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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Lezioni di storia

(del prof. Giovanni Artese)








Storia di San Salvo

 del Prof. Giovanni Artese





Breve prefazione introduttiva di Fernando Sparvieri.

La storia è maestra di vita, ma per essere tale bisogna conoscerla.

A Giovanni Artese, il professore, noi sansalvesi, e non solo, dobbiamo molto perchè Egli tramite la passione, lo studio e la ricerca, è riuscito, con estrema competenza e professionalità, a colmare un vuoto della memoria che senza di Lui sarebbe rimasto nel mondo del vago e dell'oblio, riuscendo a raccontarci con doviziosa e minuziosa cronologia, corredata da una scrittura fluida ed a tratti narrante, pagine indelebili della storia locale e nazionale.

Autore di autentici capolavori come il libro "Storia di San Salvo  dalle origini al 1994", fonte inesauribile di notizie, avvenimenti, eventi socio-politici e religiosi riguardanti la nostra cittadina, nonché di altre opere tra cui i 3 volumi dal titolo  "La guerra in Abruzzo e Molise 1943 - 1945", a Giovanni, letterato vero, va dato merito di essere ricercatore autentico, competente e studioso, virtù proprie dei grandi storiografi a cui Egli degnamente appartiene.

Nel ringraziarLo per avermi consentito di pubblicare alcune pagine di un suo sunto (una specie di prezioso Bignami) sulle  vicende belliche che hanno interessato il nostro territorio nel 1943 (già pubblicato anni orsono da www.sansalvo.net), vi invito a leggerle con estrema attenzione. Scorrono come in un film.

E' una pagina che non poteva mancare in questo sito.

Sono certo che alla fine della lettura ne uscirete culturalmente arricchiti sapendone molto di più su vicende reali del nostro passato, fondamenta del presente.

Fernando Sparvieri

Sunto scritto dal prof. Giovanni Artese, in una versione ridotta di alcuni  argomenti trattati nei suoi libri  "La guerra in Abruzzo e Molise 1943 - 1945 - I - II- III Volume"

Premessa

Tra la fine di ottobre e i primi del novembre 1943 la valle del Trigno fu teatro di importanti, per quanto brevi, operazioni belliche, legate agli sviluppi della II guerra mondiale.
In quei giorni sulla linea San Salvo-Isernia si attestarono, infatti, e poi si scontrarono, nell’ambíto della cosiddetta “Campagna d’Italia”, da una parte le truppe alleate avanzanti dalla Puglia e dall’Italia meridionale e dall’altra quelle tedesche in ritirata verso il Sangro e il nord della penisola.
La popolazione locale, rimasta esposta, spesso indifesa nei confronti di tali operazioni, subì gli eventi alla stregua dí una terribile calamità naturale pagandone le conseguenze in termini di disagi, danni e lutti.

L’avvio della “Campagna d’Italia” e i combattimenti a Termoli

La notte del 24/25 luglio l943, in seguito ai disastrosi risultati sui diversi fronti di guerra (con gli anglo-americani già sbarcati e combattenti in Sicilia), il Gran Consiglio del fascismo sfiduciò Mussolini; e il dì seguente il re Vittorio Emanuele III lo privò dei poteri e lo fece arrestare. Il regime del Duce improvvisamente crollava, con sollievo di tutti gli antifascisti, ma per l'Italia si apriva uno dei periodi più difficili e tristi della sua storia.
Il nuovo governo, affidato al generale Badoglio, dichiarò che la guerra sarebbe continuata ma, rilevando la gravità della situazione, iniziò a trattare  con gli Alleati per la resa.

I tedeschi, osservando lo stato di disfacimento cui si avviava l’Italia, decidevano intanto di rafforzarvi la loro presenza militare, tanto per cautelarsi da eventuali mutamenti di alleanza da parte del nuovo governo italiano quanto per meglio fronteggiare l’esercito alleato che ormai stava completando l'occupazione della Sicilia e si dirigeva verso lo stretto di Messina e la Calabria. Si dissolsero così le tenui speranze della popolazione per una fine immediata della guerra mentre l’Italia si apprestava a divenire – come era accaduto tante volte in passato – terreno di scontro tra eserciti stranieri.

