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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I racconti di Fernando Sparvieri



Un po' di storia locale raccontando personaggi










Quando tirarono le pietre a Spataro

Della seria peggio di Don Camillo e Peppone

di Fernando Sparvieri




Il 18 aprile del 1948 si tennero in Italia le prime elezioni politiche della neonata Repubblica. Il clima era teso ed incandescente in tutta la penisola. I paesi erano tappezzati di manifesti elettorali. La vera battaglia si svolgeva tra i due schieramenti politici più forti: la Democrazia Cristiana, appoggiata dalla Chiesa, ed il Fronte Democratico Popolare, lista che comprendeva sia il Partito Comunista Italiano che il Partito Socialista Italiano, che avevano scelto come loro emblema la testa di Garibaldi.

Con gli animi esacerbati dalla guerra e dal precedente referendum tra monarchia e repubblica del 1946, anche la popolazione di San Salvo era suddivisa, un po’ come in tutta Italia, in due fazioni politiche: i democristiani ed i comunisti; gli altri contavano poco.

La tensione si tastava con mano. Erano gli anni in cui la Democrazia Cristiana, forte dell’appoggio clericale, per scongiurare il pericolo rosso, organizzava processioni con Madonne e Santi. Dall’altra parte vi erano i compagni comunisti, solidali, per lo più gente povera, le cui braccia negli anni precedenti erano state sfruttate dai proprietari terrieri, che inseguiva sogni di rivendicazione proletaria dietro ad una bandiera rossa.

In un clima di assoluta diffidenza si giunse alla serata di chiusura della campagna elettorale.

Venne a tenere il suo comizio a San Salvo l’On. Giuseppe Spataro, vastese, democristiano illustre, tra i fondatori del partito, che in gioventù si era trasferito a Roma per studiare giurisprudenza, entrando nella Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI), di cui fu presidente dal 1920 al 1922 e che aveva aderito al Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo, di cui fu vicesegretario nazionale. All'epoca era già stato eletto nelle file della democrazia cristiana nell’ Assemblea Costituente (25.06.1946 - 31.01.1948), ricoprendo tra l’altro, dal 1946 al 1951, la carica di Presidente della Radio Audizioni Italiane (RAI).

Era quindi un pezzo grosso.

Per l’occasione vennero con le corriere da Vasto, a dar manforte a Spataro, molti suoi compaesani, i quali, sventolando bandiere bianche con lo stemma crociato, simbolo della D.C., invasero le principali vie cittadine.

Questo fatto, complice anche la rivalità campanilistica tra le due cittadine limitrofe, innervosì non poco soprattutto i compagni comunisti, i quali mal gradirono l’arrivo dei vastesi, per di più tutti democristiani, ritenendo la loro partecipazione politica un oltraggio alla sovranità locale.

In un’atmosfera in cui l’aria la si poteva tagliare con il coltello, alla sera vi furono i comizi.

I primi a parlare furono i compagni del Fronte Democratico Popolare con il socialista Collini ed altro oratore comunista di Termoli, che fecero il loro comizio sul muraglione di Via Fontana, con il pubblico di sotto, ad ascoltarli. Dopo fu la volta del nostro compaesano avv. Arnaldo Ciavatta, repubblicano, figlio di Don Antonio Ciavatta, che tenne un incandescente comizio dal balcone dell’abitazione della famiglia Cilli in P.zza San Vitale, prendendosela con la DC e Spataro, reo tra l‘altro di essersi portato appresso anche la “claque” da Vasto, gettando così le prime scintille sulla benzina. Infine fu la volta di Giuseppe Spataro, che parlò sempre in Piazza San Vitale, dal balcone della casa di Tomassino Russo, edificio demolito negli anni '60, che si trovava proprio dinanzi al vecchio campanile della chiesa, anch’esso poi demolito.

Nonostante ai compagni fosse stato raccomandato durante il loro comizio di mantenere la massima calma temendo scontri con la fazione avversa, com’era prevedibile qualcuno, fortemente indispettito dalla presenza dei vastesi, iniziò a perdere le staffe, e non ci volle molto, che durante il comizio di Spataro, il fuoco divampò.

Pare che ad accenderlo fu un certo 'Ntónie Di Pìrre (Antonio Di Pierro), un omone, invalido di guerra in Africa, mutilato con le stampelle, appartenente a “chelle de Colànde”, che, mentre ascoltava Spataro, con la schiena appoggiata al muro della casa dei Cilli (a due passi dalla Porte de la Terre), emulando in un certo qual modo Enrico Toti, iniziò a lanciare le prime invettive, noncurante della vicina presenza dei carabinieri. Partirono altre contestazioni, sempre più violente che si propagarono in un baleno. Una jeep con a bordo la “celere”, con la sirena spiegata, iniziò a girare per la piazza per disperdere la gente, creando ancora più panico e confusione. La folla iniziò a roteare paurosamente nella piccola piazza. Furono momenti concitati. La situazione sfuggì di mano alle forze dell’ordine. Tra il fuggi fuggi generale, la Topolino con a bordo il sen. Spataro, che non riuscì a terminare il suo discorso, giunto tra mille difficoltà nei pressi della Porta della Terra, venne bloccata da alcuni compagni comunisti che circondandola, iniziarono a strattonarla, a destra ed a manca, nel tentativo di ribaltarla. Come succede in fisica, in cui due forze uguali e contrapposte si annullano, la Topolino non si ribaltò affatto, ma venne letteralmente sollevata dal suolo (spisilijéte). Fu a questo punto che qualcuno lanciò un grosso sasso sula cappottina in tela dell’auto, sfondandola. Per miracolo gli occupanti ne uscirono illesi.

