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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I racconti di Fernando Sparvieri



Un po' di storia locale raccontando personaggi











Lu buánnitàure
(Il banditore)

di Fernando Sparvieri

Paolo De Luca

Un tempo, all'incirca nel primo sessantennio del secolo scorso, ogni paese aveva il suo banditore, cioè colui che "buttava" il bando.

Questa figura caratteristica, ormai scomparsa, era un dipendente del Comune, il quale, tra le varie mansioni che svolgeva (acquaiolo, camposantaro, addetto ai riscaldini nelle scuole), aveva anche l’incarico di "buttare il bando", cioè di divulgare ad alta voce alla cittadinanza, girando a tappeto le vie del paese, avvisi, ordinanze, disposizioni, leggi, notizie ed informazioni che potessero interessare l'intera collettività.

Il banditore, pur essendo un dipendente comunale, non svolgeva tutta...via solo compiti istituzionali, nel senso che prestava la sua opera solo per il Comune, ma era tenuto a garantire il suo servizio anche a privati, generalmente negozianti, ambulanti o altri, dai quali riceveva l'incarico di "propagandare" merci in vendita, prodotti alimentari o di qualsiasi altro genere, commissioni che gli venivano pagate a parte o ricompensate molto spesso sotto forma di baratto.

Per questo motivo, munito di trombetta e con il berretto municipale in testa, che gli conferiva una sorta di distintivo, era frequente sentirlo strillare per le vie del paese, sopratutto all'imbrunire, quando si era certi che le famiglie, soprattutto quelle dei contadini, erano rientrate a casa dalla campagna e quindi il bando avrebbe avuto, come si dice oggi in gergo televisivo, un maggiore “share” d’ascolto.

Generalmente, il banditore, si fermava all’imbocco di ogni via e dopo aver suonato TUU.. TUU... con la classica trombetta, "buttava" il bando. I vicoli, a volte deserti e silenziosi, all'improvviso risuonavano della sua voce ed i suoi messaggi, apparentemente senza auditori, entravano nelle case dove vi erano sempre orecchie tese ad ascoltarlo. Il bando, o per necessità o per curiosità, era sempre ascoltato e spesso le mamme, dentro le case, invocavano il silenzio dei bambini che si buscavano qualche scuppulàune (scoppola) se non stavano zitti.

Insomma il bando, a quei tempi, aveva un’ importante funzione sociale perché era l'unico modo che aveva la gente per informarsi della vita del paese e, in assenza di altri mezzi di comunicazione, era l'unico "mass media" in grado di svolgere una funzione informativa di massa.

Volendo adoperare una similtudine con i mezzi di comunicazione attuali, il bando può essere paragonato ad un moderno telegiornale, intramezzato da spot pubblicitari, ed il banditore ad uno speaker, ad un portavoce, ad un annunciatore televisivo, o addirittura ad un presentatore, ricordando i tempi in cui il nostro z'arrangáve (saliva) sopra la cassa armonica per presentare i concorrenti ed annunciare i premi durante le feste popolari.

Anche San Salvo, dagli anni '20 alla fine degli anni '60, ha avuto i suoi bravi banditori.

Gli ultimi banditori, il cui ricordo tutt'oggi è rimasto impresso nella memoria collettiva dei sansalvesi, sono due: Paolo De Luca (Paulúccie De Lìque) e Giuseppe Masciale (Zi' Pippine Marisciálle). Il primo, Pauluccie De Lìque, banditore storico per eccellenza e sansalvese purosangue, ha svolto tale mansione sino alla fine degli anni '40; il secondo invece, il mitico Zi' Pippine Marisciálle, proveniente da Bitonto, padre di Tonine Marisciálle, è stato il successore di Pauluccie e ha prestato la sua opera, anche come fontaniere, sino alla fine degli anni '60.

Ognuno, in un certo qual modo, fu figlio del suo tempo.

I bandi di Pauluccie De Lìque erano "buttati" molto spesso in un dialetto italianizzato, che spesso suscitavano l'ironia e l'ilarità degli ascoltatori, mentre quelli di Zi' Pippine Marisciálle erano "buttati" in italiano, con voce squillante, scandendo le sillabe. Pauluccie De Lìque, inoltre, si serviva della classica trombetta e si spostava a piedi per le vie del paese, Zi Pippine, invece, un innovatore, usava una tromba ad un solo pistone, girava per le vie del paese in bicicletta ed amava personalizzare i bandi con qualcosa di suo, per rendere più originale ed incisivo il messaggio.