L’8 settembre infatti, quando si diffuse la notizia dell'armistizio e della resa incondizionata del governo di Roma agli alleati, la “Campagna d’Italia” era praticamente già iniziata. Parte dell’VIII Armata britannica del generale Montgomery risaliva velocemente la Calabria e la parte restante comiciava a sbarcare in Puglia (Taranto, Bari) per poter avanzare in direzione di Foggia; mentre la V Armata americana di Clark sbarcava a Salerno (l’8/9 settembre) e iniziava le operazíoni in direzione di Napoli. L’obiettivo delle due armate era di raggiungere - si riteneva entro poche settimane - con una manovra parallela e coordinata, la linea Roma-Pescara occupando la capitale stessa dell’Italia (ritenuta un obiettivo d’importanza politica più che militare).

L’OKW (il Comando Supremo della Wehrmacht), all'inizio incerto se impegnare gli anglomerícani a sud di Roma, come voleva Kesselring, oppure sull’Appennino tosco-emiliano, come voleva Rommel, decideva intanto (a partire dal 15-20 settembre) di accrescere l’opposizione all’avanzata nemica e ordinava alle truppe della X Armata di von Vietinghoff (di stanza in Italia meridionale) di ripiegare lentamente verso nord e - in attesa di rinforzi - di attestarsi sulle linee dei fiumi Biferno-Basso Volturno (Viktor-Stellung), Trigno-Alto Volturno (Barbara-Stellung) e Sangro-Garigliano (Bernhard-Stellung) per contrastare e poi gradualmente arrestare l'avanzata delle due armate alleate.

I testimoni degli avvenimenti sul Trigno hanno raccontato di un incessante movimento di truppe germaniche - soprattutto da sud verso nord - tra la metà di settembre e la metà di ottobre 1943, in particolare attraverso le principali strade rotabili. I tedeschi inoltre requisivano armi, viveri e vettovaglie e obbligavano gli uomini validi a prestazioni lavorative gratuite per realizzare trincee, piazzole per i cannoni e fortificazioni varie. Era ormai evidente che si preparavano anche a resistere agli Alleati sulla linea del fíume. Il clima psicologico s’incupiva: tensioni e paure cominciavano a diffondersi in tutte le località.

Alla fine di settembre, l’VIII Armata britannica aveva completato l'occupazíone della Puglia e mediante l’utilizzo dei porti di Taranto, Bari, Barletta si era rinforzata di uomini, armi e materiali: nuove divisioni, come l’8ª indiana e la 78ª britannica erano in arrivo per rilevare la prima linea sul Biferno e poi sul Trigno.
Termoli, caposaldo della debole posizione germanica sul Bìferno, venne attaccata a sorpresa dal mare nella notte del 2 ottobre da circa 1000 commandos britannici provenienti da Manfredonia: la cittadina fu ben presto conquistata intanto che truppe della 78ª Divisione e di altre grandi unità dell’VIII Armata muovevano da Serracapriola e da Foggia, verso Termoli, Larino e Vinchiaturo.

I tedeschi, riavutisi dalla sorpresa, fecero intervenire (dal versante tirrenico) la 16ª panzerdivision, reduce dai combattimenti a Salerno: la battaglia intorno a Termoli infuriò per tre giorni consecutivi (4, 5 e 6 ottobre) con gravi perdite da entrambe le parti, ma l’arrivo di contingenti freschi e lo sbarco di due brigate della 78ª Divisione britannica costrinsero alfine gli uomini della 16ª panzer ad una ritirata tattica in direzione di Guglionesi, Petacciato e San Salvo.

Seppure breve, il violento combattimento sul Biferno (in particolare tra Termoli e S. Giacomo) costituiva per gli alleati un segnale della volontà dei tedeschi di resistere il più a lungo possibile, cosa che, sul versante adriatico, nell'autunno 1943 e inizio inverno 1943-44, avrebbero effettivamente continuato a fare sul Trigno e poi, soprattutto, sul Sangro, sul Moro e ad Ortona.



L'VIII Armata britannica chiude sulla posizione del Trigno (Barbara-Stellung)

Nei giorni 8-22 ottobre Montgomery concesse un periodo di riposo alle sue formazioni, considerando che il lungo tragitto percorso dalla Sicilia e poi dalla Calabria e dalla Puglia fino al Molise avevano logorato il suo dispositivo logistico e amministrativo. Nel frattempo reparti della sua VIII Armata chiudevano lentamente fino alle nuove posizioni tedesche, occupando quasi tutti i centri situati tra il Biferno e la destra del Trigno (Petacciato il 19 ottobre, Montenero di Bisaccia il 22 ottobre, Acquaviva il 24 ottobre, San Felice, Montemitro e Montefalcone il 27 ottobre) e preparandosi al successivo, impegnativo scontro sulla linea difensiva germanica San Salvo-Colli a Volturno.

