Quella
gita a Roma con Balduzzi
(Una storia vera tra realtà ed irrealtà)
(Fatterelli)
di Fernando Sparvieri
Il cav. Leone Balduzzi, il IV
da sinistra, in gita a Milano, con iscritti al Circolo
Commercianti ed artigiani di San Salvo,.
Durante il lungo periodo in
cui Leone Balduzzi fu presidente del Circolo Commercianti ed
Artigiani, da lui fondato sul finire degli anni '70, spesso
organizzava gite e villeggiature in tutta Italia, da Palermo
a Milano.
In una di queste gite invitò anche me. Eravamo amici e
vicini d'ombrellone alla "Caravella", giù al mare, ed un
giorno, tra una battuta ed un altra, che caratterizzava le
nostre chiacchierate, serio serio mi dice:
"Vu' mené'
nghe nì dumàneche a Rome" (Vuoi venire
domenica con noi a Roma).
"E che játe a fa?" (E cosa andate a fare?), gli
chiesi.
"Jáme a vedà' lu Pape!" (Andremo a vedere il Papa).
"Ve' pure Maresciálle, vu mené'?" (Verrà pure Tonino
Masciale, vuoi venire?), aggiunse per invogliarmi.
Io, che durante la vita mia, ne avevo visti ben due di Papi
da vicino: Giovanni XXIII, a Castelgandolfo, nella sua
residenza estiva, quando ancor bambino, me lo vidi passare a
fianco seduto sulla sedia gestatoria, e poi Paolo VI, a
Roma, quand'ero soldato, mentre in piazza San Pietro suonava
la Banda dei Carabinieri, accettai di buon grado il suo
invito. Desideravo vedere, sempre da vicino, anche il nuovo
papa Giovanni Paolo II, da poco salito sul trono di Pietro,
non avendo avuto il tempo di vedere, neppure bene in
televisione, il suo predecessore Papa Luciani, Giovanni
Paolo I, deceduto purtroppo dopo appena 33 giorni di
pontificato. Il fatto poi che venisse a Roma anche
Tonine
Maresciálle (Gaetano Antonio Masciale), mio grande
amico, fotografo, geometra e musicista, detto
Maresciàlle
(maresciallo) per una storpiatura del suo cognome, mi fugò
ogni dubbio.
Partimmo. Fu un viaggio a dir poco allucinante, dimagrante
per il gran caldo che faceva. Era il mese di Agosto dell' 82
ed il sole spaccava le pietre. Il pulmann, modernissimo,
tirava fuori dai bocchettoni del climatizzatore solo aria
calda e per di più, all'autista, gli venne in mente anche di
fare l'A1, l'Autostrada del Sole, la Roma-Napoli, chiamata
anche "Autosole", e questo nome già dovrebbe rendere bene
l'idea di quanto caldo facesse dentro... lasciatemelo
dire... quel ca...ldo di pullman.
C'era davvero da sfiatarsi lì dentro. Gli artigiani e
commercianti,
tutti arcagnìte (vestiti a nuovo), con
vestiti, camicie e cravatte, come se fosse il giorno della
Festa di San Vitale (d'altronde dovevano andare a Roma dal
Papa), erano tutti in apnea e stavano sudando le proverbiali
67 camice, tanti ne erano i passeggeri a bordo, me escluso.
Solo io, ed un po' all'inizio me ne vergognavo, mi ero
vestito casual, come se dovessi andare al mare. Ma poi,
strada facendo, mi resi subito conto che rispetto a loro,
che si erano imbacuccati da cima a piedi, ero un uomo
fortunato.
Per l'occasione, infatti, memore di un viaggio estivo di un
mio zio, appassionatissimo di geografia, che girava il mondo
da casa sua, sul mappamondo e cartine geografiche, e che era
andato a Roma in treno, al mese di Agosto, con le mutande
lunghe, perchè doveva attraversare l'Appennino, indossai una
maglietta smanicata, colorata a strisciette orizzontali
gialle e rosse, senza cannottiera, un paio di calzoni estivi
sino al ginocchio (mica potevo andare al Vaticano in costume
da bagno) ed infilato ai piedi un paio di zoccoli del dr.
