www.sansalvoantica.it


Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I racconti di Fernando Sparvieri



Un po' di storia locale raccontando personaggi










I Prepotenti
(Una storia magnifica)

di Fernando Sparvieri

All’improvviso il suono di una chitarra elettrica sferzò l’aere. Era un suono nuovo, mai udito prima e proveniva dalla bottega di Mastro Vito Di Petta, il giovane barbiere che aveva aperto un salone, anche se era un buchetto (m.2,50 x 3.60), in Via Roma, ubicato tra i Bar di Biondo e di Emilie Filicille, proprio dietro la pompa di benzina Agip del Cav. Cilli Virgilio.

Il suono di quella prima chitarra elettrica, un’ EKO bianca madreperlata, collegata ad un minuscolo amplificatore di appena 5 watt, che Mastro Vito orgoglioso mostrava agli increduli astanti, creò in me, chitarrista in erba, sensazioni irrepetibili, proiettandomi immediatamente verso una nuova dimensione musicale, sino ad allora sconosciuta, che era un frammisto di magia e stupore.

Ciò che mi colpì, al di là dell’inverosimile volume sonoro, fu il fatto che quello strumento, dalla conformazione un po' marziana, ma nel contempo familiare, lo si poteva suonare con la stessa tecnica della chitarra acustica, stessa accordatura (mi-si-sol-re-la mi), stessi accordi, solo che, a differenza della chitarra tradizionale, era in grado di produrre sonorità senza precedenti, rivoluzionarie, sbalorditive e quindi stupefacenti.

La prima chitarra elettrica sansalvese di Mastro Vito (1963)


Ebbi subito la sensazione che quella evoluzione moderna della chitarra, ideata qualche decennio prima negli USA e giunta ora dentro il salone di Mastro Vito Di Petta, avrebbe decretato la fine di un’epoca musicale e aperto nuovi orizzonti nel panorama nazional-popolare della canzone, sino ad allora appannaggio esclusivo della musica melodica e romantica.

Non trascorse tempo, infatti, che la moda della chitarra elettrica divenne un fenomeno di massa in Italia e nel mondo, un’ indifferibile esigenza musicale, capace di contagiare un’intera generazione di nuovi talenti, che diedero vita al fenomeno dei complessi musicali beat degli '60.

Ed anche i giovani di San Salvo, ne rimasero contagiati.

In quel tempo, eravamo nei primi mesi del '63 e nonostante fosse nell'aria l'arrivo della SIV, San Salvo era ancora un paesino sperduto tra il mare e la campagna e gli unici luoghi in cui si poteva ascoltare musica dal vivo, prodotta per lo più da chitarre e mandolini, erano ancora i saloni dei barbieri. Non esistevano negozi di strumenti musicali e qualche chitarra la si mandava a prendere all’Estudiantina, famosa fabbrica liutaia catanese. Se si spezzava qualche corda era un dramma e la soluzione, quando era possibile, era argnàngnele (ricongiungere la corda con un nodo). I pochi chitarristi, per lo più tutti anziani, autodidatti e con scarsa preparazione, si limitavano a strimbellare con i famosi tre famosi accordi di tonica, dominante e sottodominante, che i nonni orgogliosamente chiamavano la 1ª, la 2ª, e la 3ª. Solo qualcuno, che si sentiva un professore, infilava anche la 4ª e la 5ª che erano formati dagli accordi di sopradominante settima e sopratonica minore.

L’arrivo della prima chitarra elettrica di Mastro Vito segnò quindi una svolta epocale, un nuovo modo di concepire la musica e di suonare da parte delle nuove generazioni sansalvesi, che di pari passo con la crescita economica e sociale dell’Italia degli anni '60, scoprirono la modernità musicale.

Il salone di Mastro Vito Di Petta


Gli artefici principali di questo mutamento musicale generazionale furono sicuramente due ragazzi sansalvesi, i quali pur nella loro diversità caratteriale, sono da considerarsi i veri innovatori della musica locale.

Sto parlando di Tonine Mariscialle e Ujiérme Lunghe, all’anagrafe rispettivamente Gaetano Masciale e Angelo Longhi, due ragazzi del '46 e '47, i quali, seppure per molti versi diversi tra di loro, tra litigi e riappacificazioni, crescendo anagraficamente e musicalmente insieme, diedero vita ad un percorso musicale che iniziò alla fine degli anni '50, con prime orchestrine estemporanee, per concludersi negli anni '60 con la nascita del gruppo dei Prepotenti, il primo vero complesso beat locale.

