www.sansalvoantica.it


Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Gente del mio paese



gli articoli di Michele



Antonio Della Penna
voleva fare il ciclista, ma la guerra…

di Michele Molino


Foto di un corridore dell'epoca.


Antonio Della Penna ha varcato la soglia delle 88 “primavere”, ma possiede ancora il passo spedito di un ventenne. Corporatura esile, mingherlino, smilzo ed una capigliatura ancora folta . Appena sente bisbigliare di ciclismo o dei campioni del suo tempo, come Bartali, Coppi, Kubler, Koblet, Bobet, s’inebria, si emoziona, si agita, il tono della voce si contrae. Poi, come un vulcano, comincia a parlare dei suoi ricordi, in parte belli ma anche tristi. E’ affascinato dalle due ruote. Ama la bici, sopra ogni cosa. “Quando vado in bicicletta - afferma Antonio- mi sento felice, libero, leggero come il vento”.

Orfano del padre, appena dodicenne, comincia a lavorare in una panetteria insieme a Vincenzo Di Rito che poi diventa suo cognato. Per Antonio, la giornata lavorativa inizia un bel po’ prima delle tre e si conclude dopo le due pomeridiane. In quel tempo la farina si impastava con la forza delle braccia e delle mani. Non esisteva l’impastatrice elettrica, pertanto, bisognava attendere più di quattro ore per la “crescita” dell’impasto.

Nel piazzale del panificio sente spesso discutere animatamente di Coppi e Bartali; quante volte con la faccia e le braccia bianche di farina ,si introduce nel discorso; lui è tifoso di Coppi, guai a toccargli il suo campione preferito. Spera di poterlo, presto, imitare. Il suo sogno, infatti, è quello di acquistare un bici da corsa per dimostrare ai suoi compaesani che ha la stoffa di un campione.

Con tanti sacrifici riesce a racimolare 100 lire e subito compra una bicicletta da corsa al negozio di Antonio Artese, dove attualmente è ubicato il bar “Bruno”. Ogni giorno, terminato il lavoro, dopo aver divorato un filone da mezzo chilo con la frittata di cipolle o asparagi, inforca la bici e via lungo strade polverose e piene di buche.

Spesso si allena in compagnia di altri due ciclisti sansalvesi ,anch’essi molto bravi: Confucio Ciavatta e Amilcare Marzocchetti. Partecipa a diverse gare: Termoli, Lanciano, Campobasso, Chieti, ma non riesce mai a vincere una corsa. Quando la strada comincia ad inerpicarsi, Antonio trova il suo terreno preferito riuscendo a staccare tutti.

Nel 1939, benchè orfano del padre e sposato, viene arruolato nel corpo della fanteria, e parte per la guerra : Albania, Grecia, Iugoslavia, quattro anni e mezzo tra stenti e patimenti. Tornato a casa, non ha nemmeno il tempo di riabbracciare la sua consorte che viene di nuovo chiamato in guerra e trasferito a Vibo Valenza in Sicilia.

Una settimana prima dell’invasione americana, riesce a fuggire e, dopo alcuni mesi di fuga, fa ritorno nella sua casa a San Salvo.

Aperta la porta, il suo primo sguardo è rivolto verso l’angolo dove aveva lasciato la sua bicicletta: ma non c’è, è sparita. Piange disperatamente, non ha nemmeno un centesimo in tasca e non può comprarsene un’altra e continuare a correre.

C’è sua moglie che l’aspetta da una vita; un abbraccio interminabile. Nasce anche una bambina. Antonio ha una famiglia da campare. Torna a sfornare il pane, ma la passione per le due ruote è ancora viva. Desiderava diventare un campione, ma la dura guerra ha infranto il suo sogno. Si conclude, così, l’odissea di ’Ndunine lu panattire.

Michele Molino

"P.S." L'articolo è stato redatto prima della sua scomparsa.





Gli articoli
di Michele Molino


Michele Molino

|
Sito culturale paesano storico dialettale
www.sansalvoantica.it