(Una storia d'amare)
Correva l'anno 1965 ed anche San
Salvo finalmente si era messa a correre.
Correvano le automobili sulla litoranea, dove Virgilio Cilli
nel 1964 aveva aperto una moderna stazione di servizio Agip,
correvano sui binari
a la staziàune (alla stazione
ferroviaria) le prime locomotive elettriche, che da qualche
anno avevano sostituito i treni a carbone, correvano gli
operai della SIV che proprio in quell'anno aveva aperto i
battenti, correvano per tornare a casa giovani emigranti con
la speranza di un posto di lavoro, insomma correvano un po'
tutti a San Salvo, insieme all'Italia, che dopo lungo torpore,
con il boom economico di quegli anni, sembrava essersi
finalmente destata.
Chi dormiva sonni profondi, o meglio correva pianissimo, era
ancora il nostro mare, nonostante il lungomare.
Il lungomare! Croce e delizia.
Da qualche anno in costruzione, con il suo muro in mattoni ed
il fondo stradale bianco e brecciato, sembrava una ferita,
lunga un chilometro, alla vegetazione selvaggia, un'
incompiuta perenne nel deserto.
Non era facile arrivarvi. Un viottolo battuto sulla sabbia
(attuale Via. A. Doria), era l'unica stradina per giungervi e
dopo circa 700 metri di selvaggio arenile, giunti più su, dopo
una folta ed inestricabile pineta, che la Forestale aveva
piantato, decretando per sempre la vicinanza della
costruenda strada alla riva, finalmente il lungomare, che si
rialzava all'improvviso dal livello del mare, da cui si
sgorgeva in solitario il barretto in mattoni di zio Emilio Del
Villano.
Più in lontananza, ma solo d'estate, si intravvedevano i
casotti di
Za' Vetaléne Torricella e ancor più giù,
tra lo sfarfallio dell'aria al sole, la baracca delle monache,
che qualcuno ogni anno montava, per riparare, le suore ed i
bambini della colonia, dal sole che
'ntunuáve (che
picchiava).
Vista del lungomare, ancora in corso di realizzazione. Il
primo tratto partiva dalla pineta della forestale e si
concludeva alla piazza in fondo (attuale zona dello
stabilimento balneare LA CARAVELLA) . In primo piano ,
sulla sinistra, alcuni casotti de Za' Vetalene
Torricella e sullo sfondo la baracca delle monache per la
colonia.
Bambini sansalvesi alla colonia marina delle suore. In
primo piano la bellissima suor Rosa, molto ammirata dai
sansalvesi.
L'imbocco del lungomare in costruzione, nel tratto in cui
saliva di qualche metro dal livello del mare, per renderlo
sopraelevato. Il lungomare venne realizzato prima di Via
Arenile, oggi Via A. Doria, che all'epoca, come già
scritto, era ancora una stradina in sabbia battuta, a
livello del mare. A destra si intravedono kil chiosco di
Emilio Del Villano con la bandiera italiana sul tetto,
appena ricostruita dopo l'ennesima mareggiata, i due
casotti dei maestri Ugo Marzocchetti e Aldo Germani e due
auto: la FIAT 500 di Emilio Del Villano ed il 1100 nero
FIAT del maestro Ugo Marzocchetti.
ANNO 1964 - La stagione di servizio AGIP del Cav.
Virgilio Cilli, realizzata sull'arenile, aperta quasi in
contemporanea con l'inaugurazione del tratto di S.S. 16
S.Salvo - Punta Penna di Vasto. Nella foto a destra, non
visibile, vicino alla Masseria, vi era il viottolo sulla
sabbia battuta (oggi Via A. Doria), che declinava in pochi
metri a livello del mare, che conduceva al 1° tratto del
lungomare per molti anni rimasto brecciato in fase di
ultimazione.
Quanta desolazione in quel mare.
Non vi era un solo palazzo nel raggio di chilometri, una sola
luce a squarciarne il buio pesto della notte.
Solo la luna.
E che luna!
Ma chi andava a guardarla quella luna!
Nessuno.
All'imbrunire, tutti a casa.
A Vasto Marina, invece era diverso.