Angelo Longhi, a sinistra, e Tonino Masciale, ritratti in C.so Garibaldi - imbocco VI Vico Garibaldi, all'altezza del bar di Albefajurne (soprannome di Domenico Ialacci) .


Tonine Mariscialle, la chitarra solista del gruppo ed il leader strumentale in assoluto, non era nato chitarrista.

Figlio di Giuseppe (Zi' Pippine Maresciàlle), di origine pugliese, e della signora Vitalina Di Rito, sansalvese purosangue, avrebbe voluto fare da grande il corridore di biciclette.

Suo padre però, uomo dai mille mestieri (era contemporaneamente banditore cittadino, addetto al servizio acquedotto comunale ed anche l’unico impagliatore di sedie in San Salvo), forse perché da ragazzino aveva sognato di diventare mandolinista, non riuscendovi dovendo contribuire al sostentamento della famiglia d’origine, aveva riposto in lui tutte le speranze di avere in casa un musicista e così, quando Tonino venne promosso alla 3ª Avviamento, gli disse: “Vuoi che ti compri la bicicletta da corsa o la fisarmonica?”.

Tonino, dopo non poche titubanze, attratto dall’idea di provare a suonare uno strumento musicale, che forse incosciamente aveva sempre desiderato, scelse la fisarmonica.

Giuseppe Masciale e Vitalina Di Rito


Un’ imponente fisarmonica da 120 bassi, di colore nero, munito di sordina, della Paolo Soprani di Castelfidardo, che pesava come un accidenti, si posò sulle esigue spalle di Tonino, raggiante di felicità.

A questo punto la fisarmonica era stata comprata, ma bisognava impararla a suonare!

Zi' Pippine pensò allora che l’unico che potesse impartire lezioni al figlio fosse Angiolino Ialacci (Angiuline Ialacce), brioso fisarmonicista locale autodidatta, il quale si mostrò entusiata di vestire i panni del maestro. Tonino cominciò ad apprendere da Angiolino i primi rudimenti della fisarmonica; costo della lezione: una bottiglia di birra che Za' Vitaléne, mamma di Tonino, (j cacciáve) offriva al maestro durante la lezione, quando questi si recava nella loro casa in Largo Amistà, l’attuale Piazza Europa.

Tonino, che aveva un talento straordinario, dopo qualche tempo iniziò ad imparare una canzone ad ogni lezione (quindi il costo della lezione divenne una bottiglia di birra a canzone) e solo una volta ce ne vollero tre, di bottiglie di birra, e fu quando Angiolino gli insegnò “ Fantasia americana”, che era una brano composto da tre parti.

In breve tempo, come avvenne tra Giotto e Cimabue, l’allievo superò in fretta il maestro e fu allora che Zi' Pippine, da persona intelligente che era, intuì che era giunto il momento che suo figlio andasse a studiare seriamente musica a Vasto, da un famoso maestro dell’ epoca che corrispondeva al nome di Aniello Polsi, che Tonino già conosceva essendo stato il suo professore alla Scuola Avvviamento, che era stata istituita proprio in quegli anni a San Salvo, con sede nel palazzo scolastico a fianco della Chiesa di San Giuseppe. Tonino, quando il tempo era buono, inforcava la bicicletta e se ne andava a lezioni da Polsi a Vasto, che fortunatamente possedeva anch'egli a casa una vecchia fisarmonica, altrimenti sarebbero state molto più irte le salite.

Intanto, Angelo Longhi, figlio d’arte, iniziava a suonare anch'egli la batteria con la famosa scritta sulla grancassa “Follia Jazz”, appartenuta a suo padre Guglielmo, che la leggenda popolare vuole essere stata interamente realizzata a mano dal suo papà, mostrando un eccezionale senso ritmico e l’interesse verso nuovi ritmi che provenivano d’oltre oceano.

In realtà quella batteria, che i sansalvesi chiamavano lu jazzband (il termine batteria non era proprio in uso), l'unica in paese, non venne costruita da papà Guglielmo, così come si narra, ma adattata. La grancassa era infatti un comune tamburo regalatogli da Niculìne lu panattire (Nicola Artese), panettiere, che non si sa per quale motivo l'avesse. Guglielmo, si limito a dotarla di piedini in ferro alla base, per non farla scivolare in avanti con il colpi di pedale, nonchè ad apporre alcune tavolette sul piano superiore, da picchiare con le bacchette e da usare come reggipiatto. Si procurò poi il pedale, troppo complicato da realizzare, un rullante, le nacchere ed un piatto, a dire il vero un piattino. L'unico accessorio che Guglielmo tentò di autocostruire fu proprio quest'ultimo, cercando di fondere un bossolo in ottone di un cannone, con scarsi risultati. E' certo invece che le vecchie pelli del tamburo le sostituì lui stesso con due di pecora, montate dopo averle immerse per un periodo nella calce, lavate e poi fatte esiccare al sole.

