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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri

Sfogliando pagine ingiallite dal tempo, ho incontrato mio padre.
Fernando Sparvieri

Sopr'a 'na culline tra li fiure
se trove stu paese 'ncantate,
sciabbindette chi ci l'ha piantate
loche chiù belle 'n pute' truvà.
Evaristo Sparvieri


LA SOMMOSSA PER IL RISO
di Evaristo Sparvieri



Lo sapevi che a San Salvo, nel 1930, ci fu una sommossa popolare ?

I fatti andarono in questa maniera: verso la fine degli anni venti, il Comune, retto dal Podestà, diede in affitto, ad una Società dell’Alta Italia, una sua estensione di terreno in contrada “Prato”, che detta Società, utilizzava per la coltivazione del riso.

La “risaia” veniva alimentata delle acque del fiume Trigno, per mezzo del cosiddetto “formale” che, dopo aver azionata la ruota del Mulino Pantanella, andavano a sfociare nel Mare Adriatico.

All’ inizio tutto sembrava procedere regolarmente, ma poi le cose ebbero uno sviluppo deleterio: la risaia, con le sue acque limacciose e malsane, risultò molto dannosa per la salute pubblica: le zanzare “anofele” infestarono la zona e la “febbre malarica” colpì, inesorabilmente, centinaia di cittadini, con grave disagio, specie per l’economia agricola, che vedeva molti addetti ai lavori dei campi, essere impediti dalla terribile malattia.

Le reiterate lamentele e proteste, da parte dei cittadini sansalvesi, perché tale stato di cose venisse a cessare, rimasero sempre “lettera morta”: il riso continuava ad essere regolarmete coltivato, e la non curanza, da parte dei diretti responsabili, superava ogni limite di sopportazione.

Ma siccome la pazienza non è illimitata, il giorno 30 Marzo dell’anno 1930 un nutrito drappello di cittadini, pervaso dal nobile sentimento di giustizia, e con alla testa la Bandiera Tricolore, si recò sul posto dove il “ formale” alimentava la risaia, e con rudimentali attrezzi, adatti allo scopo, ruppero l’argine del formale stesso, deviando le acque alla volta del fiume Trigno, a completo danno della superficie coltivata a riso.

La reazione delle Autorità, a questo punto, fu immediata e rabbiosa: vennero fatti affluire a San Salvo i Carabinieri di Vasto e di Cupello, e, nella serata dello stesso giorno, tutti i partecipanti alla coraggiosa impresa, vennero arrestati e condotti direttamente al Carcere mandamentale di Lanciano.

La domenica successiva, e precisamente il giorno sei aprile, il popolo, ritenendo tale azione come affronto ad una volontà giusta e sacrosanta, scese in piazza, chiedendo la subitanea scarcerazione dei loro concittadini, e le dimissione del Podestà: ritenuto il principale responsabile di quanto, incresciosamente, stava accadendo.

Il Commissario Prefettizio, giunto espressamente da Chieti, rilevando l’alto stato di tensione popolare, per ripristinare la calma, annunciò, pubblicamente, le avvenute dimissioni del Podestà, ed assunse, egli stesso, la carica provvisoria di Capo del Comune di San Salvo.

A sera, tutto era tornato alla normalità, e gli animi erano piuttosto soddisfatti e tranquilli: sembrava non esservi alcun timore di conseguenziali azioni punitive nei confronti dei manifestanti, anche perché il Commissario, nel suo discorso alla folla, dalla balconata del Municipio, così aveva, solennemente dichiarato, promesso e assicurato.

Ma durante la notte, avveniva la sorpresa: avvenne ciò che, qualcuno, giustamente e scherzosamente, paragonò alla leggenda del “cavallo di Troia”.

Difatti, mentre tutti (come i Troiani di omerica memoria) erano, pacificamente, immersi nel sonno, in attesa di una nuova alba, tranquilla e serena, un centinaio di Carabinieri, (fatti pervenire anche da Chieti, Lanciano e Pescara), fecero irruzione, quasi in tutte le abitazioni, ammanettando, sotto gli occhi esterrefatti ed impauriti di donne e bambini, numerosi cittadini, convogliando, pur essi, alla volta del carcere di Lanciano, ricongiungendoli a quei loro concittadini, incarcerati una settimana prima.

Lo sdegno fu generale ed unanime: principalmente per il modo crudele, incivile ed irresponsabile, di come è stata condotta la vile azione.

I”Carcerati” (così venivano chiamati per antonomasia), vennero messi in libertà il giorno 20 Aprile : era una bellissima giornata di sole: era la Pasqua del Signore.

Evaristo Sparvieri