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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Gente del mio paese




di Michele Molino




I ragazzi del campo del “pero”
(All’insaputa del proprietario realizzano un campo di calcio)

di Michele Molino

I ragazzi del campo del pero


Corrono gli anni “50”.

A San Salvo non esiste alcuna struttura per la pratica dello sport. Regna il buio tetro. Manca perfino un campetto per giocare a pallone. Unico spazio dove ci si può divertire giocando a calcio, è un piccolo fazzoletto di terra, dietro “lu campesande” lastricato di profondi fossi e di cespugli spinosi. Alcuni studenti sansalvesi che frequentavano a Vasto le scuole medie superiori, stanchi ormai di aspettare, decidono di realizzare da soli un campetto di calcio, in una delle tenute di campagna del giovane medico don Mario Artese, vicino all’attuale via Socrate. Una notte, al chiar di luna, senza il permesso del proprietario:chi con il bidente, chi con la zappa, chi con la carriola, chi con la pala, liberano il terreno dalle insidiose erbacce . Dopo tre notti di lavoro, tra sberleffi, canzoni e risate, il sospirato campo di calcio può dirsi pronto. Don Mario non sa nulla. Al centro del campo resta un vecchio albero di pere “spadone”, che i giovani non hanno il coraggio di metter giù.

Ma l’allegra combriccola, la sera prima dell’incontro con la squadra del Cupello, decide che è necessario abbattere il pero per poter giocare una partita regolare. Dopo averlo fatto a pezzi, lo caricano su un carretto e lo trasportano a casa del dottor Mario Artese, che accortosi della beffa comincia ad urlare e a mandare imprecazioni contro i componenti della brigata. Il medico vuole andare all’avvocato, ma ci ripensa quando scopre che tra quei giovani “impertinenti”, ci sono anche due suoi parenti stretti .Quasi tutte le domeniche c’è una partita di calcio. Le squadre di Cupello, Fresagrandinaria, Montenero di Bisaccia sono le principali avversarie del San Salvo. I ragazzi del campo del “pero”, diventano gli idoli del paese. La squadra gioca anche un buon calcio. Doruccio Artese terzino potente e implacabile sull’uomo, Renato Sorge un centroavanti alla Meazza, Sandro Cilli un portentoso mediano di spinta, Raffaele Artese un roccioso stopper, Nino di Rito portiere imperforabile. Dopo l’incontro della domenica; il ritrovo è davanti al solito bar; i commenti fino a notte fonda. Una birra fresca e frizzante, poi tutti a casa. Domani si va a scuola. Il campo del “pero” non esiste più, al suo posto è cresciuto un grande quartiere abitato da tante persone. Anche alcuni “ragazzi” della squadra del “pero” non ci sono più : Doruccio Artese, Antonio Giovenale, Erpinio Labrozzi e il dirigente-allenatore Roberto Pascale.

Corrono gli anni “50”; quando il calcio non era ancora incontaminato dalla logica del profitto e della violenza, quando giocare a pallone significava passione, allegria, poesia, emozione, magia, vita.

Michele Molino






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