Vi erano le villette signorili, la chiesetta di Stella Maris,
il lungomare con le sue case, negozi e negozietti, alcuni
alberghi, il mercato ittico, il pontile ed una bellissima
spiaggia da far invidia a località turistiche molto più
famose, come Rimini e Riccione, in cui tutti i giovani
sognavano di andare a far conquiste. La sera si ballava al
Dancing da Mimì con cantanti ed ospiti che conoscevamo per
averli visti in bianco e nero in televisione, si organizzavano
gare di complessi beat a la Ciucculella, insomma Vasto Marina
stava avanti anni luce ed era tutto un altro pianeta.
Checché se ne dica, vi era un abisso, incolmabile in quel
periodo, tra le due spiagge e non solo.
Nonostante noi sansalvesi avessimo forse la spiaggia più larga
e più lunga del mondo, 2 Km di lunghezza e quasi un chilometro
di larghezza, pagavamo ancora lo scotto di una secolare
mentalità contadina, di un'atavica ritrosia nei confronti del
mare, al contrario dei vastesi, che da sempre, con i
pescatori, avevano avuto un rapporto diretto e d'amore con il
loro mare.
La spiaggia di Vasto Marina nei primi anni '60 -In primo
piano "La rotonda sul mare "Dancing da Mimì". Sullo sfondo
l'immenso arenile di San Salvo ancora ricoperto da
vegetazione selvatica.
San Salvo Marina non c'era, proprio non esisteva.
Nessuno, infatti, si sarebbe mai sognato, all'epoca, di
chiamarla con questo nome. Si chiamava
a lu muàre (al
mare) e basta. Prima del mare, nel senso d'orientamento dei
sansalvesi, c'era
la staziàune (la stazione
ferrovaria) e poi, passato il passaggio a livello,
lu
muáre (il mare), con le sue terre aride e sabbiose
(C.da Marinelle), che negli anni '30, ancor prima dei terreni
del Bosco Motticce, erano state date in enfiteusi dal Comune
ai contadini, che non avevano capito un accidenti del valore
futuro di quella sabbia e ne avevano ceduto il possesso ad
altri venuti da fuori, che già da allora avevano l'occhio
lungo (è lunga e complessa la storia di San Salvo Marina).
In un contesto sociale, economico e culturale appena
descritto, in cui nessun altro sansalvese, ad eccezione di zio
Emilio e
za' Vetalene, avrebbe avuto il coraggio di
scommettere una sola lira sul futuro del nostro mare, ecco un
bel giorno arrivare una giovane coppia di sposi, forestieri,
che scriveranno un'altra pagina indelebile della storia della
nostra marina.
I due giovani si chiamavano Nicola Scafetta e Gilda Smargiassi
e guarda caso, erano vastesi.
Lui, Nicola, era un bel ragazzo, con un fisico armonico ed i
muscoli giusti. Gilda, invece, era semplicemente bellissima,
una specie di Venere bruna, sbarcata per caso sulla nostra
spiaggia.
Si erano giurati eterno amore quand'ella aveva compiuto sedici
anni appena e da allora avevano deciso di navigare insieme nel
mare della vita.
Ed il mare della loro vita, il mare in cui avrebbero trascorso
insieme gli anni più belli della loro gioventù, era il nostro
mare, che il destino, a loro insaputa, aveva loro riservato in
sorte, e che da quel giorno sarebbe divenuto per sempre, per
l'eternita, il loro mare.
La storia di Nicola e Gilda, giovani pionieri del nostro mare,
inizia più o meno così.
Un giorno,
Zi' Fióre, noto balneatore vastese, si recò
nella bottega di Nicola, che faceva il falegname, ordinandogli
di costruirgli dei casotti. Nicola, entusiasta per la
commissione, si mise al lavoro e "casotti casotti" facendo,
forse perché così gli disse la testa o perché così aveva
deciso il destino, ne realizzò cinque in più.
Grande fu la sua delusione quando si rese conto che a Vasto
li
púste (i posti spiaggia)
ze l’avévene già tutte
carnijte (se li erano già tutti accaparrati - deriv. da
carne sbranata come lupi famelici).
"
E mo’ ‘ndo vi?" (E adesso dove andrai?), gli disse
Gilda in dialetto vastese, parafrasando il famoso cartello che
era apparso nel 1959 in diretta televisiva RAI da Piazza
Rossetti, in occasione della memorabile sfida a “Campanile
sera” tra Vasto e Mondovì (TO), vinta dai vastesi.
Nicola, le rispose:
"Me ne vaje a Sante Salve,
addo’
ci sta tutte lu láreche che vu!" (Me ne andrò al mare di
San Salvo dove c’è tutto il largo che vuoi).