Sostiene Giovanni Nativio che “i tedeschi, in un primo momento furono incerti se trascorrere l'inverno sul Trigno o sul Sangro”. Entrambe le vallate si prestavano infatti egregiamente allo scopo (nel tratto fra la Marina di San Salvo e la Marina di Minturno la penisola italiana raggiunge la sua larghezza minima: 120 km in linea d’aria); ma poi, forse per guadagnare tempo nell'opera di fortificazione nonché per considerazioni di carattere strategico, scelsero di resistere ad oltranza sulla linea del Sangro, denominata “Bernhard-Stellung”. La linea del Trigno, definita come “Barbara-Stellung” assunse invece le caratteristiche di una linea tattica ritardatrice. Si trattava insomma di resistere il più a lungo possibile sul Trigno per creare le migliori condizioni di difesa sul Sangro in attesa che le piogge e i primi rigori dell’autunno, nel particolare terreno dell’Abruzzo, cominciassero a produrre effetti negativi sul morale delle truppe di Montgomery (in particolare di quelle del Commonwealth, provenienti dai paesi più disparati: India e Pakistan, Australia, Nuova Zelanda, Canada ecc.).

Va comunque ricordato che i comandanti germanici (dal 21 novembre, Hitler e l’OKW avrebbero affidato a Kesselring il comando di tutte le truppe operanti in Italia) dosarono sempre accuratamente gli effettivi e la localizzazione delle loro formazioni in base alle reali necessità tattico-strategiche, distinguendosi in ciò dai comandanti alleati (Eisenhower ed Alexander) che, non di rado, andarono incontro a problemi relativi all’insufficiente coordinamento tra la V Armata americana e l’VIII britannica (anche per rivalità personali tra Clark e Montgomery) nonché a momentanee difficoltà di ordine logistico.

Intorno alla metà di ottobre, sulla linea San Salvo-Colli a Volturno i tedeschi disponevano ormai di 4 divisioni (su un totale di 18 divisioni allora presenti in Italia): la 16ª panzer, la 1ª paracadutisti, la 26ª panzer e la 29ª panzergrenadier (nell’ordine a partire dalla costa), raggruppate ìnsieme come LXXVI Panzer Korps sotto il comando del generale Herr. Queste risultavano tuttavia indebolite negli effettivi e allungate in parte nelle retrovie; mentre gli alleati disponevano di altrettante divisioni (la 78ª britannica, l’8ª indiana, la 1ª canadese e la 5ª britannica) ma tutte efficienti (con circa 18.000 uomini ciascuna) e schierabili sul fronte nonché dotate di forti supporti di artiglieria e carri. Da quando Foggia era caduta nelle mani dell'VIII armata, le forze aeree RAF e USAAF si erano inoltre praticamente assicurate il dominio dell’aria. Gli attacchi aerei, iniziati già dal mese precedente, si erano fatti in ottobre sempre più ìnsistenti e pesanti, tanto che i velivoli germanici si mostravano o intervenivano di rado. Ciò costringeva i tedeschi a muoversi quasi esclusivamente di notte. Gli Alleati infine potevano contare anche sul dominio del mare; nel golfo tra Vasto e Termoli operavano, in appoggio alle forze terrestri, due cacciatorpediniere, una flottiglia di motosiluranti ed altre unità navali.

I testimoni locali della battaglia concordano sulla effettiva disparità di forze e di risorse tra i due schieramentì; d’altronde è noto come Montgomery, il generale tutto Bibbia e rigore, il vincitore di El Alamein (23 ottobre-5 novembre 1942), non attaccasse mai senza essersi assicurato un dispositivo logistico efficiente ed una forza di combattimento superiore a quella del nemico.
Così, sul basso Trigno nei giorni 8-22 ottobre i tedeschi poterono dedicarsi quasi interamente ad attività di pattugliamento, fortificazione e logistiche più in generale. Essi, che avevano i punti di maggior forza in San Salvo e Tufillo, cominciarono a far saltare i ponti e a minare - con ordigni antiuomo e anticarro - strade e sentieri, imposero il coprifuoco alle popolazioni, continuarono a razziare o requisire animali, viveri, veicoli, macchine e strumenti di ogni tipo e infine sfollarono i paesi maggiormente esposti ai rischi dei combattimenti. Localmente si ebbero anche esecuzioni di civili, per malintesi o per rappresaglia al mancato rispetto degli ordini e delle leggi di guerra germaniche.

