Storia di San Salvo
del Prof. Giovanni
Artese
Breve prefazione introduttiva di Fernando Sparvieri.
La storia è maestra di vita, ma per essere tale bisogna
conoscerla.
A Giovanni Artese, il professore, noi sansalvesi, e non
solo, dobbiamo molto perchè Egli tramite la passione, lo
studio e la ricerca, è riuscito, con estrema competenza e
professionalità, a colmare un vuoto della memoria che senza
di Lui sarebbe rimasto nel mondo del vago e dell'oblio,
riuscendo a raccontarci con doviziosa e minuziosa
cronologia, corredata da una scrittura fluida ed a tratti
narrante, pagine indelebili della storia locale e nazionale.
Autore di autentici capolavori come il libro "Storia di San
Salvo dalle origini al 1994", fonte inesauribile di
notizie, avvenimenti, eventi socio-politici e religiosi
riguardanti la nostra cittadina, nonché di altre opere tra
cui i 3 volumi dal titolo "La guerra in Abruzzo e
Molise 1943 - 1945", a Giovanni, letterato vero, va dato
merito di essere ricercatore autentico, competente e
studioso, virtù proprie dei grandi storiografi a cui Egli
degnamente appartiene.
Nel ringraziarLo per avermi consentito di pubblicare alcune
pagine di un suo sunto (una specie di prezioso Bignami)
sulle vicende belliche che hanno interessato il nostro
territorio nel 1943 (già pubblicato anni orsono da
www.sansalvo.net), vi invito a leggerle con estrema
attenzione. Scorrono come in un film.
E' una pagina che non poteva mancare in questo sito.
Sono certo che alla fine della lettura ne uscirete
culturalmente arricchiti sapendone molto di più su vicende
reali del nostro passato, fondamenta del presente.
Fernando Sparvieri
Sunto scritto dal prof. Giovanni Artese, in una versione
ridotta di alcuni argomenti trattati nei suoi
libri "La guerra in Abruzzo e Molise 1943 - 1945 - I
- II- III Volume"
Premessa
Tra la fine di ottobre e i primi del novembre 1943 la valle
del Trigno fu teatro di importanti, per quanto brevi,
operazioni belliche, legate agli sviluppi della II guerra
mondiale.
In quei giorni sulla linea San Salvo-Isernia si attestarono,
infatti, e poi si scontrarono, nell’ambíto della cosiddetta
“Campagna d’Italia”, da una parte le truppe alleate
avanzanti dalla Puglia e dall’Italia meridionale e
dall’altra quelle tedesche in ritirata verso il Sangro e il
nord della penisola.
La popolazione locale, rimasta esposta, spesso indifesa nei
confronti di tali operazioni, subì gli eventi alla stregua
dí una terribile calamità naturale pagandone le conseguenze
in termini di disagi, danni e lutti.
L’avvio della “Campagna d’Italia” e i combattimenti a
Termoli
La notte del 24/25 luglio l943, in seguito ai disastrosi
risultati sui diversi fronti di guerra (con gli
anglo-americani già sbarcati e combattenti in Sicilia), il
Gran Consiglio del fascismo sfiduciò Mussolini; e il dì
seguente il re Vittorio Emanuele III lo privò dei poteri e
lo fece arrestare. Il regime del Duce improvvisamente
crollava, con sollievo di tutti gli antifascisti, ma per
l'Italia si apriva uno dei periodi più difficili e tristi
della sua storia.
Il nuovo governo, affidato al generale Badoglio, dichiarò
che la guerra sarebbe continuata ma, rilevando la gravità
della situazione, iniziò a trattare con gli Alleati
per la resa.
I tedeschi, osservando lo stato di disfacimento cui si
avviava l’Italia, decidevano intanto di rafforzarvi la loro
presenza militare, tanto per cautelarsi da eventuali
mutamenti di alleanza da parte del nuovo governo italiano
quanto per meglio fronteggiare l’esercito alleato che ormai
stava completando l'occupazione della Sicilia e si dirigeva
verso lo stretto di Messina e la Calabria. Si dissolsero
così le tenui speranze della popolazione per una fine
immediata della guerra mentre l’Italia si apprestava a
divenire – come era accaduto tante volte in passato –
terreno di scontro tra eserciti stranieri.