Tornando ai nostri due amici, l’incontro musicale tra Tonino ed Angelo non si fece attendere. Ancora adolescenti costituirono un primo trio composto anche da Vetale Castellétte, all’anagrafe Vitale Ciavatta, così soprannominato perché somigliava come una goccia d’acqua ad un famoso calciatore della Fiorentina di cognome Castelletti, il quale si divideva tra il fare l’apprendista barbiere, il chitarrista dell’orchestrina Follia Jazz e il calciatore della Tenax, antica squadra di calcio di San Salvo (una testimonianza di un loro concertino è la registrazione radiofonica della RAI Radiosquadra a San Salvo del 1961, di cui uno stralcio audio potrete udire di sotto.

Audio esibizione di Follia Jazz

Angelo Longhi alla batteria, Tonino Masciale alla fisarmonica e Vitale Ciavatta alla chitarra.



L'ESPERIENZA VASTESE

Tonino, intanto, pur condividendo le prime esperienze musicali con i suoi amici locali, continuava a studiare musica dal maestro Polsi a Vasto, città ove aveva cominciato anche a frequentare l’Istituto Tecnico per Geometri, in cui qualche anno più tardi si diplomerà. E fu proprio in questa incantevole città limitrofa che, come avviene fra tutti i ragazzi che hanno la stessa passione, strinse amicizia con dei coetanei vastesi, i quali avevano già costituito dei complessini e suonavano con le prime chitarre elettriche.

In uno di questi complessi, "I Modesti", Tonino conobbe Franco Malatesta, chitarrista virtuosissimo, autodidatta, un vero fenomeno probabilmente dall’orecchio puro, che contribuì notevolmente alla sua crescita musicale. Dove avesse imparato Franco a suonare così bene la chitarra, sopratutto in considerazione dei tempi che correvano, resta un mistero. Era un genio. Gli altri, al suo cospetto, a Vasto (ed aggiungerei anche in complessi di fama nazionale), che pur erano e si ritenevano chitarristi moderni ed all'avanguardia, erano piccoli strimbellatori.

Tonino, infatti, restò impressionato dall'ecclettismo musicale di Franco, capace di suonare di tutto con la chitarra, dai walzer ai tanghi, dal beguine alla rumba, dagli slows allo skake, dal rock and roll al twist, dalla bossanova al jazz, e restò senza fiato quando gli proposero di entrare a far parte del loro complesso, sostituendo dapprima il batterista e poi il bassista.

Fu la svolta. Tonino imparò dapprima a suonicchiare la batteria e poi in quattro e quattr’otto anche il basso, iniziando a prendere le prime confidenze con la chitarra elettrica. La sua esperienza con i bassi della fisarmonica lo aiutò molto per capire gli accordi sugli strumenti a corda, essendo il cosidetto giro tonale armonico identico per ogni strumento di accompagnamento.

I MODESTI: in piedi il cantante Giuseppe Fariello. Accosciati da sinistra Franco Malatesta, suo fratello Lino Malatesta, Giuseppe Di Cicco, Tonino Masciale. (Tratto dall'opuscolo "Cominciammo a suonare le chitarre"- complessi musicali a Vasto negli anni'60 a cura del Comune di Vasto).


I MODESTI: A sin. Tonino Masciale al basso ed al suo fianco il grandissimo, non solo per statura, Franco Malatesta. Alle loro spalle si intravede un grande della batteria: Rolando Di Nardo.


Il fato volle che in quei giorni il virtuoso batterista del gruppo Rolando Di Nardo, decidesse di passare ai mitici “I 5 di stasera”, gruppo vastese di successo tra i più importanti degli anni '60, liberando il posto di batterista che venne ricoperto da Angelo Longhi, che già studiava a Vasto, dove aveva conseguito la III media (a San Salvo c'era solo la Scuola di avviamento Professionale) e si era iscritto all l’Istituto d’Arte, diplomandosi qualche anno più tardi.

Ed a proposito di Angelo...

"Bone pane!!!" (Buon pane sprecato), se ne uscì un giorno, Zi' Cóle Scatenate (Zio Nicola Cilli), un anziano dirimpettaio di Angelo in C.so Garibaldi, seduto dinanzi casa a prendere il fresco, mentre Angelo, rincasando dalla scuola, si accingeva ad aprire la porta di casa.