La loro posizione difensiva, la Barbara-Stellung, alla sinistra Trigno, si sviluppava, come al solito, in profondità: una prima linea di avamposti (appena rialzata, non troppo lontana dal fiume), una seconda di maggiore importanza, “Hauptkampflinie” (tra San Salvo, Tufillo, Torrebruna, Poggio Sannita, Civitanova, Sessano, Pesche, Colli a Volturno) e una terza linea, più arretrata, di riserva (Vasto, Furci, Carunchio, Castiglione, Forlì del Sannio). Gli Alleati, sulla sponda destra del Trigno, si assicuravano invece il controllo del territorio bassomolisano, si rifornivano di armi e materiali, cannoneggiavano e attaccavano dall'aria le postazioni tedesche mentre iniziavano le manovre di schieramento per la battaglia concentrando reparti di artiglieria e truppe tra Petacciato/Montenero, Mafalda, San Felice/Montemitro, Montefalcone e, più sporadicamente, nel settore tra Roccavivara e Bojano, anche al fine di ingannare il nemico sulle possibili direttrici di avanzata.

Il piano di sfondamento della linea germanica del Trigno elaborato da Montgomery prevedeva un primo attacco sulla direttrice Vinchiaturo-Isernia (per il 28 di ottobre) e un secondo e decisivo attacco lungo la costiera adriatica nella notte tra il 30 e il 31 ottobre. Egli intendeva sorprendere i tedeschi simulando la puntata principale dapprima sulla direttrice di Isernia (Statale 17) quindi sull’asse Tufillo-Palmoli quando in realtà le sue vere intenzioni erano di sfondare le difese nemiche in direzione di San Salvo, lungo la direttrice della Statale 16.

Le operazioni tuttavia si svilupparono con maggiore lentezza del previsto: le truppe alleate, in parte reduci dalle campagne d'Africa e di Sicilia, accusavano la stanchezza ma anche le difficoltà del terreno, sempre meno adatto ad una guerra motorizzata, di movimento. I tedeschi, inoltre, nonostante le sconfitte, il morale basso e i problemi nei rifornimenti, si mostravano più decisi che mai a resistere e certo non si lasciavano trarre in inganno dalle tattiche fuorvianti di Montgomery, ben conoscendo la fretta del generale di arrivare alla valle del Pescara e di piegare poi su Roma.

La battaglia del Trigno

La battaglia del Trigno ebbe inizio nella notte tra il 22 e il 23 ottobre, allorché un battaglione della 78ª Divisione britannica riuscì ad attraversare il fiume nella piana di San Salvo e a stabilire una testa di ponte sulla riva sinistra del corso d'acqua (bosco Motticce-Padula). Ma i pattugliamenti e i piccoli scontri sulla linea degli avamposti tedeschi non diedero, nei giorni successivi, risultati confortanti, tanto da indurre Montgomery a tentare una prima decisa azione di sfondamento alle postazioni nemiche di San Salvo già nella notte tra il 27 e il 28 ottobre. Dopo una violenta preparazione di fuoco, truppe irlandesi appartenenti alla 38ª Brigata della 78ª Divisione tentarono, nelle prime ore del 28, di occupare il paese, ma furono respinte con gravi perdite. L’avanzata dovette essere fermata e le truppe riportate sulle posizioni di partenza. Entro il 29 di ottobre, i britannici nell’area costiera avevano già subito circa 100 morti, 250 feriti e 55 prigionieri. Nei soli giorni 27 e 28 ottobre essi avevano sparato ben 14.000 colpi di artiglieria. Il mese di ottobre si concludeva così con un unico successo alleato: la conquista di Cantalupo, avvenuta il giorno 31, con Isernia e San Salvo che restavano ancora saldamente in mano tedesca.

Montgomery concentrò allora il grosso delle sue forze nella bassa valle del Trigno e decise di attaccare risolutamente le posizioni nemiche sulla costiera nella notte tra il 2 e il 3 novembre. Più all'interno, l’8ª Divisione indiana avrebbe preceduto (nella notte tra il 1 e il 2 novembre) e poi accompagnato tale azione puntando su Tufillo e Palmoli. La posta in gioco si faceva sempre più alta, e un nuovo insuccesso alleato avrebbe fatto saltare tutti i piani di avvicinamento e di contatto con le difese germaniche della valle del Sangro.