L’8 settembre infatti, quando si diffuse la notizia
dell'armistizio e della resa incondizionata del governo di
Roma agli alleati, la “Campagna d’Italia” era praticamente
già iniziata. Parte dell’VIII Armata britannica del generale
Montgomery risaliva velocemente la Calabria e la parte
restante comiciava a sbarcare in Puglia (Taranto, Bari) per
poter avanzare in direzione di Foggia; mentre la V Armata
americana di Clark sbarcava a Salerno (l’8/9 settembre) e
iniziava le operazíoni in direzione di Napoli. L’obiettivo
delle due armate era di raggiungere - si riteneva entro
poche settimane - con una manovra parallela e coordinata, la
linea Roma-Pescara occupando la capitale stessa dell’Italia
(ritenuta un obiettivo d’importanza politica più che
militare).
L’OKW (il Comando Supremo della Wehrmacht), all'inizio
incerto se impegnare gli anglomerícani a sud di Roma, come
voleva Kesselring, oppure sull’Appennino tosco-emiliano,
come voleva Rommel, decideva intanto (a partire dal 15-20
settembre) di accrescere l’opposizione all’avanzata nemica e
ordinava alle truppe della X Armata di von Vietinghoff (di
stanza in Italia meridionale) di ripiegare lentamente verso
nord e - in attesa di rinforzi - di attestarsi sulle linee
dei fiumi Biferno-Basso Volturno (Viktor-Stellung),
Trigno-Alto Volturno (Barbara-Stellung) e Sangro-Garigliano
(Bernhard-Stellung) per contrastare e poi gradualmente
arrestare l'avanzata delle due armate alleate.
I testimoni degli avvenimenti sul Trigno hanno raccontato di
un incessante movimento di truppe germaniche - soprattutto
da sud verso nord - tra la metà di settembre e la metà di
ottobre 1943, in particolare attraverso le principali strade
rotabili. I tedeschi inoltre requisivano armi, viveri e
vettovaglie e obbligavano gli uomini validi a prestazioni
lavorative gratuite per realizzare trincee, piazzole per i
cannoni e fortificazioni varie. Era ormai evidente che si
preparavano anche a resistere agli Alleati sulla linea del
fíume. Il clima psicologico s’incupiva: tensioni e paure
cominciavano a diffondersi in tutte le località.
Alla fine di settembre, l’VIII Armata britannica aveva
completato l'occupazíone della Puglia e mediante l’utilizzo
dei porti di Taranto, Bari, Barletta si era rinforzata di
uomini, armi e materiali: nuove divisioni, come l’8ª indiana
e la 78ª britannica erano in arrivo per rilevare la prima
linea sul Biferno e poi sul Trigno.
Termoli, caposaldo della debole posizione germanica sul
Bìferno, venne attaccata a sorpresa dal mare nella notte del
2 ottobre da circa 1000 commandos britannici provenienti da
Manfredonia: la cittadina fu ben presto conquistata intanto
che truppe della 78ª Divisione e di altre grandi unità
dell’VIII Armata muovevano da Serracapriola e da Foggia,
verso Termoli, Larino e Vinchiaturo.
I tedeschi, riavutisi dalla sorpresa, fecero intervenire
(dal versante tirrenico) la 16ª panzerdivision, reduce dai
combattimenti a Salerno: la battaglia intorno a Termoli
infuriò per tre giorni consecutivi (4, 5 e 6 ottobre) con
gravi perdite da entrambe le parti, ma l’arrivo di
contingenti freschi e lo sbarco di due brigate della 78ª
Divisione britannica costrinsero alfine gli uomini della 16ª
panzer ad una ritirata tattica in direzione di Guglionesi,
Petacciato e San Salvo.