Scholl, che si vendevano solo in farmacia.
Rispetto agli altri, si salvò un pochino da quel caldo anche
Tonino, a cui la moglie aveva fatto indossare i pantaloni
lunghi, calze bianche, scarpe nere "mocassini" e una camicia
celestina a maniche corte, con taschino laterale sul petto,
in cui ci aveva infilato il solito pacchetto di sigarette
MS, le sue preferite, insieme ai cerini. Non gli servirono a
molto durante il viaggio quelle sigarette. Non fece in tempo
ad accendere neppure un cerino che subito si levarono grida
di proteste, come a dire: sopra i cotti il fumo bollente.
Che caldo che faceva quel giorno dentro quel pullman. Si
poteva partire, da un momento all'altro, con un biglietto di
sola andata, per l'altro mondo, morti di asfissia.
L'unico fresco, almeno di nomina, era Balduzzi, che da
qualche giorno, si fregiava scientemente dell'onorificenza
di Cavaliere. Ci pensò lui, il presidente, a rinfrescare,
almeno le idee e la memoria, a quei poveri commercianti ed
artigiani, ormai sull'orlo dello sfinimento e svenimento. Si
alzò dal suo posto, e camminando pian pianino a tentoni, per
non perdere l'equilibrio, appoggiando le mani sui sedili del
pullman, arrivò vicino all'autista e preso il microfono (era
un pulmann modernissimo sebbene non gli funzionasse l'aria
condizionata), augurò dapprima un buon caldo viaggio a
tutti, iscritti e non, poi diede all'autista una
video-cassetta VHS, in cui vi era registrato un film della
loro ultima gita, e poi passò il microfono, a Capo Maiale
(Domenico Maiale), il capocantoniere.
Era davvero un organizzatore coi fiocchi Balduzzi. Non
lasciava mai nulla di intentato. Si portava dietro sempre
con sé, a turno, un fotografo (questa volta era stato
Masciale), ed aveva nominato suo cicerone ufficiale, Capo
Maiale (Domenico Maiale), il capocantoniere, un bell'omone,
bello e grosso, alto circa 1 metro e 90, di origine
palmolese. E chi meglio di lui, poteva conoscere tutte le
strade italiane essendo un capo cantoniere?
Vedendolo al microfono, mi venne da ridere, pensando dentro
di me: "Vuoi vedere che questo qua, cioè capo Maiale, ora
darà del salame a qualcuno?".
Sorridevo perchè mi tornò in mente una sera di una domenica
di Giugno, quando durante la festa di San Nicola, tra una
pausa e l'altra del cantante di lusso (a San Nicola
chiamavano sempre cantanti famosi; a San Vitale no), Capo
Maiale, in qualità di capodeputato (sempre capo era),
annunciava sulla cassarmonica i numeri vincenti della pesca,
così si chiamava in quel tempo la lotteria.
"3° premio", disse al microfono: "Radio a transistor offerto
dalla ditta Di Nardo & Gattone, biglietto vincente serie
A n. 156".
Poi continuò: "2° premio: stufetta elettrica Roventa,
offerto dalla ditta Vitale Benito, Vigorelli: serie D n.
315".
"1° premio... SALAME!!!", e si fermò, guardando tra la
folla.
Dopo dieci minuti di vocio tra il pubblico me ne andai a
casa senza che riuscissi mai a capire, se quel 1° premio
fosse un salame vero, offerto chissà da quale ditta, o capo
Maiale avesse dato del salame a qualcuno che gli aveva
gridato tra il pubblico: "Che sei".
Finalmente l'autista, colto da umana pietà, si fermò
all'ultimo all'autogrill, prima di uscire al casello di Roma
Sud. Che bello che era quell'Autogrill. Era costruito su un
ponte e ci passavano sotto le macchine. Era bello da
vedersi. Ma nessuno lo vide: avevano la vista appannata e
boccheggiavano per il caldo. Entrarono tutti dentro e poco
ci mancò che non svuotassero tutto il frigorifero delle
gazzose.