L’assalto alle posizioni nemiche del basso Trigno fu perciò preparato con molta cura e fu preceduto da intensi bombardamenti terrestri e aeronavali che crearono il panico tra gli abitanti dei paesi sulla riva sinistra del fiume. Tufillo fu attaccata, senza successo, da pakistani e inglesi già la notte del 1/2 novembre. Nelle ore centrali del 2 novembre 1943, bombardieri tattici e cacciabombardieri alleati colpirono Cupello, Furci, Fresagrandinaria, Dogliola, Celenza, Carunchio provocando morti più tra i civili che tra le truppe tedesche. Obiettivo dei bombardamenti era di isolare le posizioni tedesche di San Salvo e Tufillo, che sarebbero state attaccate dalle fanterie e dai carri la notte successiva.

Nella tarda serata del 2 novembre, mentre 1’8ª Divisione indiana provava per la seconda volta a prendere Tufillo (con la 19ª Brigata di fanteria) e falliva ancora l'obiettivo - dopo uno scontro cruento durato tutta la notte e il dì seguente con gli uomini del 3° Reggimento paracadutisti tedesco del col. Heilmann -, sulla costiera il cannoneggiamento terrestre e navale in direzione dei colli di San Salvo, Cupello e Vasto divenne violentissimo. Un poco più tardi, alle ore 1 antimeridiane del 3, mentre i cannoni Bofors sparavano proiettili traccianti, simulando un'azione, sulla direttrice Montenero-Montalfano, i battaglioni d'assalto della 78ª Divisione britannica iniziarono l'avanzata verso le posizioni nemiche di San Salvo, su di un fronte lungo quasi 5 chilometri (dal mare all’inizio della Bufalara). Intorno alle ore 3.30, una flottiglia di motosiluranti simulava inoltre uno sbarco, a tergo delle posizioni germaniche, in un punto a mezza strada tra la foce del Trigno e la Marina di Vasto per tenere sotto pressione i comandi tedeschi. La simulazione produsse i suoi effetti. Poco prima dell'alba del 3 novembre (quando già erano state sparate 25.000 granate sulle posizioni della 16ª panzerdívision), la battaglia cominciò a volgere lentamente a favore dei britannnici. I carri “Sherman” del 46° “Royal Tank Regiment”, aprendo un varco negli avamposti nemici de “I Colli” (sulla direttrice della via vecchia di Montenero e dell’attuale via Bellisario), consentirono alle fanterie irlandesi e inglesi di raggiungere le periferie meridionale e orientale di San Salvo. Il battaglione irlandese degli “Inniskilling” iniziava allora lo sgombero di San Salvo, operazione portata a termine entro le ore 10, impegnando scaramucce con pattuglie nemiche (durante la ritirata entro l’abitato, 2 soldati tedeschi venivano uccisi da civili). Nel frattempo, il saliente di Cupello era ancora pesantemente colpito dall’aria, da squadriglie di bombardieri medi tattici alleati, le cui bombe più grandi colpirono anche alcune abitazioni, causando la morte di 74 persone in totale.

Il saliente tedesco di San Salvo aveva dunque ceduto. Ma unità del 2° Reggimento panzer tentarono ben presto un primo contrattacco, che si sviluppò tra le 10 e le 11 antimeridiane. Nonostante i progressi e un furioso scontro di carri in mezzo agli ulivi sotto il paese (il più importante combattimento corazzato tra panzer Kw IV e Sherman della guerra in Abruzzo), che costrinse gli Sherman dei britannici ad arretrare verso il fiume (con sensibili perdite), i tedeschi per deficienza di fanteria non riuscirono tuttavia a richiudere la falla rimasta aperta nella linea degli avamposti.