Il giorno seguente: "Bone pane!"

"Muah!", pensò Angelo dentro di sé arrecchiénne (udendo, ma facendo finta di non capire), "me sa ca que' ci l'ha l'ha nghe mà" (mi sa che questo qui ce l'ha con me).

"Bone pane!!!
", gli ripeteva ogni giorno Ze' Cole, alla solita ora, a significare che mentre i genitori erano in campagna i figli, mangiapane a tradimento, facevano la bella vita da spranzìune (oziando).

"Bone pane!!!"

Era diventato un ritornello. Nu tálúrne, modo di dire in dialetto quando qualcuno ripete sempre la stessa cosa, scocciando.

E 'na vo'... e dìue e trà... e quattre cénghe (E una volta... e due e tre... e quattro e cinque), come disse una volta Pierine Rasannéle  (Pierino Argentieri), alla fine Angelo perse la pazienza e rivolgendosi a Zi' Cole, con piglio adirato, gli disse: "Ue' Ze' Co'! Ma che cazze ve truvuénne! Che se fatte ti nella vita! Me t'arcorde sempre assettate a esse annente ecc.ecc. cc." (Ue'! Zio Nicola! Ma che cavolo vai cercando! Cosa hai fatto tu nella vita! Mi ricordo di te sempre seduto dinanzi casa ecc.ecc.ecc.).

Le sue parole vennero udite da Teresina, la figlia di Zi' Cole, una gran brava e bella donna, nubile, 'na santucchiáre o vezzóche  (donna che frequenta molto la chiesa), che uscì fuori e gli fece una ramanzina, con Angelo che si giustificò dicendo: "Scusa! Mi spiace. Capisco che è anziano, che è una brava persona! Ma ogni giorno mi dice bone pane e bone pane, pur dovevo dirgli qualcosa per farlo smettere".

Tornando alla nostra storia, a parte "Bone pane", che infastidì Angelo in quei giorni, storiella che ho voluto raccontarvi per sorridere un po' e nel contempo capire la differenza di mentalità generazionale in atto in quel periodo, furono giorni meravigliosi e spensierati per i nostri due ragazzi quelli trascorsi a Vasto, che solo la gioventù sa regalare.

Ma l'esperienza vastese stava per giungere al termine.

Sebbene Tonino ed Angelo fossero legatissimi agli amici vastesi, la distanza tra Vasto e San Salvo a quei tempi era notevole ed era una vera impresa, per dei ragazzini in età adolescenziale, recarsi tutti i giorni a Vasto con la corriera, andare a scuola, tornare a casa per pranzare, ritornarvi per le prove, sperando alla sera in un raro ritorno in paese in autostop.

Salutano gli amici vastesi, ma il tarlo del complessino elettrificato era entrato nelle loro teste.

ZI' PIPPINE MARISCIALLE
(Il mecenate)

Tornano a San Salvo e provano a formare gruppi musicali con Mastro Vito Di Petta ed altri ragazzi del luogo, ma bisognava ricominciare daccapo e di soldi per acquistare gli strumenti non ce n’erano.

A questo punto rientra in azione Zi' Pippine Marisciàlle, il papà di Tonino.

Zi' Peppine compra la prima chitarra elettrica al figlio e non contento acquista un basso, di cui si innamora e prova a suonarlo direttamente lui, nonostante non susciti molto entusiasmo in Tonino, che da figlio rispettoso qual'era non trova il coraggio di dirglielo. Compra poi una batteria madreperlata gialla, da far suonare ad Angelo, sperando di recuperare in qualche modo i soldi spesi.

Una prima formazione estemporanea ad un matrimonio. Angelo Longhi, a sinistra, con la batteria acquistata da Zi' Peppine, osserva divertito Zi' Pippine al basso. Alla fisarmonica Pierino Stivaletta, che aveva un negozio di alimentari a Vasto ed al suo fianco, un violinista vastese, di cui mi sfuggono le generalità, che pare anch'egli osservare curioso Zi' Pippine.


Non ancora soddisfatto, Zi' Pippine, passata la cotta per il basso, fa realizzare una camicia rossa, con finiture chiare, che diventa la divisa del gruppo e pretende che come ogni orchestra che si rispetti, ogni orchestrale abbia dinanzi a sé quei legii di tavola colorati, in voga negli anni '50, con il nome dell’orchestra scritto sul davanti. L'idea viene immediatamente bocciata.