Seppure breve, il violento combattimento sul Biferno (in
particolare tra Termoli e S. Giacomo) costituiva per gli
alleati un segnale della volontà dei tedeschi di resistere
il più a lungo possibile, cosa che, sul versante adriatico,
nell'autunno 1943 e inizio inverno 1943-44, avrebbero
effettivamente continuato a fare sul Trigno e poi,
soprattutto, sul Sangro, sul Moro e ad Ortona.
L'VIII Armata britannica chiude sulla posizione del
Trigno (Barbara-Stellung)
Nei giorni 8-22 ottobre Montgomery concesse un periodo di
riposo alle sue formazioni, considerando che il lungo
tragitto percorso dalla Sicilia e poi dalla Calabria e dalla
Puglia fino al Molise avevano logorato il suo dispositivo
logistico e amministrativo. Nel frattempo reparti della sua
VIII Armata chiudevano lentamente fino alle nuove posizioni
tedesche, occupando quasi tutti i centri situati tra il
Biferno e la destra del Trigno (Petacciato il 19 ottobre,
Montenero di Bisaccia il 22 ottobre, Acquaviva il 24
ottobre, San Felice, Montemitro e Montefalcone il 27
ottobre) e preparandosi al successivo, impegnativo scontro
sulla linea difensiva germanica San Salvo-Colli a Volturno.
Sostiene Giovanni Nativio che “i tedeschi, in un primo
momento furono incerti se trascorrere l'inverno sul Trigno o
sul Sangro”. Entrambe le vallate si prestavano infatti
egregiamente allo scopo (nel tratto fra la Marina di San
Salvo e la Marina di Minturno la penisola italiana raggiunge
la sua larghezza minima: 120 km in linea d’aria); ma poi,
forse per guadagnare tempo nell'opera di fortificazione
nonché per considerazioni di carattere strategico, scelsero
di resistere ad oltranza sulla linea del Sangro, denominata
“Bernhard-Stellung”. La linea del Trigno, definita come
“Barbara-Stellung” assunse invece le caratteristiche di una
linea tattica ritardatrice. Si trattava insomma di resistere
il più a lungo possibile sul Trigno per creare le migliori
condizioni di difesa sul Sangro in attesa che le piogge e i
primi rigori dell’autunno, nel particolare terreno
dell’Abruzzo, cominciassero a produrre effetti negativi sul
morale delle truppe di Montgomery (in particolare di quelle
del Commonwealth, provenienti dai paesi più disparati: India
e Pakistan, Australia, Nuova Zelanda, Canada ecc.).
Va comunque ricordato che i comandanti germanici (dal 21
novembre, Hitler e l’OKW avrebbero affidato a Kesselring il
comando di tutte le truppe operanti in Italia) dosarono
sempre accuratamente gli effettivi e la localizzazione delle
loro formazioni in base alle reali necessità
tattico-strategiche, distinguendosi in ciò dai comandanti
alleati (Eisenhower ed Alexander) che, non di rado, andarono
incontro a problemi relativi all’insufficiente coordinamento
tra la V Armata americana e l’VIII britannica (anche per
rivalità personali tra Clark e Montgomery) nonché a
momentanee difficoltà di ordine logistico.
Intorno alla metà di ottobre, sulla linea San Salvo-Colli a
Volturno i tedeschi disponevano ormai di 4 divisioni (su un
totale di 18 divisioni allora presenti in Italia): la 16ª
panzer, la 1ª paracadutisti, la 26ª panzer e la 29ª
panzergrenadier (nell’ordine a partire dalla costa),
raggruppate ìnsieme come LXXVI Panzer Korps sotto il comando
del generale Herr. Queste risultavano tuttavia indebolite
negli effettivi e allungate in parte nelle retrovie; mentre
gli alleati disponevano di altrettante divisioni (la 78ª
britannica, l’8ª indiana, la 1ª canadese e la 5ª britannica)
ma tutte efficienti (con circa 18.000 uomini ciascuna) e
schierabili sul fronte nonché dotate di forti supporti di
artiglieria e carri. Da quando Foggia era caduta nelle mani
dell'VIII armata, le forze aeree RAF e USAAF si erano
inoltre praticamente assicurate il dominio dell’aria. Gli
attacchi aerei, iniziati già dal mese precedente, si erano
fatti in ottobre sempre più ìnsistenti e pesanti, tanto che
i velivoli germanici si mostravano o intervenivano di rado.