Che goduria lì dentro: l'aria condizionata era al massimo.
Non so se il passaggio repentino dall'aria calda del
condizionatore sfasciato del pulmann fece contrasto con
quella freddissima dentro l'autogrill o furono le gazzose,
fatto sta che si formò una lunghissima fila al bagno: tutti
a fare pipì. Andò anche Masciale che al suo ritorno parlava
francese. Aveva letto "toilette" sulla porta del bagno e gli
erano partite le reminiscenze scolastiche, innescando una
polemica, a distanza, di anni, come spesso era solito fare,
con un tizio, emigrato in Francia, che nemmeno conoscevo,
che era tornato in vacanza in Italia, con la sua auto
targata Parigi, che aveva avuto l'ardire di dire che lui,
che l'aveva studiato a scuola il francese, non lo parlava
bene, mentre secondo lui, era il parigino, un vero asino
patentato, francese.
E siccome da viaggio, nasce viaggio, iniziò a raccontarmi di
un altro suo viaggio allucinante in pullmann, o meglio
nghe
la pustale (la postale) o corriera, così la chiamavamo
i sansalvesi.
Mi raccontò che suo padre
zi' Peppine Maresciálle (Giuseppe
Masciale), quand'egli era poco più di un ragazzino, lo portò
in corriera a Bitonto, suo paese natale, a trovare i parenti
pugliesi. Sua mamma, la sansalvese Vitalina Di Rito, siccome
suo figlio doveva andare a trovare i parenti in Puglia,
j'
ave' fatte ngignà (gli aveva fatto indossare per la
prima volta) un pantalone nuovo, con la chiusura lampo alla
braghetta, una vera modernità per quei tempi.
"Papà, haja fa la pipì" (Papà devo fare la pipì),
disse Tonino al padre, dopo un paio d'ore di viaggio in
corriera.
"Cerca di rimantenere Tonino!" (Trattieni ancora per un po'
Tonino). "Stiamo per arrivare", gli aveva risposto,
zi'
Pippìne, che parlava con il figlio in italiano, come
quando buttava il bando per le vie del paese, essendo
banditore e fontaniere comunale.
Ma purtroppo per lui, Bitonto non era ancora così vicino.
"Non ce la facevo piu", continuò a raccontarmi.
"Mo me
scappáve" (Stava quasi per scapparmi).
Io, dentro di me, pativo, insieme a lui, solo
nell'ascoltarlo.
"Finalmente arrivammo a Bitonto" continuò a raccontarmi
Tonino, "e papà mi portò in un bar e chiese di un bagno".
"Ahhhh finalmente!", esclamai dentro di me. "Dopo tanto
penare finalmente ora la potrà fare, la pipì".
"Entrai al bagno", continuò ancora a raccontarmi Tonino, "
ma
che vu fuà! (ma che vuoi fare!)
La
chiusìura làmbe z'avé' 'ncippáte (La chiusura
lampo si era inceppata)
. Ne jáve chije né 'nnenze e né
rréte. Mo crepáve. (Non andava più avanti ed indietro,
stavo per crepare). "Da quel giorno", concluse con tono di
voce stizzita, "non ho mai più indossato in vita mia, un
pantalone con la chiusura lampo.
E' cusciè bélle 'na
vracàtte nghe le bettiune". (E così comoda una
brachetta con i bottoni).
"
Ti' rraggiàune Tonì'!" (Hai ragione Tonino), gli
dissi, e per dimostrargli la mia solidarieta di amico, gli
raccontai di due mie disavventure capitatemi al bagno,
quando, un paio di volte mi ci capitò in mezzo,
a la
chiusìura lámpe. Che dolore.
L'incontro con il Papa a
Piazza San Pietro
E finalmente, dopo la sosta, giungemmo a Roma. Il sole
picchiava alto sulla cupola di San Pietro.