Tonino, intanto era diventato chitarrista virtuosissimo, ai livelli di Franco Malatesta, da cui aveva appreso tantissimo sia dal punto di vista tecnico che da quello dell’eccletismo musicale, ma le cose non andavano sempre bene con Angelo, che nel frattempo si era comprato un sassofono e non si capiva bene se ambisse ad essere batterista o sassofonista del gruppo. Nonostante si conoscessero da una vita ed erano come fratelli siamesi, ognuno legatissimo all’altro, quando Angelo tirava fuori il sax spesso litigavano, poi "ripaciavano", poi rilitigavano, poi facevano pace. Ad ogni litigata si cambiava batterista e nome del complesso. Una volta arrivò Francesco Raspa e si chiamarono gli Ideal, poi arrivò Carmine Tascone, poi altri aspiranti percussionisti, un vero turbillon di ingressi e uscite di provetti batteristi dal gruppo.

Prove al giardino di Don Mario e Donna Lidia Artese, di cui si occupava la mamma di Tonino, la cui casa confinava a fianco in Piazza Europa. Nella foto a sin. vi è Tonino con la sua prima chitarra elettrica, alla sua sinistra Silvio Sapio, futuro cognato di Tonino, che con il mantice chiuso fa finta di suonare la fisarmonica di Tonino, alla batteria Francesco Raspa, mastro Vito Di Petta con la sua madreperlata chitarra elettrica e Angelo Longhi con il suo sax nuovo di zecca. La bambina nella foto, che guarda ammirata Angelo, è Eva, sorella minore di Tonino.


27 Dicembre 1963. Un'altra estemporanea formazione con la divisa rossa ai tempi dei litigi tra Tonino ed Angelo. Da sin. alla batteria Carmine Tascone, Vito Di Petta, con la sua chitarra elettrica, Angiolino Ialacci, il primo maestro di Tonino, anch'egli in divisa, e Tonino Masciale alla chitarra elettrica solista.


Di Angelo, però ce n'era uno solo e così tra una lite e l’altra si arrivò agli inizi degli anni '60, a quel periodo in cui gli italiani cominciarono a comprare il primo frigorifero, la prima lavatrice, la Vespa, la 500; ai tempi, tanto per intenderci in cui Mastro Vito comprò la prima chitarra elettrica.

LA NASCITA DEI PREPOTENTI

Erano quelli gli anni i cui in Italia era in atto il boom economico e le prime televisioni cominciavano ad illuminare le case degli italiani, rendendo noti e familiari volti e fatti di personaggi illustri come Papa Giovanni XXIII, il papa buono, Jhonn Fitgerad Kennedy, il Presidente degli Stati Uniti, assassinato a Dallas, Nikita Krusciov, il Presidente dell’URSS, Fidel Castro, Che Guevara, dell'apice della guerra fredda, in cui si sfiorò il 3° conflitto mondiale, ma erano anche gli anni in cui incominciavano ad affacciarsi sul piccolo schermo artisti emergenti del mondo dello spettacolo come Mina, Celentano, Peppino di Capri, il Quartetto Cetra, Nicola Arigliano ed altri.

I primi jukebox irradiavano musica moderna, nei bar e nelle spiaggie; il twist, l’hulli-gulli, il surf, il Madison, divennero i balli preferiti dai giovani ed un nuovo fenomeno musicale, dopo l’epoca dei cantautori, stava nascendo: la moda dei complessi beat, dei figli dei fiori, delle prime canzoni di protesta.

La musica italiana era cambiata subendo sopratutto l’influenza di quella anglosassone, così come erano cambiati anche Tonino ed Angelo, che erano diventati giovani non più di primo pelo.

E così, mentre il mondo discografico viveva in quegli anni il fenomeno irripetibile dei Beatles e dei Rolling Stones, ed in Italia incominciavano a riscuotere un successo strepitoso gruppi di capelloni come l’Equipe 84, The Rokes, I Corvi, i Profeti ecc. , i nostri due amici, sentirono l'esigenza di costituire un gruppo musicale all’avanguardia, dapprima denominato The Matches”, la cui traduzione secondo loro era "I Cerini", ma c'era una e di troppo (all'epoca a scuola si studiava il francesce e non l'inglese) e poi I PREPOTENTI, i veri protagonisti della nostra storia.

THE MATCHES con i primi strumenti acquistati in gran parte da Zi' Pippine Mariscialle, con le divise rosse, volute sempre da Zi' Peppine, con il solo Angelo Longhi (a sin.) a non indossarla, mostrando sin da allora lati del suo carattere di non allineato e contestatore. Da sin: Angelo Longhi, il cantante Mario Ciavatta, Antonino Chioditti e Tonino Masciale.