Ciò costringeva i tedeschi a muoversi quasi esclusivamente
di notte. Gli Alleati infine potevano contare anche sul
dominio del mare; nel golfo tra Vasto e Termoli operavano,
in appoggio alle forze terrestri, due cacciatorpediniere,
una flottiglia di motosiluranti ed altre unità navali.
I testimoni locali della battaglia concordano sulla
effettiva disparità di forze e di risorse tra i due
schieramentì; d’altronde è noto come Montgomery, il generale
tutto Bibbia e rigore, il vincitore di El Alamein (23
ottobre-5 novembre 1942), non attaccasse mai senza essersi
assicurato un dispositivo logistico efficiente ed una forza
di combattimento superiore a quella del nemico.
Così, sul basso Trigno nei giorni 8-22 ottobre i tedeschi
poterono dedicarsi quasi interamente ad attività di
pattugliamento, fortificazione e logistiche più in generale.
Essi, che avevano i punti di maggior forza in San Salvo e
Tufillo, cominciarono a far saltare i ponti e a minare - con
ordigni antiuomo e anticarro - strade e sentieri, imposero
il coprifuoco alle popolazioni, continuarono a razziare o
requisire animali, viveri, veicoli, macchine e strumenti di
ogni tipo e infine sfollarono i paesi maggiormente esposti
ai rischi dei combattimenti. Localmente si ebbero anche
esecuzioni di civili, per malintesi o per rappresaglia al
mancato rispetto degli ordini e delle leggi di guerra
germaniche.
La loro posizione difensiva, la Barbara-Stellung, alla
sinistra Trigno, si sviluppava, come al solito, in
profondità: una prima linea di avamposti (appena rialzata,
non troppo lontana dal fiume), una seconda di maggiore
importanza, “Hauptkampflinie” (tra San Salvo, Tufillo,
Torrebruna, Poggio Sannita, Civitanova, Sessano, Pesche,
Colli a Volturno) e una terza linea, più arretrata, di
riserva (Vasto, Furci, Carunchio, Castiglione, Forlì del
Sannio). Gli Alleati, sulla sponda destra del Trigno, si
assicuravano invece il controllo del territorio
bassomolisano, si rifornivano di armi e materiali,
cannoneggiavano e attaccavano dall'aria le postazioni
tedesche mentre iniziavano le manovre di schieramento per la
battaglia concentrando reparti di artiglieria e truppe tra
Petacciato/Montenero, Mafalda, San Felice/Montemitro,
Montefalcone e, più sporadicamente, nel settore tra
Roccavivara e Bojano, anche al fine di ingannare il nemico
sulle possibili direttrici di avanzata.
Il piano di sfondamento della linea germanica del Trigno
elaborato da Montgomery prevedeva un primo attacco sulla
direttrice Vinchiaturo-Isernia (per il 28 di ottobre) e un
secondo e decisivo attacco lungo la costiera adriatica nella
notte tra il 30 e il 31 ottobre. Egli intendeva sorprendere
i tedeschi simulando la puntata principale dapprima sulla
direttrice di Isernia (Statale 17) quindi sull’asse
Tufillo-Palmoli quando in realtà le sue vere intenzioni
erano di sfondare le difese nemiche in direzione di San
Salvo, lungo la direttrice della Statale 16.
