuccie (Cristina Piscicelli) e Lidia Ialacci, la sóre (sorella) de Vitarille, Angiuline, Ntonie e Selve Alaccie. I due autisti, pur essendo fratelli, avevano cognomi diversi (Romondio e Romandia), a causa di un errore dell’ufficiale dello Stato Civile del Comune di Rodi Garganico, in cui Michele era nato, che era anche il paese natio di suo padre Giuseppe, sposato con la scernese Concetta Grugnale.

Lu cámie de Tinarìlle era tutta una poesia.

Essendo l'unico camion del paese, spesso veniva usato per ogni evenienza, come quella volta che trasportò sul cassone la squadre de li studinte (la squadra degli studenti), una squadretta di calcio locale, chiamata così perchè molti di loro, in gran parte figli di benestanti, studiavano fuori e quando tornavano d'estate per le vacanze, giocavano a pallone. Andarono in trasferta a Montenero di Bisaccia, con la squadra rinforzata da coetanei di Vasto Marina, e vinsero 1 a 0. Al ritorno, sui primi tornanti per ridiscendere da Montenero, tutti seduti sul cassone insieme ad un gruppo di giovani tifosi, vennero presi a pretate (a pietrate) ed alcuni di loro tornarono a casa nghe le cóccie ritte (con le teste rotte).

Famoso, invece, resta il viaggio di questo camion a San Giovanni Rotondo, in pellegrinaggio a Padre Pio.

Il camion partì alle tre del mattino con a bordo una ventina di sansalvesi, uomini e donne, seduti su tavoloni installati sulle sponde del cassone. Faceva freddo. Per questo motivo fecero viaggiare in cabina alcuni bambini. Prima ed unica sosta a San Marco in Lamis, dove Tumuassine, essendo analfabeta, chiese ad un bambino di leggergli le insegne stradali e quanti chilometri mancassero ancora per il convento di Padre Pio.

Quel bambino era Ennio Di Pierro, che ricordando quel viaggio, mi ha confidato, non senza commozione ed orgoglio, che quel giorno resterà per sempre indelebile nella sua memoria, in quanto Padre Pio, appena lo vide, lo prese per mano, facenneje serve' la màsse (facendogli fare il chierichetto).

Ma il camion di Tinarìlle, non era solo il "pulman" ufficiale della squadra di calcio locale e dei pellegrinaggi a Padre Pio.

Era sopratutto il camion dei santi.

Nel '48, infatti, durante le famose processioni nelle infuocate campagne elettorali che contrapposero democristiani e comunisti, ebbe l’onore di trasportare la Madonne de lu Casale dall'omonimo Santuario della Madonna dei Miracoli di Casalbordino sino a San Salvo. Le andarono incontro i fedeli in processione, percorrendo a piedi la nazionale, verso Vasto.

Si racconta che al suo arrivo le femmenàlle (le donne del popolino) l'accolsero tra canti e grida di giubilo, esclamando alla fine di ogni canzone: “Evviva la Madonna! Vita! Vita! Vita!”.

Da qui nacque il detto popolare, tra il ringraziamento e lo sfottò, che diceva: “Se ne ere pe’ Lueggie De Rite, ‘nze cantave lu vite a vita”(se non era per Luigi Di Rito, non si sarebbe cantato il vita vita).

Lu camie de Tinarille


Nel '57 fu la volta del nostro San Vitale a 'ngegna' (a provare per la prima volta), lu cámie de Tinarílle.

Ero un bambino, ma ricordo quel giorno come fosse oggi.

Lo portarono con il camion all'inaugurazione della chiesetta de lu mátte Cardàune, in territorio vastese, intitolata alla Madonna Immacolata ed a San Francesco d’Assisi, ubicata a circa metà strada tra Vasto e San Salvo. Ad accompagnarLo, oltre a Don Cirillo, andò mezzo paese a piedi e naturalmente andarono anche molti fedeli vastesi.

Non fu una scampagnata felice quella per il nostro San Vitale: si ritrovò con una ferita lacero contusa alla testa, cagionata da una pietra.

Naturalmente, non avendogliela potuta tirare in testa i sansalvesi, chi potevano essere stati?

La pietra dello scandalo fu vastese.

Infatti, anche se non si seppe mai per certo chi glie la ruppe e se gli si ruppe davvero, per i sansalvesi glie la ruppero eccome, e furono loro: i vastesi.


San Vitale al ritorno dalla Chiesetta de lu mátte Cardaune, in territorio di Vasto. Sullo sfondo si intravede lu cámie de Tinarìlle.


Se questo presunto incidente a San Vitale , fu premonitore di futuri guai a questo camion, è difficile dirlo.

Fatto sta che il trasporto delle statue dei santi, nonostante tutte le benedizioni ricevute, non lo preservò da un brutto incidente. Successe che un triste giorno, mentre alla sua guida vi era Alfredo, il giovane figlio di Luigi, durante una manovra per immettersi da C.so Garibaldi in Via Gioberti, investì in retromarcia, non vedendolo, Zi’ Vetale Turluncille (Vitale Napolitano) che stava seduto a prendere un po’ di sole sul marciapiede dinanzi casa. Non vi fu nulla dare. Zi’ Vitale morì all’istante. Ad Alfredo venne ritirata la patente e fu in quel periodo che Luigi assunse come autista Nicola Romandia.