La piazza
era gremita di fedeli e sopratutto di turisti di ogni
nazionalità.
C'erano statunitensi, russi, tedeschi,
finlandesi ed i soliti giapponesi, tutti con la macchinetta
fotografica reflex, con il cinturino Nikon, appesa al collo.
La canicola, in attesa che uscisse il Papa, era
aumentata. Il sole stava arrivando allo zenit:
ndunáve
(intondiva). Che caldo che faceva. C'era chi, per riparasi
dal sole cocente, si metteva le mani nei capelli, chi un
cappello da muratore sulla testa, fatto con un foglio di
giornale, come quando passava il Giro d'Italia, e chi ci si
metteva il libretto aperto della messa.
L'unico che aveva trovato un rimedio a quel caldo micidiale
era Capo Maiale. Si era messo sulla testa il tabellone con
la scritta "SAN SALVO", quello che serviva per non farci
perdere tra la folla, e non lo mollava a nessuno. Chissà
cosa avrei pagato per mettermelo anch'io, almeno per un
minuto, quella tabella sulla testa, ma non glie lo chiesi
temendo che mi dicesse: "Salame!!!".
E qui iniziai ad avere le prime allucinazioni. Vidi intorno
a me uno spogliarello collettivo. C'era chi si toglieva le
scarpe, chi la giacca, chi la cravatta, chi i pantaloni e
chi se li accorciava sino al ginocchio, come fanno i
pescatori di San Salvo in prossimità della battigia, quando
tornano dalla pesca. Sembrava di stare non più a San Pietro,
ma a Marina di Pietra Santa, sotto il solleone.
Mi girai e vidi
Renate (Renato Artese) l'ex Sindaco
di San Salvo, una persona seria, con un fazzoletto bianco in
testa come faceva
Juccie la monéche, la zitella,
durante le messe di Don Cirillo alla Chiesa di san Giuseppe.
Poi vidi il cav. Augusto Iezzi, imprenditore edile, che
aveva fatto altrettanto. Insomma tutto il gruppo
commercianti e artigiani con i fazzoletti bianchi in testa,
ad eccezione di
'Ntunine Cirascille (Antonio
Cirese) che invece ce l'aveva verde. Provai ad imitarli.
Tirai fuori dalla tasca un pacchetto di fazzoletti di carta
(uno di stoffa non l'avevo), ma dovetti subito arrendermi.
Fu peggio. La marca era Scottex.
L'ex Sindaco di San Salvo Renato Artese conil
fazzoletto religioso in testa.Dietro di lui, con il
fazzolettone verde, girato di spalle, si intravede
'Ndunine Cirascìlle (Antonio Cirese). Foto di Fernando
Sparvieri.
Ma non era finita lì. Ecco comparire all'improvviso dinanzi
a a miei occhi la papa mobile di Giovanni Paolo II.
"Alt", disse il Papa all'autista. Scese dall'auto ed andò ad
abbracciare direttamente Balduzzi. Gli sussurrò qualcosa
all'orecchio. Poi si portò il dito indice della mano destra
sulle labbra, facendogli intendere: "Acqua in bocca".
"Muahhh", pensai dentro di me. "Vuoi vedere che gli avrà
rivelato il terzo segreto di Fatima?" Mistero della fede.
Subito dopo il Papa risalì sulla papa mobile, salutò tutti i
comercianti ed artigiani, e diede loro a benedizione e se ne
andò a dir messa tra gli sbattamani (gli applausi).
Papa GiovanniPaolo II, un attimo prima che scendesse
dalla sua papa mobile, per soffermarsi a parlare con
Balduzzi. (Foto di Fernando Sparvieri)
Non so se quella benedizione il Papa la diede anche a me (io
in fondo ero un semplice impiegatuccio comunale), ma subito
dopo mi sentii pervadere il corpo: ricevetti il dono
dell'ubiquità.