Le operazioni tuttavia si svilupparono con maggiore lentezza
del previsto: le truppe alleate, in parte reduci dalle
campagne d'Africa e di Sicilia, accusavano la stanchezza ma
anche le difficoltà del terreno, sempre meno adatto ad una
guerra motorizzata, di movimento. I tedeschi, inoltre,
nonostante le sconfitte, il morale basso e i problemi nei
rifornimenti, si mostravano più decisi che mai a resistere e
certo non si lasciavano trarre in inganno dalle tattiche
fuorvianti di Montgomery, ben conoscendo la fretta del
generale di arrivare alla valle del Pescara e di piegare poi
su Roma.
La battaglia del Trigno
La battaglia del Trigno ebbe inizio nella notte tra il 22 e
il 23 ottobre, allorché un battaglione della 78ª Divisione
britannica riuscì ad attraversare il fiume nella piana di
San Salvo e a stabilire una testa di ponte sulla riva
sinistra del corso d'acqua (bosco Motticce-Padula). Ma i
pattugliamenti e i piccoli scontri sulla linea degli
avamposti tedeschi non diedero, nei giorni successivi,
risultati confortanti, tanto da indurre Montgomery a tentare
una prima decisa azione di sfondamento alle postazioni
nemiche di San Salvo già nella notte tra il 27 e il 28
ottobre. Dopo una violenta preparazione di fuoco, truppe
irlandesi appartenenti alla 38ª Brigata della 78ª Divisione
tentarono, nelle prime ore del 28, di occupare il paese, ma
furono respinte con gravi perdite. L’avanzata dovette essere
fermata e le truppe riportate sulle posizioni di partenza.
Entro il 29 di ottobre, i britannici nell’area costiera
avevano già subito circa 100 morti, 250 feriti e 55
prigionieri. Nei soli giorni 27 e 28 ottobre essi avevano
sparato ben 14.000 colpi di artiglieria. Il mese di ottobre
si concludeva così con un unico successo alleato: la
conquista di Cantalupo, avvenuta il giorno 31, con Isernia e
San Salvo che restavano ancora saldamente in mano tedesca.
Montgomery concentrò allora il grosso delle sue forze nella
bassa valle del Trigno e decise di attaccare risolutamente
le posizioni nemiche sulla costiera nella notte tra il 2 e
il 3 novembre. Più all'interno, l’8ª Divisione indiana
avrebbe preceduto (nella notte tra il 1 e il 2 novembre) e
poi accompagnato tale azione puntando su Tufillo e Palmoli.
La posta in gioco si faceva sempre più alta, e un nuovo
insuccesso alleato avrebbe fatto saltare tutti i piani di
avvicinamento e di contatto con le difese germaniche della
valle del Sangro.
L’assalto alle posizioni nemiche del basso Trigno fu perciò
preparato con molta cura e fu preceduto da intensi
bombardamenti terrestri e aeronavali che crearono il panico
tra gli abitanti dei paesi sulla riva sinistra del fiume.
Tufillo fu attaccata, senza successo, da pakistani e inglesi
già la notte del 1/2 novembre. Nelle ore centrali del 2
novembre 1943, bombardieri tattici e cacciabombardieri
alleati colpirono Cupello, Furci, Fresagrandinaria,
Dogliola, Celenza, Carunchio provocando morti più tra i
civili che tra le truppe tedesche. Obiettivo dei
bombardamenti era di isolare le posizioni tedesche di San
Salvo e Tufillo, che sarebbero state attaccate dalle
fanterie e dai carri la notte successiva.
Nella tarda serata del 2 novembre, mentre 1’8ª Divisione
indiana provava per la seconda volta a prendere Tufillo (con
la 19ª Brigata di fanteria) e falliva ancora l'obiettivo -
dopo uno scontro cruento durato tutta la notte e il dì
seguente con gli uomini del 3° Reggimento paracadutisti
tedesco del col. Heilmann -, sulla costiera il
cannoneggiamento terrestre e navale in direzione dei colli
di San Salvo, Cupello e Vasto divenne violentissimo. Un poco
più tardi, alle ore 1 antimeridiane del 3, mentre i cannoni
Bofors sparavano proiettili traccianti, simulando un'azione,
sulla direttrice Montenero-Montalfano, i battaglioni
d'assalto della 78ª Divisione britannica iniziarono
l'avanzata verso le posizioni nemiche di San Salvo, su di un
fronte lungo quasi 5 chilometri (dal mare all’inizio della
Bufalara). Intorno alle ore 3.30, una flottiglia di
motosiluranti simulava inoltre uno sbarco, a tergo delle
posizioni germaniche, in un punto a mezza strada tra la foce
del Trigno e la Marina di Vasto per tenere sotto pressione i
comandi tedeschi. La simulazione produsse i suoi effetti.