“
Ma ti si sciminàte!”, gli rispose Gilda, “
A léche è
nu duserte!” (Ma sei diventato pazzo! Lì e un deserto!).
“
Tu 'nti ni ‘ncarica'! Ci penze jàje” (Tu non
preoccuparti! Ci penserò io), concluse Nicola.
E Nicola ci penso davvero. Tornò in bottega, realizzò un
chiosco per il bar, che aggiunse ai cinque casotti che già
aveva, e l'estate successiva, con un camioncino carico di
sogni e di speranza, approdò al nostro mare.
Chiamò la sua creatura IL GAMBERO.
La sua ubicazione? Tra Zio Emilio e
Za' Vetalene.
Nicola e Gilda seduti dinanzi al chiosco bar del"Il
Gambero".alle loro spalle il bancone: una finestra sul
mare.
Non so quale fu la reazione di Zio Emilio e de
Za'
Vetaléne, i nostri due unici balneatori, all'arrivo di
quel camioncino, ma immagino che una certa apprensione
iniziale in loro si determinò.
Il fatto che Nicola, avesse il bar, così come l'aveva zio
Emilio, e contemporaneamente affittasse anche i casotti, così
come li affittava
Za' Vetaléne, probabilmente un certo
timore concorrenziale nei due, almeno all'inizio, lo provocò.
"
Tante!", forse pensava Zio Emilio, che vendeva una
diecina di birre, quattro aranciate e tre gazzose al giorno, "
Li clijnd'a mi' è tutte salvanése. E chi vo' fa'!!!"
(Tanto! I miei clienti sono tutti salsalvanesi. Cosa vuoi che
faccia!"
"
Tante!", forse pensava Za' Vetalene, che riusciva ad
affittare i casotti solo ai signori del paese,
"li
signiure a stu pajase z'è finìute. E chi vo' fa'!!!"
(Tanto! I signori del paese sono finiti. Cosa vuoi che
faccia!")
Ed invece Nicola fece.
Anzi, fece talmente in fretta che non ebbe il tempo manco di
posarli sulla sabbia quei casotti, che subito li affittò.
Ma chi erano questi suoi clienti, che, come si dice a San
Salvo, non gli fecero dire
manghe Gisì (non
gli fecero esclamare neanche Gesù), nel senso che non gli
fecero neppur aprir bocca?
Erano li
tuschuéne (i toscani), operai specializzati
nel settore vetrario che si erano trasferiti proprio in quel
periodo a San Salvo, dalla Saint Gobain di Pisa, per
lavorarare alla SIV.
A riempire il bar, invece, ci pensarono subito i giovani, che
arrivarono come cavallette, attratti dalla novità e dal
profumo di gioventù.
E come dar loro torto.
Era davvero un gioiello IL GAMBERO, piccolo ma carino.
Il chiosco era come una finestra che si affacciava sul mare,
con il davanzale che fungeva da bancone, sul quale la
bellissima Gilda, poggiava le bibite per i clienti. A darle
una mano, dietro il bancone, vi era Grazia, sua sorella
minore, che in fatto di grazia era più graziosa del suo nome
ed ogni tanto arrivava Tonino, il fratello di Nicola, un
ragazzo alto e biondo, che in fatto di bellezza, naturalmente
maschile, era anch’egli un bel campione.
A destra Grazia, sorella di Gilda. Al suo fianco Tonino,
fratello di Nicola.
Per dargli un tocco di classe, Nicola gli aveva appeso
du'
násse (due nasse in giungo), che pendevano dalla
copertura
de cannézze (cannuccie) del portichetto
anteriore, che conferiva al chioschetto l’aspetto di una
casetta da pescatore.
L’ allegria dei giovani e la presenza dei toscani, che
parlavano in italiano, o almeno così pareva, iniziò a far
mutare, soprattutto nei ragazzi, il modo di trascorrere il
tempo al mare. Qualche giovane iniziò addirittura
a
spizzichije’ (a non parlare più in dialetto), e tutti
insieme, in sintonia anche con i primi programmi della RAI,
che proprio in quegli anni trasmetteva “Giochi senza
frontiere" in eurovisione, iniziarono a divertirsi in giochi
di gruppo, tra cui la mitica “Caccia al Tesoro”, che divenne
per certi versi un vero tormentone.