Mi trovai contemporaneamente a San Pietro ed a Marina del
Santo, al complesso edilizio che aveva costruito al mare di
San Salvo don Camillo Mammarella, quello che costruì "Le
Nereidi", con la spiaggia che era piena di ombrelloni. Ne
affittai uno allo stabilimento "Le Marinelle," con relativo
lettino, mi ci sdraiai per un po' all'ombra e poi di corsa a
fare un tuffo. Ma ahimè era un miraggio. Il dono dell'ubiquità
scomparve appena misi un piede in acqua, ritrovandomi in
Piazza San Pietro bagnato di sudore.
"E che diamine", pensai in quel momento, bagnato fradicio di
sudore: "Possibile che a Piazza San Pietro non ci sia nessuno
che affitti almeno uno straccio di ombrellone, nemmeno della
Peroni?". Ce l'aveva solo il Papa un bell'ombrellone, anche se
non era un ombrellone vero e proprio, ma un bel tendone, non
proprio come quello della colonia al mare delle suore, che era
verde bottiglia, ma color porpora. Ci faceva lì sotto, seduto
all'ombra, proprio un figurone. Stava da Papa.
Giovanni Paolo II, dentro al suo bel tendone. In primo
piano il gruppo dei fedeli sansalvesi (Foto di Fenando
Sparvieri)
Giovanni Paolo II, nel suo tendone (Foto di Fernando
Sparvieri)
E mentre continuavo a vagare con nostalgia, ancora in stato
confusionale, al confine tra la realtà e la spiaggia di San
Salvo e di Vasto Marina, dopo un'ora di messa, tra preghiere e
dischi di canti gregoriani, che un prete ogni tanto metteva al
jukebox del Vaticano, la santa messa terminò.
'Ngrazie a De'! (Ringraziai il Signore). Il Papa,
risalì sulla sua papa mobile, salutò, passando, Balduzzi con
la mano, e si ritirò nella residenza papale e penso andò a
mangiare. Erano le 12 e mezza circa ed anche Balduzzi, ci
portò a pranzo.
Al ristorante vaticano
Era davvero un ristorante di lusso quello in cui ci portò
Balduzzi. Si trovava al piano terra di un antico palazzo
medioevale vaticano, ed aveva al suo interno il pavimento in
mosaico, gli affreschi e gli arazzi sui muri, raffiguranti
Cristo e Madonne varie. "Qui si mangerà da Papa", pensai
subito. A gestirlo erano le suore. Ci sedemmo tutti a tavola,
ma subito ci dovemmo alzare.
Balduzzi, prima di mangiare, ci fece dire in piedi la
preghiera e subito dopo ci disse che potevamo rimetterci a
sedere.
E qui, i miei occhi, videro cose mai viste.
Una bella suora giovane, forse una novizia, guardava con
occhio languido ed amorevole
a Mariscialle. Lo
guardava e lo riguardava. Se lo mangiava con gli occhi. "Muah"
pensai. "Quà, con il caldo che fa, ci manca solo il colpo di
fulmine di una suora"
Ed eccola avvicinarsi. "Buongiorno figliolo", disse a Tonino,
che per costituzione fisica era stato sempre un po' magrolino.
E poi in tono caritatevole, sorridendogli, gli fa: "Chissà da
quanti giorni non mangi figliolo. Adesso ci penserò io. Il
Signore è misericordioso con tutti, sopratutto con chi ha fame
ed è denutrito come te". Rimasi sbigottito. Eravamo capitati
in una mensa vaticana di accoglienza e solidarietà fisica e
spirituale.
La suora, andò via e dopo un poco tornò. Gli portò a Tonino,
dapprima un piattone di pastina bollente, che gli pelò la
lingua, e poi una coscia di pollo in brodo, una mela, anche
questa cotta, e per finire un pezzo di torta Saint Honoré,
giacchè ci trovavamo al Vaticano.
Non contenta, gli fece fare il bis. Non c'era nulla da fare.
Più Tonino le diceva: "Grazie suora" e più quella continuava a
portargli roba da mangiare.