I PREPOTENTI nel periodo del massimo folgore. Da sin.Tonino Masciale, Antonino Chioditti, Mario Ciavatta, Ennio Di Petta e Angelo Longhi . Le divise vennero confezionate: i pantaloni dal giovane sarto Domenico Raspa e le magliette dalla giovanissima Teresa Chinni, che aveva aperto in quel periodo un laboratorio da majáre.


Angelo Longhi con il suo sax, al ristorante di Rocco Martelli in C.da Stingi, all'epoca ancora aperta campagna.


I Prepotenti, nome dato al gruppo in una sorta di contrapposizione a "I modesti", il complesso vastese in cui Tonino ed Angelo si erano formati a Vasto, erano costituiti oltre che dai suddetti, anche da Ennio Di Petta, alla chitarra elettrica ritmica, dal fulvo Antonino Chioditti al basso e dal compianto Marie lu cioppe (all’anagrafe Mario Ciavatta), voce solista del gruppo, che da giovanissimo era rimasto vittima di un incidente appresse a la trèbbie (lavorando con la trebbia), che gli causò l'amputazione di una gamba.

Con l’arrivo dei Prepotenti e la continua crescita della vena musicale di Tonino, la musica a San Salvo fece il primo vero salto di qualità verso la professionalità artistica, in linea con le mode del momento. I Prepotenti avevano tutto per affermarsi: la giovinezza, un aspetto professionale, i fans, l’ambizione e le giuste motivazioni; facevano tournée nei paesi limitrofi; erano famosi nei paesi del circondario; era un successo assicurato averli come ospiti nelle serate danzanti, nei matrimoni, nei primi veglioni di capodanno.

Sull'onda dell’entusiamo, cambiarono, come si dice oggi in gergo, anche look: cominciarono ad indossare pantaloni dapprima alla Celentano e poi fiorati alla “figli dei fiori”, si fecero crescere i capelli, si fecero nuove divise, insomma seppero integrarsi con professionalità nel panorama musicale beat in voga del momento.

I Prepotenti ad un veglione di fine anno (31.12.1966). Da sin. Antonino Chioditti al basso, Angelo Longhi alla batteria, Ennio Di Petta alla chitarra ritmica, Tonino Masciale alla chitarra solista ed all'organo, ma faceva finta di suonare, il cantante Mario Ciavatta.


Presi sempre da maggiore entusiasmo comprarono, per quei tempi, una marea di strumenti musicali a rate: impianto voce, microfoni, chitarre nuove. Tonino si comprò una Jupiter Meazzi (costò all’epoca 180 mila lire, circa 4 stipendi di un operaio);
Angelo una luccicante batteria blu Holliwood Meazzi superaccessoriata, che faceva  le spricchialétte (che luccicava); Ennio ed Antonino, qualche tempo dopo, una chitarra ed un basso della Vox di colore bianco latte, con corpo  trapezoidale (solid-state) e Mario un microfono professionale della Davoli, come quelli che si vedevano al Festival di Sanremo. Acquistarono poi amplificatori della Davoli come il Super Tigre, un bestione di amplificatore da 120 watt, con cassa sottostante, l’Organ Bass per il basso da 80 watt, l’impianto voce della Geloso da 100 watt e relative casse della Davoli, l’eco Binson per la voce (gli strumenti venivano pagati a rate alla brava e paziente sig.ra Baccelli di Vasto, proprietaria di un locale di strumenti musicali, con il ricavato delle serate).

I Prepotenti a Lentella, in una Festa dell'Unità. Notare parte della strumentazione: da sin. Angelo con la sua nuova batteria Holliwood Meazzi; Ennio ed Antonino con le trapezoidali chitarra e basso della Vox; il Super Tigre della Davoli, il mastodontico amplificatore, il massimo per l'epoca. Nella foto manca Tonino: vi è la sua nuova chitarra elettrica la Jupiter Meazzi visibile tra Mario, il cantante, e Antonino, usata in quegli anni dai chitarristi delle orchestre RAI, al pari delle batterie Holliwood Meazzi da parte dei batteristi. Motivo dell'assenza di Tonino? Era stato colto da improvviso bisogno corporeo.


Angelo Longhi con la sua nuova batteria Hollwood Meazzi.


