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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Gente del mio paese




di Michele Molino




Màste Ròcche lu ferrare
il più bravo maniscalco d’Abruzzo

(Il padre, mastre Giacchene, ucciso da un colpo di fucile)

di Michele Molino

Mastro Rocco Castorio

Nei tempi passati, i mestieri si tramandavano da una generazione all’altra. Se il padre faceva il falegname anche il figlio era candidato a diventare un falegname; se il padre era invece un muratore, pure il figlio intraprendeva il mestiere del muratore. Anche Rocco Castorio, personaggio della nostra microstoria, sansalvese purosangue, non poteva che seguire le “orme” di papà Giovacchino, fabbro ferraio e maniscalco.

Ed ecco le tappe più significative della sua vita.

Rocco Castorio nasce a San Salvo nel 1915, pochi mesi prima dello scoppio della Guerra Mondiale. San Salvo era allora un paese di contadini. Carattere gioviale. Dopo aver frequentato le elementari, ancora fanciullo, inizia a lavorare nella bottega del padre Gioacchino rinomato per la precisione con la quale mette i ferri a cavalli, asini, muli. Coadiuva all’attività di fabbro anche Antonio, il fratello maggiore di età. Rocco appena adolescente è gia muscoloso. Assesta con il martello colpi micidiali sui ferri da piegare. I Castorio, oltre ad essere maestri nel ferrare, realizzano anche attrezzi per i lavori agricoli: cesoie, falci, zappe, bidenti, roncole e lavorazioni in ferro: ringhiere, balconi. Una terribile tragedia all’ improvviso sconvolge la serenità della famiglia Castorio.

Una mattina d’inverno, fa capolino nella loro bottega di fabbro, un uomo proveniente da Cupello, con una canna di fucile tra le mani, insistendo di ricavare dalla stessa, un soffietto per i carboni. “Mastre Giacchéne” non sa che dentro il fucile c’è un proiettile carico, che esplode trapassandogli il fianco.La morte giunge dopo qualche giorno. Rocco ha soltanto 13 anni. La famiglia “Castorio” sprofonda in un acuto dolore e nel frattempo l’ attività si interrompe. Rocco appena compiuto diciannove anni è costretto a lasciare il lavoro di fabbro e vestire la divisa grigio-verde con il 73° Reggimento di artiglieria di Torino. E’ il primo distacco dalla sua famiglia e dal suo paese d’origine. Soffre molto.

Durante gli obblighi di leva frequenta un corso da maniscalco presso l’Accademia militare di Pinerolo. Nel corso del secondo conflitto mondiale (1940) è richiamato in guerra. Rocco è precettato per il fronte di guerra d’ Albania e della Grecia. Deportato prigioniero in Germania, è costretto a lavorare in una fattoria di campagna. Durante un duro bombardamento effettuato degli americani, resta ferito ad un piede.

Trasportato in ospedale, è sottoposto ad un difficile intervento chirurgico; resterà claudicante. Da più di sei anni, la madre non riceve sue notizie; ormai lo crede morto e fa celebrare una messa funebre. La guerra volge al termine. Prima di affrontare la via del ritorno, accompagna a Conegliano Veneto un commilitone che aveva perso una gamba Dopo lunghe traversie, Rocco, stanco, logoro, rinsecchito per la fame,  finalmente  può fare ritorno a casa sua. La mamma appena lo vede stenta a riconoscerlo, poi scoppia in un pianto dirotto, ma felice che suo figlio è ancora vivo.  Dopo qualche tempo, insieme al fratello, torna al suo vecchio lavoro.

Nel 1951, Rocco si sposa con una  giovane conterranea Adele Cardarella.

Il  fratello Antonio  va in pensione. Rocco resta solo a condurre l’attività. In pochi anni si fa conoscere per la sua bravura da tutti. Diventa uno dei migliori maniscalchi d’Abruzzo. Vengono perfino dai paesi circostanti nella sua bottega a “ferrare”  le bestie.

Purtroppo con l’esplosione industriale, con  il boom economico e con  l’ inizio delle trasformazioni sociali dei primi anni ‘60, l’ attività  artigianale subisce una profonda crisi. Scompaiono i carretti che trasportavano i carichi di letame, di grano, di uva  e trionfa una tecnologia nuova, più al passo con i tempi. La situazione economica  consente a mastre Rocche di acquistare solo macchinari indispensabili e non troppi costosi.

La concorrenza, a quel punto, si fa spietata. Rocco cerca di fronteggiare la crisi, ma non è  in grado di reggere alle nuove esigenze del mercato. Ha due figli agli studi. L’officina è sempre aperta, ma è il lavoro che non c’é. Va in pensione, ma diventa taciturno, triste, pensieroso. Che fare? E’ difficile attuare progetti in quel momento di grande “rivoluzione”. Il suo sogno è la sistemazione dei figli. Mastre Rocche, uno dei più bravi maniscalchi abruzzesi, umile, onesto, buono e due occhi da “bambino” si  ammala gravemente.

Dopo una lunga sofferenza passa alla gloria dei giusti. E’ il 27 novembre del 1991. Il  buon Dio corre incontro alle persone in difficoltà. I suoi figli hanno trovato una dignitosa sistemazione. Se Rocco Castorio  vivesse oggi, ne sarebbe certamente fiero ed orgoglioso.

Michele Molino






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