Il generale Sieckenius, comandante della 16ª Divisione panzer, preparò allora una seconda, disperata controffensiva per riconquistare San Salvo, il cui scalo ferroviario (difeso da reparti del 64° Reggimento panzergrenadier) ancora resisteva. Il contrattacco fu sferrato da due compagnie di cannoni d’assalto e due di fanteria (rimaste in riserva nell'area di Vasto) alle 15.30 del 3 novembre. Il contrattacco respinse le fanterie britanniche dei “Buffs” (del “Royal East Kent Regiment”), che presidiava l’area di contrada Sant’Antonio, con perdite fin dentro l’abitato di San Salvo ma dovette poi essere arrestato poco prima della notte, alle ore 17.10, a causa del forte fuoco di artiglieria e carri nemico. A partire dalle 19.30, un sopraggiunto ordine di sganciamento del generale Herr consentiva alla truppe tedesche di poter iniziare una ritirata tattica combattente sulla posizione Vasto-Cupello-Furci.

Dopo alcuni piccoli scontri il giorno 4, sulla linea Colle Pizzuto (“Vineyard Hill”) Masseria Genova-Rulli, il giorno 5 novembre le prime unità dell’VIII Amata britannica poterono così entrare a Vasto e Cupello, ormai abbandonate anch'esse dai tedeschi, in ripiegamento verso l’area di Scerni-Paglieta-Atessa e il Sangro. La marcia di inseguimento del nemico proseguì nei giorni successivi, fino al raggiungimento della riva destra del fiume Sangro (nei pressi di Torino di Sangro) già dall'8/9 novembre 1943.
Nel contiguo settore sinistro del fronte, nel frattempo l’8ª Divisione indiana (dopo tre ripetuti insuccessi) occupava finalmente Tufillo, il 4, località che era stata difesa dal 3° Reggimento della provata ma risoluta 1ª Divisione paracadutisti di Heidrich, e raggiungeva il 5 novembre Palmoli, sgomberando successivamente la strada Statale 86 tra Vasto e Torrebruna.

Isernia, attaccata negli stessi giorni dalla 5ª Divisione britannica era stata anch’essa raggiunta e occupata il 4 novembre. Truppe da ricognizione indiane e britanniche pattugliavano intanto le aree poste tra le principali direttrici di avanzata e occupavano i restanti centri della sponda sinistra del fiume (Lentella, Fresagrandinaria, Dogliola, Furci ecc.) tra il 6 e l’8 novembre. Le memorie dei generali alleati sottolineano l'impegno e il coraggio dell’8ª Divisione indiana, al suo primo combattimento importante, e l'esperienza della 78ª Divisione britannica che insieme avevano costretto i tedeschi ad arretrare più in fretta di quanto intendessero. In diverse località della valle la popolazione ricorda tuttavia i numerosi solleciti inviati ai soldati alleati che spesso si attardavano ad occupare i centri urbani anche quando erano già stati abbandonati dalle truppe della Wehrmacht.

Più all'interno, piccoli combattimenti (fra truppe canadesi e retroguardie della 29ª Divisione panzergrenadíer) si erano intanto avuti nell'area di Torella e Molise (il 26-27 ottobre); mentre le località di San Biase, Duronia e Salcito vennero occupate, senza resistenza, tra il 4 e il 6 novembre.

Nell'alta valle, l'avanzata della 1ª Divisione canadese da Campobasso e Torella verso il Sangro, per quanto ostacolata solo da pattuglie di paracadutisti tedeschi, mine e demolizioni stradali, fu molto lenta. Pescolanciano venne raggiunta il 7 di novembre; Carovilli l’8; Agnone tra il 9 e il 10; Vastogirardi il 17; e Capracotta non prima del 19 novembre.

Quest'ultima località fu trovata pressoché interamente demolita, in quanto Kesselring e i comandi della X Armata tedesca avevano deciso di trasformare in "terra bruciata" l’intera area compresa tra l'alto Sangro e la valle dell'Aventino (dove si stava attestando il fronte autunno-invernale). Le demolizioni operate in novembre dai genieri tedeschi interessarono tratti e ponti stradali, grandi opere pubbliche (stazioni ferroviarie, binari e tunnel ferroviari, impianti idroelettrici ecc.), aziende e laboratori artigianali, fino a interi quartieri o alla demolizione degli stessi centri urbani (più di 20 vennero cancellati nella loro identità urbanistica e storica).

