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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I racconti di Fernando Sparvieri



Un po' di storia locale raccontando personaggi










Quando passava il Giro
(Cronaca fine degli anni '50)

di Fernando Sparvieri

Passaggio di un Giro d'Italia in Via Roma (primi anni '60) al traguardo volante. Sul primo balcone a sinistra si intravede la scritta del Bar Biondo con l'insegna al balcone "Bar dell'auto". Prima ancora era "Trattoria dell'auto", nome consigliato da Virgilio Cilli, che aveva il distributore di benzina AGIP, visibile a sin. nella foto.



Un applauso scrosciante si levò dagli spettatori “a la curve de la Mamméne” (alla curva dove abitava Donna Emma, la levatrice).

I corridori, dopo ore di trepitande attesa, stavano finalmente arrivando.

Quelli che aspettavano più su, a la curve de la Jnnarìlle (alla curva dove abitava la famiglia di Gennarino Cilli), entrarono in fibrillazione, ma 'spitte e 'spitte (aspetta e aspetta) niente.

Incominciarono a ridere a crepapelle quelli a la curva de la mamméme. Avevano preso in "giro" quelli che aspettavano a monte, a la cuve de la Jnnarìle, facendo finta che i corridori stessero arrivando.

Non so quante volte il Giro d’Italia sia passato in mezzo a San Salvo. Sicuramente tante. Con la nazionale che alla fine degli anni cinquanta passava ancora in mezzo al paese, ogni tanto capitava, anche se non tutti gli anni.

Ma quando capitava, era festa.

Si respirava nell'aria un'atmosfera di novità.

Tutto iniziava già dal giorno prima con l'arrivo di una pre-carovana, che nulla aveva a che fare con l'organizzazione del Giro.

Erano venditori ambulanti, sopratutto del nord. Arrivavano a bordo di auto con le foto dei corridori sugli sportelli e nghe l'autoparlante (altoparlante) sulle cappotte, una novità. Buttavano per terra volantini colorati che facevano la gioia dei bambini. Si fermavano su Via Roma o al Monumento ai Caduti e cercavano di vendere i loro prodotti, per lo più lamette per la barba, cravatte, calze di nylon ed altri oggetti che erano la modernità. Qualcuno si avventurava anche su Via Savoia e per le altre vie del paese non interessate al percorso, seguiti immancabilmente da frotte di ragazzini.

In pratica, al seguito del Giro, era come se ve ne fossero due di carovane: quella ufficiale affiliata al Giro, che giungeva il giorno appresso, e quella "affilata" al Giro, che invadeva il paese il giorno prima della tappa, ma non per questo meno apprezzata e caratteristica.

Erano gli anni in cui le auto scarseggiavano e già quell’andirivieni di automobili, con le foto dei corridori sugli sportelli e le cappotte, era uno spettacolo imperdibile.

Il giorno del passaggio del Giro, già dal mattino la carovana diveniva sempre più imponente e si respirava un'aria insolita. Era un evento da non perdere e le campagne si spopolavano.

A quei tempi i tifosi seguivano alla radio e sui giornali le imprese dei propri beniamini e il solo pensare di poterli vedere dal vivo, in un fugace attimo, li rendeva euforici. Il tifo per il ciclismo arrivava alle stelle. I giovani si alzavano di buon ora e tappezzavano con la calce l'asfalto, con scritte inneggianti ii campioni preferiti.

Era da poco finita l’era di Coppi e Bartali e nuovi beniamini come Baldini, Nencini, Pambianco, si affacciavano alla ribalta del ciclismo nazionale ed europeo. La rivalità con i corridori stranieri era accesissima. Ogni anno ne arrivava qualcuno contro il quale bisognava lottare. E' il caso del lussemburghese Charly Gaul, dello spagnolo Miguel Poblet, del francese Jacques Anquetil ed altri, che venivano in Italia e spesso spadroneggiavano. Il nazionalismo era molto sentito ed i tifosi mal tolleravano la vittoria di un corridore straniero.

Per questo motivo, in occasione di un passaggio del Giro, un gruppo di bartaliani sansalvesi, tra cui vi era anche mio padre, Virgilio Cilli, Leone Balduzzi, realizzò un cartellone in cui vi era scritto: “Rivogliamo Bartali” che collocarono, a mo' di bandiera, all’inferriata del momumento ai Caduti (lato C.so Umberto). Di lì a poco passò Bartali, a bordo di un'auto scoperta. Rallentò un attimo e con un cenno d'intesa, fece segno verso i suoi tifosi, esclamando con la sua caratteristica voce roca “magari!!!”, alludendo al tempo che fu, tra gli applausi e l'entusiasmo dei tifosi, felici per aver ricevuto un sorriso dal loro vecchio campione.