Poco prima dell'alba del 3 novembre (quando già erano state
sparate 25.000 granate sulle posizioni della 16ª
panzerdívision), la battaglia cominciò a volgere lentamente
a favore dei britannnici. I carri “Sherman” del 46° “Royal
Tank Regiment”, aprendo un varco negli avamposti nemici de
“I Colli” (sulla direttrice della via vecchia di Montenero e
dell’attuale via Bellisario), consentirono alle fanterie
irlandesi e inglesi di raggiungere le periferie meridionale
e orientale di San Salvo. Il battaglione irlandese degli
“Inniskilling” iniziava allora lo sgombero di San Salvo,
operazione portata a termine entro le ore 10, impegnando
scaramucce con pattuglie nemiche (durante la ritirata entro
l’abitato, 2 soldati tedeschi venivano uccisi da civili).
Nel frattempo, il saliente di Cupello era ancora
pesantemente colpito dall’aria, da squadriglie di
bombardieri medi tattici alleati, le cui bombe più grandi
colpirono anche alcune abitazioni, causando la morte di 74
persone in totale.
Il saliente tedesco di San Salvo aveva dunque ceduto. Ma
unità del 2° Reggimento panzer tentarono ben presto un primo
contrattacco, che si sviluppò tra le 10 e le 11
antimeridiane. Nonostante i progressi e un furioso scontro
di carri in mezzo agli ulivi sotto il paese (il più
importante combattimento corazzato tra panzer Kw IV e
Sherman della guerra in Abruzzo), che costrinse gli Sherman
dei britannici ad arretrare verso il fiume (con sensibili
perdite), i tedeschi per deficienza di fanteria non
riuscirono tuttavia a richiudere la falla rimasta aperta
nella linea degli avamposti.
Il generale Sieckenius, comandante della 16ª Divisione
panzer, preparò allora una seconda, disperata controffensiva
per riconquistare San Salvo, il cui scalo ferroviario
(difeso da reparti del 64° Reggimento panzergrenadier)
ancora resisteva. Il contrattacco fu sferrato da due
compagnie di cannoni d’assalto e due di fanteria (rimaste in
riserva nell'area di Vasto) alle 15.30 del 3 novembre. Il
contrattacco respinse le fanterie britanniche dei “Buffs”
(del “Royal East Kent Regiment”), che presidiava l’area di
contrada Sant’Antonio, con perdite fin dentro l’abitato di
San Salvo ma dovette poi essere arrestato poco prima della
notte, alle ore 17.10, a causa del forte fuoco di
artiglieria e carri nemico. A partire dalle 19.30, un
sopraggiunto ordine di sganciamento del generale Herr
consentiva alla truppe tedesche di poter iniziare una
ritirata tattica combattente sulla posizione
Vasto-Cupello-Furci.
Dopo alcuni piccoli scontri il giorno 4, sulla linea Colle
Pizzuto (“Vineyard Hill”) Masseria Genova-Rulli, il giorno 5
novembre le prime unità dell’VIII Amata britannica poterono
così entrare a Vasto e Cupello, ormai abbandonate anch'esse
dai tedeschi, in ripiegamento verso l’area di
Scerni-Paglieta-Atessa e il Sangro. La marcia di
inseguimento del nemico proseguì nei giorni successivi, fino
al raggiungimento della riva destra del fiume Sangro (nei
pressi di Torino di Sangro) già dall'8/9 novembre 1943.