L'immediato dopoguerra

Terminati i combattimenti sul fiume Trigno, le attese dei comandi tedeschi e alleati si concentrarono pertanto sull'ormai imminente battaglia del Sangro-Garigliano (“Bernhard-Stellung” o “Winter Line” per ciascuna delle parti): dove si sarebbero decise le prospettive della Campagna d'Italia. Intanto anche il tempo era peggiorato. Una pioggia insistente e fredda cominciò a cadere dal 7/8 novembre, accrescendo i disagi delle truppe di entrambi gli eserciti.Sul terreno dei campi di battaglia, devastato dalle operazioni belliche, restavano i segni degli scontri, e il sangue versato dagli uomini degli opposti schieramenti. Ha scritto lo storico di Montenero di Bisaccia E.A. Paterno, circa i combattimenti sul basso Trigno: "Mi resi conto della violenza della battaglia quando potei andare a Vasto. La Bufalara era tutta sconvolta e tank, carri armati e altri mezzi bellici giacevano distrutti e fatti a pezzi; alcuni capovolti; nella piana vi era un cimitero di queste macchine non più servibili, e resti umani ancora insepolti".

E' difficile, anzi impossibile, dire esattamente quante furono le vittime della battaglia. Le perdite della 78ª Divisione britannica ammontavano a più di 1000 uomini (250 morti, 700 feriti e 55 prigionieri); nell’8ª Divisione indiana il 6° battaglione del 13° reggimento “Royal Frontier Force Rifles” ebbe 38 morti, 209 feriti e 14 dispersi; il 1° battaglione del 15° “Essex Regiment” circa 36 morti e 139 feriti; gravi anche le perdite del 3° battaglione dell’8° “Punjab Regiment”. Perdite minori si ebbero nelle operazioni attraverso la media e alta-valle. Non ben conosciute ma certamente inferiori le perdite delle formazioni tedesche (un'ipotesi molto approssimativa, indica in almeno 200/250 i morti e in almeno 500 i feriti del LXXVI Panzer Korps). Quanto ai civili, si ebbero circa 400 morti in totale: 35 morti circa a San Salvo (di cui 14 il giorno 3 novembre 1943), circa 30 a Vasto, 126 a Cupello, 2 a Lentella, 10 a Fresagrandinaria, 4 a Dogliola, 7 a Tufillo, 10 a Furci, 1 a Palmoli, circa 25 a Celenza, 11 a Carunchio, circa 6 a Castiglione, 2 ad Agnone e contrade, 2 a Pescolanciano, 14 a Capracotta, 2 a Civitanova, 3 a Duronia, 13 a Torella, più di 6 a Bagnoli, 2 a Trivento, 5 a Tavenna, 2 a Roccavivara, circa 4 a Montefalcone, circa 9 tra Montemitro e San Felice, 11 ad Acquaviva, circa 10 tra Mafalda e Tavenna, 20 a Montenero di Bisaccia e altri ancora nelle restanti località della valle, in gran parte a seguito dei bombardamenti aerei alleati e in parte minore per fuoco di artiglieria, per mine antiuomo e anticarro o per essere incorsi in esecuzioni o rappresaglie tedesche (circa 35). Almeno altri 1.000 civili rimasero feriti.

Mentre il fronte e i combattimenti si spostavano verso il Sangro, l'area del basso Trigno divenne un importante retrovia logistico per l’VIII Armata britannica. Vi si trovavano attendamenti di truppe (ai lati della Statale 16), ospedali da campo, grandi depositi di munizioni e persino una pista di volo (alla Marina di San Salvo) che insieme a quella di Montenero Marina (Cutella), sarebbe stata identificata con l’appellativo di "Trigno-Airfield". Vi erano basate squadriglie di caccia “Spitfire” e aerei da ricognizione attivi sul fronte di guerra in Italia e in attacchi contro la Jugoslavia. Un ruolo analogo sarebbe stato svolto dalla località di Isernia e, per un breve periodo (novembre-dicembre) e in termini assai più ridotti, dall’area di Carovilli (peraltro luogo di raccolta degli sfollati dell'alto Trigno e Sangro, poi smistati verso Campobasso e infine nei campi profughi delle Puglie). Il territorio occupato veniva intanto sottoposto all’autorità militare alleata (AMGOT, poi AMG), il cui regime sarebbe rimasto in vigore fino all'ottobre 1944.

Per tornare alle normali condizioni di lavoro e di vita sarebbe stato necessario del tempo (da qualche mese a qualche anno, a seconda delle località). Le difficoltà iniziali vennero superate grazie agli aiuti alleati e al mercato nero, ma soprattutto con le prestazioni lavorative presso le basi alleate di San Salvo, di Montenero e di Termoli, pagate, con moneta di occupazione (AM LIRE), a 50 lire al giorno.
Giovanni Artese


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