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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Chicche di storia

(del dr. Peppino Romondio)


Storie sansalvesi



SAN SALVO

di Peppino Romondio


Sancti Salvi è probabilmente è un toponimo agionimico ovvero una denominazione derivata dal nome dell’abate fondatore del convento attorno al quale si sviluppò il borgo. Non si può escludere però che tale nome è un derivato gentilizio antroponomico originato dall’antica stirpe familiare (italica o latino-romana) del fondatore. Termine che che poi trovò l’aggiunta di santo con l’arrivo del monachesimo medioevale.

Il pagus italico sansalvese era un abitato pre-esistente alla conquista romana epoca in cui il sito divenne un accampamento militare stabile nel meridione dell’area histoniense. Divenne in seguito un abitato coloniale per la gestione rurale del produttivo latifondo agricolo zonale. Decaduto l’impero capitolino, il monachesimo medioevale recuperò le molte “villae”, eredità dell’antico sistema abitativo romano,provate dalle orde distruttive barbariche.

Diversi antichi “locus”, semidistrutti o all’abbandono,divennero siti di insediamento di conventi basiliani e monasteri benedettini che con il passare degli anni arriveranno ai circuiti templari e al nuovo ordine cistercense. In terra teatina il monachesimo benedettino iniziò a sovrapporsi in alcuni eremi rurali e siti basiliani. Nel passaggio dalla tardo antichità al medioevo sorsero lungo i tragitti tratturali diverse chiesette conventuali “minor tituli” attorno alle quali originarono abitati zonali rivitalizzati o ridenominati con nomi di santi o abati delle conventualità badiali limitrofe. Ritornando al nome dell’abitato sansalvese,va rimarcato che l'etimologia spesso ricalca le vecchie radici dei duraturi connubi tra borghi e personaggi. Secondo Quintilliano: ”L' etimologia contiene in se molta erudizione sia quando trattiamo temi di derivazione greco-latina e sia quando ricerchiamo dall‘ istoria antica notizie su‘ nomi de' luoghi , de' città e de‘ stirpi
(Calendario de' Principi-Cal.Etim.istorico-morale,Tip.L.Nobile,Napoli 1828, pref.. p..XIV).
Sono a volte molto utili le assonanze come la voce latina “Saulia” ,che indica “salice”, oppure il vero nome “Saulo“ appartenuto all’apostolo S. Paolo, che in greco sta a significare “delicato“. Il termine “Salvo” indica un sopravvissuto ovvero colui che è scampato alla morte. Il detto “san e salv“ (sano e salvo) , deformato al vernacolo sansalvese sta al detto : “ Sant'salv.... chi si salva,si salva !” e presumibilmente rimarca il celebre motto del “Si salvi chi può ! ”,grido allarmante dei bucani indotti a ricercare rifugi sicuri in tutta fretta tra le boscaglie vicine per scampare alla cruenta vendetta del dittatore romano Lucio Cornelio Silla oppure alle micidiali sciabole dei paladini carolingi.

"San e Salve“ .... “Sant’ Salve“, probabilmente riecheggia la paura degli sfollati dell'antica città italica di Buca o semplicemente solo il nome del frate basiliano S.Sava o dell’abate benedettino cassinese di origini campane S.Salvo .
Salvo, diminutivo del nome Salvatore, è ancora oggi diffuso non solo in terra siciliana o campana. Salvo indica il “Cristo Salvatore” e diversi “castra et ecclesiae“ vennero titolati al Salvatore in terra abruzzese teatina come ad esempio il castrum S.Salvatore di Casalbordino.Antichi liberti latini, esponenti della “gens Salvia“ ,presumibilmente legarono il loro nome gentilizio al nostro abitato. La gens Salvia in età romana era da tempo nelle aree del larinate, come la gens Blittia a Sepino e la gens Eclana nelle terre di Venafro.
(Bullettino Archeologico-Minervini-Anno 1862-p.17)

SALVIUS ( all’origine della toponimia del borgo salvanese) compare in molti marmi romani rinvenuti nel circondario di Larino e nel gargano apulo. Un interessante marmo d’epoca romana venne ritrovato a Canosa di Puglie e citava il censore quinquennale Sesto Salvio Senelis:


F(ilius) IIII VIR I(ure) D(icundo) QUINQUENNALIS.......PROVINC(iae)
HELLESPONT(i) PROC(uratori) PROVINCIAE ASIAE..........................
M(arcus) ATILIUS RUFINUS
SEX(tus) SALVIUS SENELIS


