Novantanove anni fa, nel primo mattino del 26 settembre
1917, sul massiccio della Marmolada (fronte della Grande
Guerra), morivano - per lo scoppio di una potente mina
austriaca - il tenente Flavio Rosso e altri 14 fanti
italiani. Tra questi il soldato Virgilio Artese, del 52°
Reggimento fanteria (Plotone Arditi), di San Salvo, classe
1893. Il reparto italiano era impegnato in un'azione di
consolidamento della posizione di Forcella V - conquistata
da pochi giorni, a quota 3065, sui bordi del ghiacciaio
della Marmolada - contro reparti nemici che cercavano di
riprenderla.
Dopo una semplice comunicazione del 2006, quando in un
fonogramma giunto al Comune di San Salvo veniva annunciata
la posa di un cippo dedicato ai Caduti del 26 settembre
1917, questa vicenda l'abbiamo potuta approfondire solo un
anno e mezzo fa, grazie alla lettura di un libro di
Alessandro Vanni, dal titolo "La Grande Guerra sulla
Marmolada. Il mistero dei 15 Fanti della Forcella V" (Gino
Rossato Editore). L'ampia e documentata ricerca nonché i
contatti tra l'autore e alcuni parenti dei Caduti hanno
infatti reso possibile comprendere sia le ragioni sia il
luogo della morte di quei nostri soldati (ritenuti
fin'allora dai parenti come semplicemente "dispersi"); un
luogo che ne ha conservato anche i corpi, in quanto la
frana originatasi dallo scoppio della mina li aveva
travolti ed eclissati per sempre.
Ai primi dello scorso luglio 2016, un pronipote di
Virgilio Artese, Fernando Artese, ed il figlio Andrea si
sono finalmente recati a visitare sulla Marmolada il Museo
della Grande Guerra e i due cippi che ricordano il
sacrificio dei soldati italiani del 26 settembre 1917
avvicinandosi alla stessa Forcella V. La loro sorpresa è
stata quella di apprendere, da una giovane ed esperta
guida, tutte le difficoltà di una guerra combattuta in
alta montagna, in un'area spesso coperta da nevi perenni,
dove gli austriaci avevano realizzato un lungo e complesso
sistema di cunicoli noto come "La città di ghiaccio". Un
ambiente in cui i soldati vivevano come talpe, nelle
gallerie di roccia o di ghiaccio, affrontando i disagi del
freddo, della scarsa igiene e dell'isolamento prima ancora
che quelli del fuoco nemico. Un viaggio dunque di
conoscenza e di omaggio ad uno dei 34 sansalvesi deceduti
nel corso della Grande Guerra (in gran parte ricordati nel
nostro Monumento ai Caduti, sul Giardinetto di via Roma),
un giovane di 24 anni che alla ripartenza dopo l'ultima
licenza a San Salvo si era congedato dai Suoi lasciando
loro un braccialetto, a ricordo, nella intuizione, anzi
nella consapevolezza che non sarebbe mai più tornato.
Fernando Artese (a sin.),
pronipote di Virgilio Artese, ed il figlio Andrea in
visita sulla Marmolada al Museo della Grande Guerra
dinanzi ad uno dei due cippi che ricordano il
sacrificio dei soldati italiani del 26 settembre 1917
avvicinandosi alla stessa Forcella V.
23/9/2016
Giovanni Artese