Le disgrazie, purtroppo, come spesso accade nella vita, non giungono mai da sole.

Non trascorse tempo infatti, che l’attività di Luigi Di Rito, divenuto ricco ed avviato commerciante, per quei tempi, una vera potenza economica locale, probabilmente complice anche l'incidente, cominciò a vacillare, anche a causa, da quel che si dice, di una vita familiare alquanto dispendiosa, che contribuì a porre fine ad un mezzo impero finanziario, che egli era riuscito a costruire con le sue sole forze, grazie alla sua innata dote di intraprenditore.

Fioravante D’Acciaro, parlandomi di Luegge Tinarìlle, mi ha detto: “Era un grande, per quei tempi. Un grande imprenditore”.

Una cosa tuttavia è certa.

Nella sua attività era persona molto generosa, capace di gesti d'altruismo verso persone meno abbienti.

Sicuramente fu persona molto attiva, un vero esempio di antica imprenditorialità locale.

NOTE:

Vitale Tascone, dopo essere uscito dalla società del camion de Tinarìlle, qualche anno dopo aprì un negozio di fornelli, stufe, biciclette e bombole di gas in C.so Garibaldi

La prima pompa di benzina a San Salvo (Esso), di cui ne era gestore nel periodo fascista Mastre Pìtre (Pietro) Marzocchetti, calzolaio, era ubicata sul marciapiede all'inizio di C.so Garibaldi, angolo di Via Fontana, ed era in grado di erogare, dopo aver girato una manovella, un litro di carburante alla volta. Avendo una forma che ricordava un fantoccio, i sansalvesi lo chiamavano lu mammoccie de la benzéne (il fantoccio della benzina).

La chiesetta de lu màtte Cardaune, intitolata alla Madonna Immacolata e a San Francesco d’Assisi, la cui la prima pietra venne posta il 14 marzo 1954, era posta, sulla vecchia nazionale, quasi a metà strada tra Vasto e San Salvo, in prossimità del bivio che riconduce verso San Salvo Marina, nella zona del torrente Buonanotte. La chiesetta venne demolita sul finire degli anni ‘60 perché divenuta fatiscente. Molti sostengono che non vi fu volontà di restaurla in quanto la sua ubicazione era troppo vicina al tracciato dell’allora costruenda autostrada, che ne decretò la demolizione.

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dietro/avanti


Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO

LI SALVANESE

I forestieri a San Salvo

INDICE


Capitolo I
Introduzione
I maestri di scuola



Capitolo II
I carabinieri
e Nonsaccie




Capitolo III
da Gerardo D'Aloisio
a Luegge Capaùne




Capitolo IV
Lu camie de Masciulle
(Il camion di Masciulli)




Capitolo V
Giovanni Bassi
e Valentini Bassi Venturini




Capitolo VI
Vincenzo Larcinese




Capitolo VII
Ninuccie
lu panattire




Capitolo VIII
Lu macillare
de Lentelle




Capitolo IX
Nine
lu napuletane




Capitolo X
Franche lu 'nfurmire




Capitolo XI
Quei matrimoni d'altri tempi -
La bella farmacista ed Erpinio Labrozzi




Capitolo XII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIV
Erpinio Labrozzi e Maria Iole Di Nardo




Capitolo XV
(Fine prima Parte)


Capitolo XVI
Lu 'ngiugnìre
Tommaso Papi



Capitolo XVII
La famiglia Ricca




Capitolo XVIII
la crisi degli artigiani




Capitolo XIX
Lu motore
de le casuléne




Capitolo XX
Di Virgilio Nicola
la léma sàrde




Capitolo XXI
Lu camie
de Tinarìlle




Capitolo XXII
Angelo Di Biase
(Biascille)


Capitolo XXIII
Li carrettire
diventano camionis




Capitolo XXIV
Lu Jumme
ed il pastificio de mastre Camélle e Marchàtte




Capitolo XXV
Adelme, Gelarde e Micchéle Cillène




Capitolo XXVI
Li trajene
e la nazionale





Capitolo XXVII
La nazionale
ed il dialetto




Capitolo XXVIII
Li frastire
ed i venditori ambulanti




Capitolo XXIX
Quando la gente
parlava con gli animali




Capitolo XXX
Lu sciopere
de lu bosche
e le cantine sociali




Capitolo XXXI
La scoperta
del metano




Capitolo XXXII
La Brede (la SIV)





Capitolo XXXIII
La nascita
della Villa Comunale




Capitolo XXXIV
LA SIV
L'accensione
del 1° forno




Capitolo XXXV
Giorgio la Rocca
(lu rumuane)




Capitolo XXXVI
L'on. Aldo Moro
a San Salvo




Capitolo XXXVII
La fabbreche de le tavelàlle




Capitolo XXXVIII
Il profumo
del progresso




Capitolo XXXIX
La sirena
e le frasterézze




Capitolo XL
Il trofeo
San Rocco




Capitolo XLI
Pasquale Spinelli



Capitolo XLII
Umberto Agnelli
a SanSalvo




Capitolo XLIII
Scandalo al sole




Capitolo XLIV
Ma chi sarebbero
li salvanése