Anche un marmo inciso,rinvenuto a S.Salvo, citava la stessa provincia romana ”Asiae” che fu citata da Tacito in De Agricola nel Lib.VI dove scrisse:“...Provinciam Asiae, proconsule Salvium Titianum......“.
La “gens salvia” ebbe origine nella provincia picena cioè nella V Regio a nord dell‘Aterno.
Il duumviro quinquennale Gaius Salvius Vitellianus intrecciò la stirpe dei Salvi con gli Arniensie portò le nostre contrade sotto il censore quinquennale Gaius Salvius Liberalis.
La gens Salvia ,della città picena di “Urbs Salvia“ (Urbisaglia) , era una stirpe di liberti (ex-schiavi) che per meriti aveva riscattato la libertà. I romani da tempo erano nella provincia picena presso Urbs Salvia (Urbisaglia), città anche descritta dai geografi Strabone e Tolomeo. La città era stata annoverata come Oursabalouja e collocata a 36°e 56‘di longitudine e 42° e 56' di latitudine.
Prima della ripartizione augustea, le terre picene e frentane, fino ai confini apuli, avevano in comune un unico censore amministratore romano. Reperti rinvenuti negli agri larinatensi citavano la gens Salvia, come il cippo votivo ritrovato nel 1989 a Morrone del Sannio,la cui iscrizione incompleta venne così ricostruita:

Tale iscrizione votiva attesta la presenza di liberti della stirpe salvia nelle terre della frentania.
Al rientro di Rectina,scampata per miracolo dall'eruzione vulcanica di Pompei dell’anno 79 d.C., Caio Salvio Eutico (liberto di stirpe Salvia della nobildonna Rectina) sciolse l’ex-voto fatto alle divinità (Lari) per invocarne il provvidenziale aiuto a favore della nobildonna padrona in pericolo.
La ricca patrizia Rectina era l’amante di Plinio il giovane, il quale a Pompei trovò la morte nella eruzione vesuviana. La ricca Rectina negli agri del larinate aveva diversi poderi anche a confine il latifondo rurale histoniense . Il liberto Caio Salvio Eutico non era altro che uno dei “magistri vici et compiti“,cioè liberti di Rectina ascesi agli uffizi sacerdotali. Caio Salvio Eutico aveva offerto sacrifizii votivi alle divinità (Lari) durante le feste capitali peri richiedere il loro intervento miracoloso. Poi sciolse l’ex-voto con una nuova offerta di sacrificio agli stessi Lari,divinità protettrici di mura domestiche e guardiani invisibili di beni personali, città, strade e campagne.
Spesso alcuni predicati distinguevano tali divinità in Lari : viarii, rurali, patrii, campitali, ecc.
I Lari erano spiriti custodi di fanciulli, progenie, comunità e collegi zonali.
Diverse lapidi ritrovate nel circondario vastese citavano liberti della stirpe salvia ascesi ai servigi sacerdotali ed altri liberti come : Cajo Frigello (iscr.26); Aspro (iscr.29); Lucio Scanzio Modesto (iscr.15); Publio Paquio Azmeno (iscr.24).
(L.Marchesani-Storia di Vasto- Napoli 1838- pag 80)
Vicino Campomarino è stato ritrovato un marmo romano inciso che ricorda il patrizio carricino Caio Helvidius Priscus, incaricato dal senato capitolino ad arbitrare una lite per confini rurali di alcuni agri contesi tra il fundus Vellanus e l’attiguo fundus Herianicus histoniensis. Quest’ultimo latifondo rurale si invaginava nella periferica area di Campomarino.
Caius Helvidius Priscus, anche citato da Tacito nel liber IV di “Historia“ , era un patrizio carricino frentano della città di Cluvia. Visse ad Histonium tra il 60 e 70 d.C ma aveva anche una domus residenziale vicino Cliternia, tra Campomarino e S.Martino in Pensilis.
Caio Helvidio Prisco,patrizio frentano del municipio romano di Cluvia,nel 44 d.C divenne questore della provincia di Acaja e nel 51 d.C. della provincia romana di Armenia.
La via Trajano-Frentana collegava il larinatense alle diverse città frentane. Tale strada fiancheggiava il Biferno e conduceva alle terre daune verso l’oppido di Teano Apulo.
La chiesetta sansalvese venne citata nell’inventario postumo del cronista cassinese Leone Ostiense ovvero nel chronicon di Leone de‘ Marsi detto Ostiense perchè nel 1112 era vescovo di Ostia . L’abbate Bertario nel IX secolo resse il monastero benedettino cassinese, precisamente dall’anno 856 all’ 884 . In tale epoca, secondo il chronicon dell’ Ostiense, la chiesetta S.Salvi apparteneva al cenobio monastico cassinese. La chiesetta S.Salvi,secondo l’Ostiense, venne fondata dal frate benedettino d‘origine campana SALVO, ex-abbate del monastero di S.Clemente, il quale , in odore di santità dopo la morte operò diversi miracoli sul suo stesso sepolcro tombale nell’omonima chiesetta della badia di sua fondazione.
“ECCLESIA SANCTI SALVI IBIDEM.QUI VIDELICET SALVIUS EX CAMPANIA NATUS HUIUS MONASTERII EXITITIT MONACHUS,ET TENUIT PREDICTAM ECCLESIAM SANCTI CLEMENTIS IN OBBEDENTIAM,UBI DEFUNCTUS FUISSET,MULTA MIRABILIA DEUS AD SEPULCRUM ILLIUS OPERATUS“
(Chr.Monasterii Cassinensi-Leo Ostiensis Liber I cap XLIV-anche riportato da Muratori in Rerum Italicarum Scriptores).


