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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I racconti di Fernando Sparvieri



Un po' di storia locale raccontando personaggi










Zi' Cármene de Hallàtte
(Personaggi)

di Fernando Sparvieri

Forse saranno gli anni che passano, sarà che con l'età che avanza è naturale che mi assalga un po' di nostalgia per la mia adolescenza, ma ogni tanto mi tornano in mente fatti e personaggi, appartenenti a quell'antica, povera e meravigliosa società contadina, che associandoli a fatti ed eventi attuali, mi strappano, al solo ripensarci, un sorriso.

Uno di questi personaggi è zi' Cármene de Hallàtte (Carmine Aloè), originario di Cupello, sansalvese d'adozione da tempi immemorabili. La storiella invece accadde in Via della Mirandola, la via in cui egli abitava insieme alla moglie, da sempre strada cittadina che faceva parte del tragitto in cui passave lu morte (transitavano i cortei funebri), prima di imboccare Via dei Cipressi, per andare al cimitero.

Era una misera casetta la sua, con solo piano terra. Per entrarvi c'era una porticina in legno color verde, dipinta con il pennello, scolorita dal tempo e dalla povertà. Come si usava a quei tempi, la porta aveva un'unica anta spezzata, si apriva interamente o a metà, in modo da far entrare, aprendo solo quella superiore, l'aria e la luce. Non mancava, in basso a destra, la hattarole (la gattaiola), per far rientrare o uscire, a suo piacimento, il gatto.

Quand'ero un ragazzino, lo vedevo sempre lì, Zi' Cármene de Hallatte, dietro quella porta, con mezza anta superiore aperta. Mi ci scappavano gli occhi. Nella semioscurià della stanza lo ricordo nghe lu vucàle 'mméne (con il boccale in mano) ricolmo di vino, mentre, nghe nu pare de baffe argricchìte (con un paio di baffi all'insù), se lo scolava tutto d'un fiato, non facendogli dire manghe Gisì (non facendogli dire manco Gesù), modo di dire in dialetto sansalvese che significava compiere un'azione con velocità.

Lui, accorgendosi, che lo stavo osservando, seppur di sfuggita, farfugliava parole incompresibili in dialetto cupellese, mentre io, con un po' di soggezione, mi allontanavo facendo finta di niente.

Era famoso a San Salvo zi' Cármene de hallàtte. Dicevano che beveva il vino a lu pisciatàure (al pitale). Pare che sua moglie, per farlo bere di meno, un giorno gli nascose il boccale. Lui se ne accorse e riferendosi alla moglie, disse tra sé e sé: "E ca tu l'annascúnne" (E che tu lo nascondi). Prese il pitale, andò alla botte, mise la cannella per spillare il vino e lo riempì. Poi, uscì dinanzi casa e parlando direttamente al pitale gli disse: "Prime beve tu, doppe j', e doppe zi' Carmine" (Prima bevi tu, poi io e poi zio Carmine) e se lo scolò.

A detta degli anziani, era un buon uomo, dotato di ottimo spirito ironico alcolico. Piuttosto esile di corporatura, contadino, aveva combattuto in gioventù nella prima guerra mondiale. Forse per questo motivo i ragazzini, avendolo sentito raccontare di quand'era soldato, lo sfottevano dicendogli: "Zi' Cármene di Hallette, nghe la sciábbele e baionette" (con la sciabola e baionetta). Poi rincaravano la dose apostrofandolo: "Zi' cà..." (Zio ca...), con doppiosenso.  Lui li rincorreva con la forca in mano, ma era solo un modo scherzoso per dissuaderli. Il primo a divertirsi era lui. Non avrebbe mai fatto del male ad una mosca.

Zi' Cármene de hallàtte, è la persona in piedi al centro in prima fila, nella foto dietro, a sinistra, di  Luigi De Filippis, accovacciato, sagrestano di Don Cirillo alla Chiesa di San Giuseppe, nei primi anni '60. La foto è stata scattata al Monumento ai Caduti, durante una commemorazione del 4 Novembre.


Tanti sono gli aneddoti su di lui.

Si racconta che un 16 Agosto, come facevano molti sansalvesi, si recò a piedi alla festa di San Rocco a Cupello, suo paese natale. Durante la festa lo trovarono riverso a terra e qualcuno chiamò i carabinieri.

"Tre contra une" (Tre contro uno), iniziò a gridare appena li vide arrivare. "Tre contra une", ripeteva continuamente. I carabinieri, pensarono che l'avessero aggredito e gli chiesero chi lo aveva ridotto in quello stato. "Tre contra une", ripetette ancora una volta. Poi fece i nomi: "E' state lu vine cótte, lu fermentate e lu returnate" (Sono stati il vino cotto, il fermentato e lu returnate". Lu returnáte era un tipo di vino un po' più leggero.

E restando in tema di cadute, pare che dopo una forte nevicata, ubriaco, uscì per San Salvo. Cadde. Lo ritrovarono allungato per terra con la neve intorno a lui che z'ave' squajáte (si era disciolta), tanto era il calore prodotto dal vino che aveva in corpo. 

Ma la vera frase ad effetto di zi' Cármene de hallàtte, la ripeteva spesso allegoricamente mio padre, ormai anziano, quando seduto dinanzi al televisore, comparivano sullo schermo folle oceaniche, che osannavano rockstar e rappresentanti del mondo politico e sindacale, come se fussere Gesucréste (fossero il Cristo).

Zi' Cármene la pronunciò durante il passaggio di un corteo funebre dinanzi casa sua. Da dentro casa, udì il rumore dei passi ed il vocio della folla che accompagnava lu morte (il defunto) al cimitero. Si affacciò alla porta e nghe lu vucále (con il boccale) in mano, dopo aver scrutato in faccia le tante persone che seguivano il feretro, serio, esclamò: "Ma tu véde canda stupite appresse a nu stupide" (Ma tu guarda quanti stupidi dietro ad uno stupido).

11 Maggio 2022


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Zi' Carmene de hallàtte
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