Ciò che era strabiliante nell'ascoltarli, al di là della loro bravura, erano quei moderni suoni, dal vivo, che la gente non era ancora del tutto abituata a sentire, come quelle profonde note di basso, che fuoriuscivano simili solo dall'altoparlante di quei primi juke box, oppure cantare al microfono con l'eco o il reverbero, che applicati sulla voce e sulle chitarre, davano quel tocco di magia che li rendevano divi tra i ragazzi, rendendoli protagonisti di un mondo musicale nuovo, sino ad allora visto solo in televisione o ascoltato in quei primi dischi 45 giri, che proprio in quel periodo entravano nei giradischi dei giovani, una novità, o nei mangiadischi collocati nelle plance delle prime automobili, che qualche genitore aveva da poco iniziato ad acquistare.

LA FESTA DI SAN VITALE

Fu in quel periodo che il comitato feste locale lì scritturò per la festa di San Vitale. Fu un evento storico: per la prima volta, ad artisti, seppure in erba, sansalvesi, veniva affidato lo spettacolo più importante della festività del paese.

Ricordo quella sera come fosse ieri. La cassarmonica, dove i nostri amici erano già saliti più volte da ragazzini, quando durante le pause delle orchestre di musica leggera, scritturate per la festa (quelle con le prime signorine in minigonna per intenderci), si esibivano ragazzi del paese attratti dal palcoscenico, quella sera fu tutta loro, da protagonisti unici ed assoluti.

Ricordo che piazzarono la cassa del Supertigre della Tavoli da 120 watt sul balcone del bar di Vitarille (oggi nei concerti si usano amplificazioni minimo da 1.000 - 3.000 watt, Mastro Vito ne aveva uno di 5watt), le casse della Davoli sui pali di sostegno della cupola della cassarmonica e quella sera, con la piazza gremitissima, sbalordirono il mondo giovanile, anche se a detta dei matusa (gli anziani), che erano ancora abituati ad ascoltare strumenti classici e non amplificati, misero a rebbélle la piazza (suonarono ad alto volume), stappando loro di fatto le orecchie, che all'epoca in molti avevano otturate da sordidà senile, dal rifiuto di accettare l'epoca beat e quindi i capelloni e le nuove mode musicali, e spesso anche dal cerume naturale e culturale. E meno male che suonavano con soli 100 watt.

Io, che avevo poco più di dieci anni, chitarrista in erba, mi mangiavo con gli occhi Tonino, che con la sua Jupiter Meazzi, suonava da Dio. Cercavo di carpirgli tutti i suoi segreti della chitarra: come metteva il barrè, di capire le posizioni che usava, come le 7 diminuite, le 7+, le seste, le none, le quarte, le 5+, le undicesime, accordi che alla maggior parte dei chitarristi dell’epoca erano sconosciuti. Ed a tal proposito credo di poter affermare oggi, senza ombra di dubbio, che Tonino Masciale, sia stato e lo è ancora, con la fisarmonica e la chitarra, un maestro, un musicista con la conoscenza delle regole musicali dell’armonia come pochi, un interprete unico e dal tocco musicale sopraffino, un punto di riferimento per le successive generazione ed infine, consentitemi di dargli un merito: quello di essere stato indirettamente il mio maestro, anche se egli non lo ammetterà mai.

CESARE DE CESARIS
E IL CANTAGIRO REGIONALE
 

La fama dei Prepotenti si sparse anche al di là della realtà locale e cominciarono a mietere successi e riconoscimenti in ogni luogo si esibissero.

Fu in quel periodo che la bravura di Tonino giunse alle orecchie di Cesare De Cesaris, il maestro fisarmonicista dell'omonima orchestra, la più famosa in Abruzzo, che si alternava nelle nostre feste paesane con quella di Mario Mari.

E cosi, con Tonino scritturato dall'orchestra Cesare De Cesaris, il massimo per un chitarrista dell'epoca, che unì l'utile al dilettevole buscandosi qualche quattrino, che oggi come allora per un giovane non è poca cosa, "I Prepotenti" non si esibirono più insieme, per un'estate intera.

A sin. Tonino Masciale, chitarrista nella mitica Orchestra Cesare De Cesaris. Alla sua sinistra, con la sua fisarmonica Cordovox, il virtuoso maestro Cesare De Cesaris, autore anche del famoso brano Zi' Nicola, che riscosse un successo straordinario in Abruzzo e nel meridione d'Italia. Alcuni sansalvesi, notarono in quel periodo una straordinaria somiglianza di Cesare De Cesaris con Don Peppine, anche se era più piccolo di statura rispetto al nostro medico. Il trombettiere a destra, di nome Alvaro, aveva un labbro d'oro con la sua tromba. Famosa era la sua interpretazione de "Il silenzio" di Nini Rosso, brano in voga in quel periodo.