Nel fuggi fuggi generale, gli scontri continuarono per C.so Umberto I e Via Roma, gremita di vastesi che si recavano verso il Calvario per riprendere “le pustale” (le corriere), lì parcheggiate prima del comizio. Una sassoiola li sorprese al buio sulla via del ritorno all’altezza delle “5 cerche” (erano 5 querce secolari piantate all’incirca ove oggi vi è la rotonda tra l’incrocio di Via Istonia , Via dello Sport e Via C. Battisti) che all’epoca era aperta campagna, ad opera, si racconta, di compagne comuniste, molto attive in quegli anni, che si resero protagoniste anche qualche anno dopo negli scioperi per le terre del bosco. Molti furono i vastesi costretti a fare ritorno a piedi a Vasto.

Eppure il socialista Collini aveva raccomandato a tutti la massima calma. Addirittura aveva invitato i compagni a recarsi a casa, per non raccogliere provocazioni.

Qualcuno, della parte avversa invece, sostiene che già da ore prima, vista l'alta affluenza dei vastesi pervenuti, i compagni avevano organizzato tutto, o almeno la partecipazione strategica fuori le mura delle compagne. Ciò spiegherebbe quell' assembramento femminile a quell’ora della tarda serata alle “5 cerche” (tanto alle donne la polizia che avrebbe potuto fare?), piano originario che divenne complementare dopo la degenerazione degli incidenti in piazza.

Come succede tutt’oggi, anche all’epoca vi fu uno scaricabarile di responsabilità.

Di chi fu la colpa?

Una cosa è certa: quella notte venne scritta una delle pagine più "dolorose", se non vergognose, della storia politica sansalvese, della serie... peggio di Don Camillo e Peppone.

Per la cronaca, negli anni successivi , il Sen. Giuseppe Spataro, ritornò molte volte a San Salvo per la posa della prima pietra di opere pubbliche.

Quella prima pietra, però… non la dimenticò mai.

Fernando Sparvieri



NOTE:

A proposito della pietra che sfondò la cappotte della Topolino sulla quale viaggiava Spataro, pare che Don Peppino, così lo chiamavano a Vasto, se la riportò a Roma, conservandola a ricordo nel suo ufficio capitolino.

Ed a dimostrazione di come la contrapposizione tra le due parti fosse netta e senza peli sulla lingua, si racconta che quella sera, prima del comizio, mentre Spataro si recava a piedi in piazza per parlare, seguito da un'ala di folla democristiana che lo applaudiva, incrociò nei pressi del palazzo de Vito, Zi' Micchéle Mafimue (zio Michele Raspa) comunista, che per dimostrare la sua avversità politica, si rivolse a lui gli dicendogli: "Don Peppì! Aécche truscile sbattamane" (Don Peppino! Qui niente applausi).

In Italia i risultati dell elezioni poltiche del 19 aprile 1948, per il rinnovo dei due rami del Parlamento, furono i seguenti: (da wikipedia) la Democrazia Cristiana si aggiudicò la maggioranza relativa dei voti e quella assoluta dei seggi, caso unico nella storia della Repubblica. Questo straordinario successo rese il partito guidato da Alcide De Gasperi il punto di riferimento per l'elettorato anticomunista e il principale partito italiano per quasi cinquant'anni, fino al suo scioglimento nel 1993.

Netta fu la sconfitta del Fronte Democratico Popolare, lista che comprendeva sia il Partito Comunista Italiano che il Partito Socialista Italiano. Con circa il 30% dei voti il Fronte della Sinistra fu fortemente ridimensionato rispetto alle precedenti elezioni. Su questo dato influì pesantemente la scissione socialdemocratica avvenuta un anno prima e guidata da Giuseppe Saragat. Sull'altro fronte la destra, ancora divisa tra liberali, monarchici e i neonati missini, ottenne risultati mediocri perdendo consensi rispetto alle precedenti elezioni


San Salvo, 16 Settembre 2014

Fernando Sparvieri


Video

La pietra a Spataro




Alcune foto della propaganda dell'epoca





L'emblema del Fronte Democratico Popolare, lista che comprendeva sia il Partito Comunista Italiano che il Partito Socialista Italiano, era la testa di Garibaldi.



Famosa era la cartolina di sotto, contraffatta dalla D.C., che mostrava da un lato il volto di Garibaldi e girandola il volto di Stalin.






I racconti di Fernando Sparvieri

Indice

Gente, usi e costumi del mio paese



Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO
LI SALVANESE

di Fernando Sparvieri

Indice

I forestieri a San Salvo



I racconti del mare

I pionieri del mare ed altro


di Fernando Sparvieri
Indice

Emilie de Felicìlle
(Emilio Del Villano)















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