Era invece l'anno 1959 quando vidi la corsa dal balcone della Porte de la Terre, edificio che era di proprietà dei Napolitano, la famiglia di mio nonno materno. I corridori partirono da Napoli per fare tappa a Vasto. Arrivarono a San Salvo da “lu Termine”, cioè dalla vecchia strada per Lentella e percorsero in lieve discesa C.so Garibaldi. Giunti in prossimità di C.so Umberto, alcuni di loro imboccarono la curva ad alta velocità e caddero. Fu una brutta scena: un groviglio di biciclette e corridori a terra fece temere il peggio. Aiutati a rialzarsi, con escoriazioni in più parti del corpo, balzarono in gran fretta in sella, riprendendo la loro corsa verso Vasto, passando giù al passaggio livello, tappa poi vinta da Gastone Nencini.

Ricordo quando, agli inizi degli anni '60, in occasione di un passaggio del Giro, venne organizzato un traguardo volante, quasi dinanzi al distributore AGIP di Cilli Virgilio ed al Bar Biondo, che all’epoca si chiamava “Bar dell’auto”. La corsa risalì da Via Trignina, che era ancora S.S.16. I soliti amici bartaliani misero in palio un orologio, acquistato all’oreficieria di Vitale Piscicelli, da donare al vincitore. Alla vista del traguardo volante, come si dice in gergo, si scatenò "la bagarre". Vinse allo sprint, un corridore straniero. Ricordo che fu mio padre a prendere il numero sulla maglietta del vincitore per risalire al corridore, al quale, non so come, fecero recapitare in qualche modo il premio.

Passaggio di un Giro d'Italia in Via Roma. In primo piano con il cappello di carta Michelino Ciavatta, con gli occhiali il Sindaco Enrico Vitale Piscicelli ed al suo fianco Secondino Cilli, vicesindaco. Seguono Salvatore Cardarella, consigliere comunale ed al suo fianco Giuseppe Di Stefano, guardia comunale in borghese. In fondo si intravedono Leone Balduzzi con gli occhiali, Evaristo Sparvieri, che con il braccio sta indicando qualcosa, Ndriuccie lu télefene (Andrea Ciavatta), con gli occhiali e probabilmente Nicola Del Villano. Sempre con il cappello di carta in primo piano Tonino Di Filippantonio, ragazzino, e dietro di lui Erminio Cardarella, figlio di Salvatore. L'ultimo bambino in fondo è Ivo Balduzzi. C'ero anch'io ma non mi riconosco nella foto.


Erano davvero tempi epici ed eroici del ciclismo.

La gente amava questo sport perché la bicicletta era ancora il mezzo di locomozione più diffuso.

Per questo motivo, il giorno della corsa, il percorso era disseminato di tifosi che sotto il sole cocente, con i cappelli di carta alla muratore, confezionati spesso con il giornale, aspettavano i corridori.

E così, tra un passaggio di automobili e motociclette che precedevano la corsa, un commento e l'altro, arrivava il momento tanto desiderato.

L'arrivo della moto Guzzi della Polizia Stradale, con la bandiera rossa e la sirena spiegata, che era la staffetta della corsa vera e propria, annunciava che il momento clou era arrivato. Tra ali di folla in visibilio, all'improvviso, sbucava un corridore solitario o un piccolo drappello in fuga, inseguito dal gruppo.

Centinaia di corridori, come libellule colorate, con cappellini di stoffa, ondeggiavano e avanzano sull'asfalto, mentre il ronzio dei raggi al vento ed il rumore delle catene sui rocchetti del cambio, si mischiavano all'applauso ed agli incitamenti dei tifosi in delirio.

Pochi secondi ed il Giro era passato. La velocità era stata tale che lasciava a tutti un po' di amaro in bocca.

Le carovana ufficiale al seguito, calava il sipario su quelle mitiche giornate sportive ed ognuno si riavviava verso casa, felice per aver visto passare il Giro d'Italia.

“Io ho visto la maglia rosa! Io quella nera! Chissà se l’anno prossimo il Giro ripassera?” era il dilemma e la speranza di molti, mentre il silenzio iniziava ad impossessarsi nuovamente del paese.

Erano altri tempi ed altri giri d'Italia, in cui vi era una maglia rosa ed una maglia nera, che toccava all’ultimo classificato.

Il Giro d'Italia ha avuto il grande merito nel corso degli anni, di unire gli italiani, in un periodo in cui le distanze, politiche e non solo, erano notevoli.

Il 10 maggio 2013, la VII tappa del Giro, partì da San Salvo, un tempo per molti aspetti maglia nera tra i paesi d’Italia, con partenza dal lungomare C.Colombo, giù alla marina.

Fu la prima volta che la corsa rosa approdò' nel nostro paese, seppure solo per la cerimonia di partenza.

Fu una "madrina rosa”, Tiziana Magnacca, il primo sindaco donna sansalvese, ad agitare al vento la bandiera che diede il segnale di partenza alla tappa che si concluse a Pescara, dopo un tortuoso e difficile percorso di circa 170 chilometri.

Fu allora che San Salvo indossò la sua prima maglia rosa.






I racconti di Fernando Sparvieri

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Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO
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(Emilio Del Villano)















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