Durante l'inverno il gruppo si ricostituì, e l'estate successiva, dopo che Tonino rifiutò la nuova offerta di De Cesaris, a cui suggerì di ingaggiare Franco Malatesta, che accettò, I Prepotenti, consigliati da Tonino, vennero ingaggiati da una coppia di manager romagnoli, i cui cognomi erano Casaroli e Montefusco, che li scritturò per farne l'orchestra di base al Cantagiro Regionale Abruzzo e Molise, oltre che concorrenti con altri gruppi, girovagando per tutta la stagione per la regione, che all’epoca non era ancora divisa. Solo Mario, il cantante, non li seguì, andandosene a lavorare di lì a poco alla SIV, che proprio in quei giorni stava entrando in pieno regime.

I PREPOTENTI: cartolina pubblicitaria. Da sin.Tonino Masciale, Antonino Chioditti, Mario Ciavatta, Ennio Di Petta e Angelo Longhi


Quest'ultima esperienza, haimè, decretò la fine dei Prepotenti.

Angelo non si trovò a suo agio e dopo qualche tempo se ne ritornò a casa. Idem Antonino, che emigrò per un periodo in Germania. Rimasero con l'orchestra solo Tonino ed Ennio, con quest'ultimo che divenne collaboratore di Casaroli e Montefusco, in qualità di "manager" procacciatore di serate.

Come tutte le belle favole della vita, anche la loro, al loro ritorno, terminò, con mia enorme delusione.

I Prepotenti non si ricostituirono più.

Il tempo passa e pone gli uomini dinanzi a nuove sfide ed a responsabilità che l’età adulta impone.

San Salvo all’epoca era un paesino di 5 mila anime, tra il mare e la campagna.

Sono convinto, però, che se i Prepotenti, nel massimo del loro fulgore, fossero nati e vissuti in centri più visibili al mondo discografico, avrebbero calcato PREPOTENTEMENTE le scene e le luci della ribalta.

Fernando Sparvieri (uno dei tanti fans).

10 maggio 2013


I PREPOTENTI fotografati durante una serata amarcord l'8 Agosto 2012 in P.zza San Vitale, voluta dall'Amministrazione Comunale, di cui era Assessore alla Cultura il Prof. Giovanni Artese. Da sin. Antonino Chioditti, Ennio Di Petta, Angelo Longhi, Fernando Sparvieri, presentatore della serata e Tonino Masciale.



VIDEO

I Prepotenti l'8 Agosto 2012 in P.zza San Vitale.
IVideo

I Prepotenti
NOTA

L'orchestra spettacolo Mario Mari era quella antagonista a Cesare De Cesaris. A San Salvo o veniva l'una o l'altra. Ricordo che Mario Mari, all'inizio della serata, mentre l'orchestra con le trombe suonava la sigla iniziale "Love letter in the sand", prendeva il microfono e con voce rauca, mezzo sgrammaticato, annunciava: "Signore e signori buonasera, l'orchestra Mario Mari augura a tutti buon ascolto ed una felice serata...", passando subito dopo il microfono a sua moglie, cantante e presentarice ufficiale, truccata alla Moira Orfei, che presentava tutta l'orchestra ed annunciava il nome delle giovani cantanti con le prime minigonne, le cui gambe accendevano i bollenti spiriti di molti ragazzi. I ragazzi, tutti davanti alla cassarmonica, applaudivano e commentavano la bellezza delle cantanti, tutte truccate. Alcuni adolescenti, nonostante i carabinieri presenti, con la cassarmonica che nella parte posteriore, vicino al muro della chiesa, era sollevata di circa 20-30 cm rispetto al piano stradale, per ovviare alla pendenza della piazza, strisciavano come vermi incuneandovisi sotto, per meglio scrutare, tra le fessure delle tavole del palco, qualcosina in più delle gambe delle belle signorine. Non durava molto: se ne accorgeva il padrone della cassarmonica, che chiamava i carabinieri, che li mettevano in fuga, come ladri colti in flagrante. Anche il sesso era ancora tabù per i giovani di quegli anni.







I racconti di Fernando Sparvieri

Indice

Gente, usi e costumi del mio paese



Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO
LI SALVANESE

di Fernando Sparvieri

Indice

I forestieri a San Salvo



I racconti del mare

I pionieri del mare ed altro


di Fernando Sparvieri
Indice

Emilie de Felicìlle
(Emilio Del Villano)















|
Sito culturale paesano storico dialettale
www.sansalvoantica.it