Nel contiguo settore sinistro del fronte, nel frattempo l’8ª
Divisione indiana (dopo tre ripetuti insuccessi) occupava
finalmente Tufillo, il 4, località che era stata difesa dal
3° Reggimento della provata ma risoluta 1ª Divisione
paracadutisti di Heidrich, e raggiungeva il 5 novembre
Palmoli, sgomberando successivamente la strada Statale 86
tra Vasto e Torrebruna.
Isernia, attaccata negli stessi giorni dalla 5ª Divisione
britannica era stata anch’essa raggiunta e occupata il 4
novembre. Truppe da ricognizione indiane e britanniche
pattugliavano intanto le aree poste tra le principali
direttrici di avanzata e occupavano i restanti centri della
sponda sinistra del fiume (Lentella, Fresagrandinaria,
Dogliola, Furci ecc.) tra il 6 e l’8 novembre. Le memorie
dei generali alleati sottolineano l'impegno e il coraggio
dell’8ª Divisione indiana, al suo primo combattimento
importante, e l'esperienza della 78ª Divisione britannica
che insieme avevano costretto i tedeschi ad arretrare più in
fretta di quanto intendessero. In diverse località della
valle la popolazione ricorda tuttavia i numerosi solleciti
inviati ai soldati alleati che spesso si attardavano ad
occupare i centri urbani anche quando erano già stati
abbandonati dalle truppe della Wehrmacht.
Più all'interno, piccoli combattimenti (fra truppe canadesi
e retroguardie della 29ª Divisione panzergrenadíer) si erano
intanto avuti nell'area di Torella e Molise (il 26-27
ottobre); mentre le località di San Biase, Duronia e Salcito
vennero occupate, senza resistenza, tra il 4 e il 6
novembre.
Nell'alta valle, l'avanzata della 1ª Divisione canadese da
Campobasso e Torella verso il Sangro, per quanto ostacolata
solo da pattuglie di paracadutisti tedeschi, mine e
demolizioni stradali, fu molto lenta. Pescolanciano venne
raggiunta il 7 di novembre; Carovilli l’8; Agnone tra il 9 e
il 10; Vastogirardi il 17; e Capracotta non prima del 19
novembre.
Quest'ultima località fu trovata pressoché interamente
demolita, in quanto Kesselring e i comandi della X Armata
tedesca avevano deciso di trasformare in "terra bruciata"
l’intera area compresa tra l'alto Sangro e la valle
dell'Aventino (dove si stava attestando il fronte
autunno-invernale). Le demolizioni operate in novembre dai
genieri tedeschi interessarono tratti e ponti stradali,
grandi opere pubbliche (stazioni ferroviarie, binari e
tunnel ferroviari, impianti idroelettrici ecc.), aziende e
laboratori artigianali, fino a interi quartieri o alla
demolizione degli stessi centri urbani (più di 20 vennero
cancellati nella loro identità urbanistica e storica).
L'immediato dopoguerra
Terminati i combattimenti sul fiume Trigno, le attese dei
comandi tedeschi e alleati si concentrarono pertanto
sull'ormai imminente battaglia del Sangro-Garigliano
(“Bernhard-Stellung” o “Winter Line” per ciascuna delle
parti): dove si sarebbero decise le prospettive della
Campagna d'Italia. Intanto anche il tempo era peggiorato.
Una pioggia insistente e fredda cominciò a cadere dal 7/8
novembre, accrescendo i disagi delle truppe di entrambi gli
eserciti.Sul terreno dei campi di battaglia, devastato dalle
operazioni belliche, restavano i segni degli scontri, e il
sangue versato dagli uomini degli opposti schieramenti. Ha
scritto lo storico di Montenero di Bisaccia E.A. Paterno,
circa i combattimenti sul basso Trigno: "Mi resi conto della
violenza della battaglia quando potei andare a Vasto. La
Bufalara era tutta sconvolta e tank, carri armati e altri
mezzi bellici giacevano distrutti e fatti a pezzi; alcuni
capovolti; nella piana vi era un cimitero di queste macchine
non più servibili, e resti umani ancora insepolti".