Dell‘abate Salvo però non si hanno altre memorie documentali.
(G.B.Federici-Degli antichi duchi e consoli-1791-pag 596)
L’abate campano Santo Salvo è anche annoverato tra gli abati del IX secolo nel catalogo deifrati cassinesi intitolato “Di tutti li monaci del Sacro Archicenobio di Monte Cassino, illustri per dottrina e santità o dignità ecclesiastica“. (descrizione Istorica del monastero di Monte Cassino-1775,pag 320)
Oltre all’abate benedettino Salvo vissuto nel sec.IX citato dalla chronica dell’Ostiense, la storia ecclesiastica riporta diversi santi e beati con il nome SALVO o SALVIO.
Secondo lo scrittore Mario Sgarbossa ce ne furono almeno sei :



Il più antico di loro era il santo cristiano Salvo martirizzato nella provincia romana d’Africa che visse nel III secolo. Il martirologo romano illustrato lo festeggia il giorno 11 di gennaio e lo riporta nel Tomo I a pag 674.
Il vescovo francese S.Salvo d’Alby invece visse nel VI secolo durante il regno franco-merovingio di Childerico. Di lui scrissero i Bollandisti a pag 703 nel I tomo ed anche Encherio nel Commenda rio. Una miniatura medioevale, oggi alla biblioteca nazionale di Parigi, raffigura gli abbati S.Salvo e S.Gregorio in visita ufficiale presso re Childerico. Questi due santi abati vennero raffigurat coi nobili fregi del mitria e del pastorale. Nel 580 parteciparono entrambi al sinodo di Brennac sulla Santa Trinità. Il francese abate San Salvo vescovo d‘Alby lasciò i suoi beni ai poveri e visse in estrema povertà . Questo abate arcivescovo albygese venne citato nel martirologo romano e San Gregorio di Tours scrisse di lui nel I tomo di “Gallia Christ.Nova“.
(J.F. Godescard-Vies des Péres, Martyrs et autres principaux saints-1836, pag 522)

Era francese anche il vescovo S.Salvio d’Amiens,di cui scrisse nell’anno 801 Sigeberto e poi anche il Baronio. Secondo l’Ughelli le sue spoglie erano conservate al monastero d’Amiens.
Salvio d’Amiens, non fu un martire ma solo un vescovo francese confessore che visse nel 686 sotto Teodorico III,il successore di re Childerico II . Si interessò del ritrovamento e della traslazione delle reliquie di S.Firmiano , un santo martirizzato nel 303 sotto Diocleziano in terra frentana nell’anfiteatro di Larino. Le reliquie del martire S.Firmiano erano incomplete perché alcune parti erano state murate nella chiesetta monastica abruzzese di S.Stefano ad Rivomaris. Le restanti reliquie erano state traslate e nascoste in Francia, come i resti di S.Vito e altri martiri cristiani. L’abate S.Salvio d’Amiens localizzò in una visione onirica la cripta di sepoltura segreta del marire S.Firmiano. Le spoglie recuperate vennero poi traslate nella cattedrale d’Amiens.
Il vescovo San Salvio d‘Amiens perciò fu più volte ritratto nei dipinti antichi con in mano il cofanetto delle sacre reliquie di S.Firmiano,evangelizzatore della frentania.
Dissertazioni sopra S.Salvi-Francesco Antonio Zaccaria-1780-da pag.36 a pag 43)


I carteggi ufficiali della Santa Sede citarono per la prima volta il monasterium Sancti Salvi il 28 settembre 1173 nella bolla di papa Alessandro III il quale annoverò tale chiesetta ed altre zonali chiesette tra i possessi dell’arcivescovo di Chieti . Il pontefice Alessandro III citò il monasterium Sancti Salvi assieme al monastero Sancti Martini de‘Pallita, al mona-stero Sancti Martini in Valle ed altri.
(Ughelli-ITALIA SACRA-tomo VI-pag.707-709- Venezia 1720

Il 19 ottobre 1208 anche la bolla del papa Innocenzo II riconfermò sempre gli stessi possessi all‘arcivescovo di Chieti e citò ancora i monasteri di: “Sancti Martini in Palectu… Sancti Salvi … Sancti Martini in Valle“.
(Ughelli-ITALIA SACRA-Tomo VI-pag 713-715-Venezia 1720) Peppino Romondio
Peppino Romondio






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