Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri
Maria Mastrocola
(Vita torinese)
I racconti della signora Maria
Due foglietti rotti
Ceriale Agosto 1995
Ore 6,30
di Maria Mastrocola
La spiaggia è ancora
addormentata, deserta, il mare calmo appena si muove.
Il risveglio non è assordante come le ore che seguiranno.
Le onde lambiscono la sponda pigramente quasi a non voler
disturbare le persone che ancora dormono dietro le
finestre socchiuse di fronte a questa massa stupenda di
acqua azzurra.
Il furgoncino della stampa preceduto dal rumore di una
saracinesca, che si alza, lascia il suo pacco di giornali.
Un altro furgone arriva a scaricare altri giornali, forse
riviste, ripartono e nel silenzio assoluto il rombo di
questi motori sono amplificati al massimo.
Passa una famiglia di quattro persone, forse si godono una
passeggiata sul bagnasciuga prima che venga invasa dai
bagnanti.
Due pescatori con le canne in mano attraversano la
passerella per guadagnare il posto migliore sull’isolotto
che si trova al fondo ma qualcuno li ha già preceduti.
Resteranno tutta la mattina, con le loro attrezzature
migliori e le ultime esche comprate al negozio di “Caccia
e pesca” con la speranza di agguantare qualche pesce.
Due cocorite, dentro una gabbia appesa al balcone di
fianco iniziano il loro chiacchiericcio, sono variopinti e
per un attimo attirano la mia attenzione.
Più tardi è un andirivieni di mariti che vengono a
conquistare un posto sul pezzo di spiaggia libera
piantando l’ombrellone e preparando le sdraio per le mogli
o anche per loro. Ci si prepara a trascorrere una giornata
al sole.
Paolo è sceso giù a portare il cane poco più giù nel viale
dove in un apposito piccolo ritaglio lungo la ferrovia,
anche loro possono fare i loro comodi.
Io vado giù a sedermi su una sdraio che gentilmente la
padrona dello stabilimento di sotto mi mette in riva al
mare. Passo prima a prendere un caffè e fare due parole
con loro. Ho bisogno di rilassarmi, di dimenticare le
preoccupazioni che al lunedì mi attendono in città ed
allora mi tuffo nell’acqua perché quello per me è un
momento di serenità, racconto al mare i miei dispiaceri e
questi si attenuano a quel liquido tepore e mi infonde un
po’ di speranza, mi ricarica per affrontare domani.
Mi porto un libro per avere un contegno visto che sono
sola in mezzo a tanta gente che allegra schiamazza, grida
con i bambini, sorridono, si scambiano opinioni sulla
giornata e sui conoscenti assenti.
Non resto molto, non sono serena, scappo sopra tanto dal
balcone posso guardare tutti e quel mare immenso mi ispira
fiducia in quel domani che non ha pietà di me. (Mi
riferivo alle quattro rapine subite in negozio
cosperatorie terribili.