Che mangiatona gli fece fare. Tonino stava per crepare, altro
che quella volta che gli si bloccò la cerniera della chiusura
lampo ai pantaloni, in quel bagno di Bitonto. Pur essendo
mezzo protestante (così almeno si diceva), non osò protestare.
Studiò un piano di fuga: appena la suora sarebbe rientrata in
cucina, per andare a prendergli altra roba da mangiare, lui
sarebbe fuggito, lontano. E così fece. Lei entrò in cucina e
lui, via. Potevo lasciarlo fuggire da solo! Fuggii anch'io,
Altro che Pietro Mennea, campione olimpico dei 200 metri piani
a Mosca nel 1980!
Le pite j'arruvuéve a la cudàlle (I
piedi per la velocità gli arrivavano sin dietro alla nuca).
Correva più del vento. Non reggevo il passo. Arrivai al
traguardo con un minuto e mezzo di distacco. Lo trovai
nascosto dietro una colonna del colonnato di San Pietro, che
faciàve
la ciuvuàtte (faceva la civetta come quando si gioca a
nascondino), per vedere se la suora gli avesse sguinzagliato
appresso le guardie svizzere, per farlo tornare a mangiare.
L'ansia e la paura gli passarono quando finalmente vide in
lontananza arrivare Balduzzi, allarmato per la nostra
scomparsa. Uscimmo allo scoperto e Balduzzi si rimise l'anima
in pace.
Al mare di Roma
Ero ancora stanco, ansimante e sudatissimo per la lunga fuga
dal ristorante, quando Balduzzi ebbe finalmente una grande
idea, geniale: "Tutti al mare di Roma", disse, tra gli
applausi e la felicità dei commercianti ed artigiani, che
finalmente si potevano mettere in costume da bagno. Ci portò
alla fontana di Trevi. Che bello che era quel mare. C'era una
grande statua che si chiamava "Oceano", che doveva essere il
padrone dell'unico stabilimento balneare. Poi c'erano due
statue di antichi contadini romani seminudi che facevano fare
il bagno ai cavalli, mentre le loro mogli, affacciate alle
finestre, vestite con le sottane sino ai piedi, come si usava
sino agli inizi degli anni '60 al mare di San Salvo,
osservavano i mariti, chissà da quanti anni, forse temendo che
prima o poi, insieme ai cavalli, sarebbero affogati. Ci
mancavano sole
le trajéne (i carretti)
E qui la prima sorpresa
. Costo ingresso gratis. Al
massimo, se uno voleva, poteva fare una piccola offerta
buttando qualche spicciolo in mare. Niente a che vedere,
praticamente, con i costi degli stabilimenti balneari di San
Salvo Marina, dove i gestori aumentano i prezzi ogni anno.
Che bellissima spiaggia, però! Non era molta grande, ma piena
di vip. Figuratevi che c'erano persino Marcello Mastroianni e
Anita Ekberg che facevano "La Dolce vita", facendo i bagni
vestiti in acqua.
Mi sarei tuffato anch'io, ma ero troppo sudato e preferii
affondare solo i piedi in acqua, direttamente dal muretto del
lungomare.
Il bagno al mare di Roma.
Nel frattempo Balduzzi, che era in spiaggia, era scomparso
dalla superficie terrestre, scrisse
nel suo rapporto
al capitano
Ujerme Lunghe, quando da caporal maggiore,
sotto le armi, punì un soldato che si era arrampicato su un
albero.
Non si trovava. Cerca su un albero di qua e cerca su un albero
di là, nulla da fare. Era introvabile. Lo cercammo in acqua,
nei bar del lungomare, ma di Balduzzi nessuna traccia, era
scomparso.
Sebbene capo Maiale non si era tolto per un attimo dalla testa
la tabella con la scritta "SAN SALVO", sembrava sparito nel
nulla. "Chissa dove sarà andato?", questo era il dilemma.