Uno dei bandi più famosi di Zi Pippine fu quello in cui annunciò la proiezione del film “I figli di nessuno”. Disse: “Questa sera, alle ore 8.00, tutti al cinema!”. E dopo aver detto il titolo del film, con un tocco di classe aggiunse:”Un film drammatico, commovente, con Amedeo Nazzari, Ivonne Sanson e Folco Lulli”. Divertenti ed originali erano i suoi bandi anche quando annunciava l’arrivo a San Salvo di Zi' Predde (Zio Prete), lo storico pescivendolo scalzo che veniva da Vasto. Cambiava ogni volta copione. Una volta, per rendere più sbalorditivo il suo bando, disse: "Chi vuol comprare il pesce! Pesce freddo! Sono arrivate a nuoto, direttamente dall'Adriatico, le triglie e le figlie delle triglie".

In tutt’ altra epoca era stato invece banditore Pauluccie Di Lique, il suo predecessore, del cui servigio se ne servì in tempo di guerra persino l’AMGOT (Allied Military Government of Occupied Territories), che, durante il 1° conflitto mondiale, aveva sotto controllo alleato le terre italiane non ancora riaffidate al Re e che, come San Salvo, appena liberata dai tedeschi, erano sottoposte a un governo militare d'occupazione.

Zi' Pauluccie, era un brav’uomo, ligio al dovere. I suoi bandi, al contrario di quelli di Zi' Pippine, in sintonia con i tempi, erano quasi sempre in dialetto e molto seriosi, nel senso che non usava fronzoli, ma diceva vino al vino e pane al pane. Se una pecca dobbiamo proprio trovargli, a proposito del vino, era che non disdegnava di farsi ogni tanto qualche buon bicchiere, abitudine che in più di una circostanza, si racconta, lo mandò un po' in confusione durante i bandi.

Taluni suoi bandi, tramandati alle future generazioni, sono da considerarsi storici. Vi è da considerare che all'epoca la lingua madre era solo il dialetto, che l'analfabetismo era molto diffuso, che pochi erano in grado di parlare in l'italiano che lo si udiva solo alla radio (per quei pochi che la possedevano).

Famoso resta un bando di Zi' Pauluccie durante una festa di San Vitale in cui avvisava la cittadinanza che dopo il concerto bandistico vi sarebbero stati i fuochi artificiali nell'attuale zona di Via Duca degli Abruzzi.

Salito sulla cassa armonica, durante una pausa della banda, in dialetto italianizzato, disse:


AVVISAZIONO

Quando la bando sei fernito il pezzo d’obbro,

tutti colui che vuol veder la foca

andasso schininzo il trappito di Ciovitto

vicino la caso di Carminuccio di Cosomitto
”.





Traduzione:

AVVISO

Quando la banda avrà terminato il pezzo d'opera,

tutti coloro che vorranno vedere i fuochi pirotecnici

andassero nei pressi del frantoio di Civetta (Civetta era il soprannome del frantoiano)

vicino la casa di Carmine Cosomitto (atro soprannome sansalvese).


Altro bando memorabile di Zi Pauluccie Di Lìque, rimasto nella memoria collettiva dei sansalvesi, fu quello fatto buttare da Pompeo Marzocchetti, che aprì il  primo cinema a San Salvo nell'immediato dopoguerra in un'area  all'aperto, recintata con tavole, realizzata a fianco della chiesa, lato vecchio palazzo scolastico). Incaricò Zi' Paulúccie, che forse con qualche bicchiere di troppo in corpo, iniziò il giro, ma già al primo vico, dopo aver suonato la trombetta e iniziato a buttare il bando, ebbe un vuoto di memoria ed in dialetto disse:


Tuu Tuu. Questa sera, a lu cineme di Pumbuè, zi fa...(pausa cercando di ricordare il titolo del film) ... e zi fa... (altra pausa), zi fa... e zi fa ... sáccie chi cazze zi fa hàsse!!!", e se ne andò.





Traduzione:

Questa sera, al cinema di Pompeo si fa... e si fa... e si fa... non lo so un cazzo che si fa.


Il bando più bello e significativo, buttato tutta... via da Zi' Pauluccie Di Lìque, certamente il più educativo, fu quello di cui lo incaricò il macellaio Michele De Francesco, soprannominato” Remmicchele”, che avendo appurato che su di lui giravano in paese strane voci denigratorie, così gli ordinò di dire:

“Tuu Tuu. Ha dette Remmecchele, lu macillare, ca ugnune penzasse a li chezze su!!!




Traduzione:

Ha detto Remmichele, il macellaio, che ognuno pensasse ai cazzi suoi.






I racconti di Fernando Sparvieri

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MA CHI SAREBBERO
LI SALVANESE

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(Emilio Del Villano)















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