Nicola, intanto, non è che se ne stava lì con le mani in mano,
anzi. Era lui che aveva in mano tutta l’organizzazione e
provvedeva anche alla manutenzione.
Solo ogni tanto si concedeva una distrazione, colpa di una sua
antica passione.
Ogni tanto, lasciava
barrácche e burattàjne (baracca e
burattini), e
jav’acchiappa’ li cannille (se ne andava
per cannolicchi), per i quali nutriva una grande predilezione.
Insomma, con l'arrivo dei toscani, che affittarono i cinque
casotti di Nicola, l’allegria dei giovani, e la presenza
costante di Gilda e Grazia dietro il bancone, quello spicchio
d'arenile iniziò a mutare volto. Era come se non si stesse più
al mare di San Salvo, ma in un'altra dimensione. Sembrava di
stare a Viareggio o a Lido di Camaiore, come se in quella
spiaggia, ancora semideserta, non vi fosse più desolazione.
Nicola mentre effettua operazioni di pulizia
dell'arenile.
Ma alla desolazione stava per aggiungersi la disperazione.
Un fenomeno imprevedibile, inimmaginabile, si stava lentamente
impossessando del nostro mare: l'erosione marina.
Il mare incominciò a mangiarsi metri e metri di spiaggia ed un
giorno le onde si infransero contro il lungomare.
Il lungomare!
Croce e delizia.
Con tutto lo spazio che c'era, era stato realizzato proprio
lì, a due passi dal mare.
Intanto, alle sue spalle erano sorti i primi palazzoni, poi
altri, e poi altri ancora.
Centinaia di lampioni offuscavano di notte il chiarore della
luna ed anche il lungomare era stato prolungato sino
a lu
mare de Nascie (a Buonanotte), dove un tempo andavano
a
fa li bagne (al mare) solo
li cafùne (solo i
contadini).
Era trascorso più di un decennio e tutto era mutato, anche il
volto di Nicola, che qualche ruga aveva segnato.
Un giorno le onde lambirono IL GAMBERO.
Era tempo di migrare.
"E mo’ ‘ndo vi?" (E adesso dove andrai?), gli disse
Gilda.
"
Me ne vajè chiu' mmànte, a li Nereidi, addo' ci sta chiù
láreche e faccie 'na chése grósse grósse"
(Me ne andrò più sopra, alle Nereidi, dove c'è più spiaggia e
realizzerò una struttura molto più grande), le rispose Nicola.
“
Ma ti si sciminàte!!!” (ma sei diventato pazzo),
l'ammonì Gilda in dialetto vastese “
a elle ci vo' na
váreche de quatráine!!” (lì ci vorrà una barca di
denaro).
“
Tu 'nti ni ‘ncarica'! Ci penze jàje” (Tu non
incaricartene, ci penserò io), concluse Nicola.
E anche questa volta ci pensò Nicola.
Fu così che Nicola, così come già aveva fatto zio Emilio
qualche anno prima, che aveva dovuto abbandonare in tutta
fretta il suo barretto invaso dalle onde, emigrando più a nord
per costruire la sua Caravella, se ne andò anch'egli, ancora
più a nord, vicino alle NEREIDI, dove vi era più arenile, per
coronare un altro suo sogno: l' HAPPY DAIS.
HAPPY DAYS, lo stabilimento balneare realizzato nel 1978
da Nicola Scafetta.
Eh... sì... sono davvero lontani i tempi in cui quel ragazzo
vastese, carico di sogni, casotti e gioventù, arrivò
a lu
muáre de Sante Salve (al mare di San Salvo), perché
c'era tutto il largo che voleva.
Oggi, ringraziando Iddio, sotto gli ombrelloni
stame gne'
sardélle (stiamo come sardine),
e ze
spréchene frastíre e bancarélle (ed è pieno di turisti
e bancarelle).
La notte
ze cante e ze sóne (si canta e si suona) e
pare
da sta' a Rimene o a Riccióne (sembra di stare a Rimini
o a Riccione.
Canda è belle lu muàre de Sante Salve me!!! (Quanto è
bello il mare della mia San Salvo).
A me... però... sarà che sono un sognatore, mi è rimasto un
chioschetto, nell'anima e nel cuore, una specie di casetta di
un pescatore.
Lo conservo, lì, in un angolo del mio cuore... come un antico
quadretto d'autore.
Nicola Scafetta seduto dinanzi al suo "Il GAMBERO".
San Salvo 11/8/2016