E' difficile, anzi impossibile, dire esattamente quante
furono le vittime della battaglia. Le perdite della 78ª
Divisione britannica ammontavano a più di 1000 uomini (250
morti, 700 feriti e 55 prigionieri); nell’8ª Divisione
indiana il 6° battaglione del 13° reggimento “Royal Frontier
Force Rifles” ebbe 38 morti, 209 feriti e 14 dispersi; il 1°
battaglione del 15° “Essex Regiment” circa 36 morti e 139
feriti; gravi anche le perdite del 3° battaglione dell’8°
“Punjab Regiment”. Perdite minori si ebbero nelle operazioni
attraverso la media e alta-valle. Non ben conosciute ma
certamente inferiori le perdite delle formazioni tedesche
(un'ipotesi molto approssimativa, indica in almeno 200/250 i
morti e in almeno 500 i feriti del LXXVI Panzer Korps).
Quanto ai civili, si ebbero circa 400 morti in totale: 35
morti circa a San Salvo (di cui 14 il giorno 3 novembre
1943), circa 30 a Vasto, 126 a Cupello, 2 a Lentella, 10 a
Fresagrandinaria, 4 a Dogliola, 7 a Tufillo, 10 a Furci, 1 a
Palmoli, circa 25 a Celenza, 11 a Carunchio, circa 6 a
Castiglione, 2 ad Agnone e contrade, 2 a Pescolanciano, 14 a
Capracotta, 2 a Civitanova, 3 a Duronia, 13 a Torella, più
di 6 a Bagnoli, 2 a Trivento, 5 a Tavenna, 2 a Roccavivara,
circa 4 a Montefalcone, circa 9 tra Montemitro e San Felice,
11 ad Acquaviva, circa 10 tra Mafalda e Tavenna, 20 a
Montenero di Bisaccia e altri ancora nelle restanti località
della valle, in gran parte a seguito dei bombardamenti aerei
alleati e in parte minore per fuoco di artiglieria, per mine
antiuomo e anticarro o per essere incorsi in esecuzioni o
rappresaglie tedesche (circa 35). Almeno altri 1.000 civili
rimasero feriti.
Mentre il fronte e i combattimenti si spostavano verso il
Sangro, l'area del basso Trigno divenne un importante
retrovia logistico per l’VIII Armata britannica. Vi si
trovavano attendamenti di truppe (ai lati della Statale 16),
ospedali da campo, grandi depositi di munizioni e persino
una pista di volo (alla Marina di San Salvo) che insieme a
quella di Montenero Marina (Cutella), sarebbe stata
identificata con l’appellativo di "Trigno-Airfield". Vi
erano basate squadriglie di caccia “Spitfire” e aerei da
ricognizione attivi sul fronte di guerra in Italia e in
attacchi contro la Jugoslavia. Un ruolo analogo sarebbe
stato svolto dalla località di Isernia e, per un breve
periodo (novembre-dicembre) e in termini assai più ridotti,
dall’area di Carovilli (peraltro luogo di raccolta degli
sfollati dell'alto Trigno e Sangro, poi smistati verso
Campobasso e infine nei campi profughi delle Puglie). Il
territorio occupato veniva intanto sottoposto all’autorità
militare alleata (AMGOT, poi AMG), il cui regime sarebbe
rimasto in vigore fino all'ottobre 1944.
Per tornare alle normali condizioni di lavoro e di vita
sarebbe stato necessario del tempo (da qualche mese a
qualche anno, a seconda delle località). Le difficoltà
iniziali vennero superate grazie agli aiuti alleati e al
mercato nero, ma soprattutto con le prestazioni lavorative
presso le basi alleate di San Salvo, di Montenero e di
Termoli, pagate, con moneta di occupazione (AM LIRE), a 50
lire al giorno.
Giovanni Artese
Galleria fotografica
clicca sulla foto