"Comunicazione di servizio", annunciò d'un tratto ad un
altoparlante il sig. Oceano, il proprietario dello
stabilimento balneare: "Il Cav. Balduzzi è atteso alla sala
barra. Ripeto: Il cav. Balduzzi è atteso alla sala barra",
uguale uguale a come lo diceva al microfono zio Emilio Del
Villano, giù al mare, alla Caravella, quando doveva fare un
annuncio in casi simili. Ma putroppo Balduzzi, cercato, per
terra, cielo (sugli alberi), ed in mare, sembrava essersi
dileguato nel nulla.
Il mistero venne presto svelato. Di lì a poco uscì un
comunicato stampa dell' ANSA (Agenzia Nazionale Stampa
Associata), che era lì a due passi dal mare, ripreso da tutti
i giornali e le televisioni private e di Stato. Apprendemmo la
notizia dal TG1 delle 17:00, in cui un giornalista annunciò:
"Questo pomeriggio, alle ore 15:30, il Cav. Leone Balduzzi è
salito al Colle, ricevuto al Quirinale, con tutti gli onori,
dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, per importanti
comunicazioni di carattere nazionale ed internazionale".
Grazie a Dio, non era stato rapito, come già si vociferava.
Non c'era da pagare nessun riscatto a quelli della banda della
Magliana, per un suo ipotetico rapimento, voce che era
cominciata a circolare.
Al Quirinale
Il colle non era lontano, ma c'erano minimo duecento metri di
salita, partendo da Via della Dataria sino all'altezza di Via
Salita di Montecavallo, con un ultima un'irta gradinata, da
scalare. Ci recammo in delegazione io, Masciale e
zi'
Umburtúccie De Filippis, ed arrivammo col fiatone al
Quirinale.
Il portone era aperto e provammo ad entrare. Due corazzieri,
in silenzio ed impalati lì davanti alle garitte del Quirinale,
non ci degnarono neppure di uno sguardo, ma sbucarono
all'improvviso due carabinieri, che non ci fecero entrare.
"Alto la chi va là", dissero con i mitra spianati, forse
credendo che c'era un pazzo, con gli zoccoli e pantalononi
corti, che volesse fare un bagno, con Pertini, nella piscina
presidenziale. Alzammo le mani e per poco non me la feci sotto
al Quirinale.
Zi' Umburtúccie con le mani alzate,
spiegò che
lui era un caporal maggiore guastatore, che era stato prima in
Jugoslavia e dopo in Libia, agli ordini del generale
Dominioni, e che aveva combattuto la battaglia di El Alamein,
e che conosceva personalmente anche il generale tedesco Rommel
(la volpe del deserto), e gli fecero abbassare le mani.
Masciale disse che lui era
Maresciálle in borghese e
fecero abbassare anche a lui le mani.
Io, con gli zoccoli del dottor Sholl, i pantaloni corti e
maglietta smanicata, dissi che avevo fatto il militare a
Cassino, all' 80° Battaglione Fanteria Roma, e che conoscevo
Cucinella, il maresciallo di San Salvo ed anche gli appuntati
Carlino, Gravina e Pepe, di cui ero compare, ma non mi fecero
abbassare neanche una mano.
Per fortuna, quando mi stavano per crollare le braccia a terra
(era mezz'ora che stavo lì con le mani in alto), mi salvò
Balduzzi, che accompagnato da Pertini stava uscendo dal
Quirinale. Garantì per me, per conoscenza personale, e
finalmente mi fecero abbassare le mani. Io, per precauzione,
abbassai prima la mano destra e poi la sinistra, per timore
che Pertini, vedendomi solo con quella destra in altro, si
offendesse scambiandolo per un saluto fascista (apologia di
reato), scambiandomi per un esponente del Partito Nazional
Fascista, rimasto in mutande.
Tutto bene quel che finisce bene. Ma che paura quel giorno con
quei mitra spianati. Potevo morire d'infarto e poi vallo a
spiegare. Le cose si erano messe davvero male.
