(Il castello di
Monteodorisio)
Io so di aver avuto una nonna speciale.
Nonna Caterina era nata il 21 Luglio 1886 a Monteodorisio
(CH), quindi all'alba del novecento aveva già 14 anni, e
mi affascinava sentirla raccontare come si era svolta la
sua vita in particolari momenti.
Mi raccontava del suo vivere da ragazza di buona famiglia
che si doveva attenere a certe regole, della sua vita di
fanciulla in quel suo piccolo paese aristocratico,
arroccato su una collina, del castello di Maria Giovanna
dove si scorgeva,sinuoso, il Sinello e sotto, il dirupo,
che era fonte di preoccupazioni e pericolo di frane.
Aveva tre fratelli ed era la più piccola nella famiglia,
oltretutto la sola figlia femmina.
I suoi fratelli, Nicola, Riccardo e Enrico, la
proteggevano . Io li ho conosciuti tutti e tre come pure i
loro figli.
La nonna mi raccontava sempre di una sua zia "monaca", la
quale aveva provveduto alla sua educazione, a procurarle i
vestiti che faceva arrivare direttamente da Napoli (si era
ancora sotto la dominazione borbonica), alle abitudini del
tempo e tante altre storie molto interessanti.
La zia monaca era ritornata a Monteodorisio da un convento
napoletano, requisito dai Borboni, dal quale le suore
erano state mandate via, ognuna facendo ritorno al paese
d’origine, con un vitalizio governativo.
Dopo il ritorno, la zia monaca, aveva mantenuto i contatti
con Napoli, così che continuava a far vestire le nipoti
dai sarti di quella città.
A casa veniva a pettinarla una donna con il “rollo”,
formato dai capelli e da un rotolo dove venivano avvolti
(di questa sua acconciatura avevo una splendida foto
dell’epoca con un vestito speciale. Cercherò di recuperare
la foto).
La nonna mi raccontava anche del suo fidanzamento con
nonno Cesare.
Mi diceva che il loro matrimonio era avvenuto per uno
sparo. Precisamente, come si usava a quei tempi, la
richiesta era stata fatta ai genitori e ai fratelli, i
quali non vedevano di buon occhio che dovesse trasferirsi
in un altro paese, a Cupello, forse a due chilometri di
distanza, e così avversarono la richiesta di questo
innamorato.
L'innamorato respinto non si perse d'animo ed escogitò un
sistema per non farsi dire: no.
Successe che Nonna Caterina sostava spesso, forse a
ricamare, vicino alla finestra che dava verso il Sinello,
dove si affacciava per ammirare il panorama e a
fantasticare. Una sera, mentre all'imbrunire era in questa
piacevole occupazione, il giovane Cesare passò di lì e con
il suo fucile da cacciatore sparò verso o a fianco di
quella finestra, così da compromettere la fanciulla, come
a segnare un possesso: questa ragazza deve essere mia.
Tutto il paese , in breve, fu al corrente della cosa e
quindi la giovane compromessa. Inevitabile la sua famiglia
e sopratutto dei fratelli, dovettero accettare il
fidanzamento in casa e permettere che questa adorata
sorella cambiasse paese.
Cominciarono i preparativi e naturalmente fecero la
conoscenza con la famiglia di lui. Avvenne così che i
matrimoni diventarono due poiché Nicola, uno dei fratelli
di nonna, si innamorò di Domenica, sorella di Cesare, e
così si fidanzarono anche loro.
I preparativi furono all’altezza delle due famiglie.
Quella di mia nonna più signorile, come allora erano
considerati gli abitanti di Monteodorisio e più contadini
gli abitanti di Cupello.
Per preparare la dote ci si recava a fare acquisti a
Vasto, ma per arrivarvi bisognava passare per il paese
dello sposo e la sposa non doveva vedere il paese prima
del matrimonio. Per evitare questo, nell’attraversare
Cupello, venivano tirate giù le tendine dei finestrini
della carrozza in modo che la sposa non potesse vedere il
paese e né poteva essere vista dai suoi abitanti.
A quei tempi, come usanza, si cercava di non dividere le
proprietà terriere, che spettavano ai figli maschi, così
che la dote data alla figlia femmina consisteva in danaro
e biancheria. Se ricordo bene la nonna mi parlava di
quattromila ducati (non ho idea di quanto possano essere
attualmente quantificati)
Il matrimonio avvenne e la nonna si trasferì a Cupello
dove la chiamavano la signora.
Mi raccontava del suo integrarsi nella nuova famiglia e
dei personaggi singolari della stessa. Le cognate nubili
si facevano consigliare da lei per i vestiti e la
pettinatura.
Mi incantavo ad ascoltare le sue storie. Peccato non
disporre, allora, di un registratore, che non esisteva, ed
ora i miei ricordi sono frammentari. Mi dispiace molto non
ricordare tutto.
Io la ricordo sempre vecchia eppure quando sono nata io,
lei aveva solo 48 anni.
Lei, dopo la morte del marito avvenuta in America nel 1918
(ho una foto della tomba di nonno Cesare a Rochester e so
che esiste ancora, i parenti me lo hanno inviato dieci
anni addietro), aveva indossato un vestito nero e legato
un fazzoletto, sempre nero, in testa.
Lo toglieva solo per pettinarsi.
Nei miei ricordi è rimasta sempre uguale, fino ai suoi 75
anni. Quando è mancata io ero già a Torino.
Era il giorno della Befana ed ho fatto il viaggio in treno
sperando di trovarla ancora viva.
Maria Mastrocola Dulbecco