Fernando Sparvieri e zio Umberto De FIlippis in piazza
del Quirinale, in attesa che uscisse Balduzzi ricevuto dal
Presidente della Repubblica Sandro Pertini, al Quirinale.
Non so se fu quel forte spavento a darmi una prima scossa
mentale, una specie di eletroshock. Fatto sta, che
ancora in stato semiconfusionale, cominciai a meditare.
"Balduzzi al Quirinale?", dissi dentro di me. "No! Non è
possibile" esclamai stupefatto, anche se ormai c'era poco da
stupirsi o meglio da stupidirsi.
E poi fu la volta dei dubbi.
"Vuoi vedere che son venuto a Roma e non ho visto il Papa?".
Un dilemma amletico shakespeariano iniziò ad assalirmi la
mente. Il dubbio era: "Esserci o non esserci, a Roma". Ed
incominciai a dubitare di tutto e di tutti, persino della mia
esistenza.
Mi sovvenne in aiuto Cartesio con il suo "cogito ergo sum":
"Io penso, dunque ci sono". Il problema era che io non c'ero
proprio, di cervello.
"No", pensai: "Ciò a cui ho assistito oggi a Roma è irreale".
E poi: "No! Non è possibile che Leone Balduzzi sia stato
ricevuto oggi, nel primo pomeriggio, in pompa magna al
Quirinale.
E ancora: "No! Non è possibile che Renato Artese, l'ex Sindaco
di San Salvo, persona integerrima, si sia messo un fazzoletto
di stoffa in testa, come
Juccie la monache, questa
mattina al Vaticano.
E poi ancora: "No! Non è possibile che Papa Giovanni Paolo II
abbia svelato a Balduzzi il 3° segreto di Fatima. No! Non
possibile.
Tutto ciò a cui ho assistito oggi è irreale".
Intanto il pullman, nel buio della notte, viaggiava. Stavamo
tornando a casa.
Capo Maiale, con il microfono in mano, giunti dopo Isernia,
vide un paesino arroccato sulla montagna, illuminato ad agosto
meglio di un presepe e disse: "Il presepio che vedete alla
vostra sinistra è Pesche". Muahh.
Il chiarore della luna piena ed il luccichio delle stelle,
illuminavano fuori dal finestrino C.da Bufalara.
Stavamo per tornare a casa.
E fu allora che Balduzzi, all'improvviso si alzò dal suo
posto, e nel buio del pullman, illuminato a malapena dai
faretti notturni di riposo, camminando pian pianino a tentoni
per non perdere l'equilibrio, arrivò vicino all'autista, prese
il microfono e disse: "Cari amici artigiani e commercianti
vicini e lontani (riferendosi a quelli che erano seduti alle
prime ed ultime file nei sedili nel pullman), il Papa, oggi a
Roma, mi ha rivelato un segreto. Non posso rivelarvelo adesso,
ma presto vedrete con i vostri occhi il miracolo che si sta
per compiere".
Era il 19 Febbraio del 1983, quando un elicottero con la
scritta sul portellone "Repubblica Italiana", atterrò a San
Salvo.
Era Giovanni Paolo II, il Papa.
Gli aveva prestato l'elicottero il Presidente della Repubblica
Sandro Pertini, e questo era il motivo per cui Balduzzi era
andato quel giorno al QUirinale.
Il papa discese dall'elicottero, salutò il vescovo di
Chieti-Vasto Mons. Fagiolo, chiedendogli notizie di come stava
Balduzzi, e poi andò direttamente al Circolo Commercianti ed
Artigiani, in 1° vico Piazza San Vitale, dove venne accolto
tra grida di giubilo, fiori e confetti.
Era venuto a festeggiare San Giuseppe falegname, patrono dei
papà, degli operai e artigiani.
Benedisse tutti con grande affetto. Poi andò, operaio tra gli
operai, prima alla Magneti Marelli e dopo alla SIV.
Ma questa è un'altra storia.
Un'altra storia veramente.
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Il Papa a San Salvo
5 Ottobre 2022